Seguici su:
La comunità indigena dei Waorani in Ecuador ha vinto una causa storica pochi giorni fa contro due ministeri e un segretariato, che hanno portato avanti consultazioni irregolari con la comunità stessa prima di mettere in vendita il suo territorio in un’asta internazionale per il mercato petrolifero.
La sentenza ha sospeso immediatamente ogni operazione di vendita della terra per indagini petrolifere. Ha rappresentato anche un importante precedente per altre comunità dell’area amazzonica dell’Ecuador meridionale che stanno cercando di tenere lontana la minaccia delle trivellazioni.
“Oggi la corte ha riconosciuto il fatto che la gente Waorani e tutti gli indigeni godono di diritti sulle terre che abitano che devono essere tutelati”, ha detto Nemonte Nenquimo, una dei querelanti e rappresentante del Consiglio di Coordinamento della Nazione Waorani Pastaza in Ecuador. “L’interesse del Governo per il petrolio non vale più dei nostri diritti, delle nostre foreste, delle nostre vite”, ha aggiunto.
In marzo la comunità Waorani aveva citato in giudizio il Ministro dell’energia e delle fonti non rinnovabili, il Segretario agli idrocarburi e il Ministro dell’ambiente per aver condotto consultazioni irregolari allo scopo di vendere il territorio indigeno in un’asta internazionale. Secondo la legge nazionale e internazionale, le comunità devono essere consultate prima che ogni processo di estrazione venga pianificato all’interno dei loro territori o vicino ai loro confini tramite un procedimento consultivo libero, anticipato e dettagliato da tutte le informazioni necessarie.
A seguito della consultazione con i Waorani e con altre sette nazioni indigene, l’area della foresta amazzonica era stata divisa in sedici differenti lotti petroliferi e messa in vendita in un’asta internazionale. Lo scorso anno il Governo aveva ridotto l’offerta a due soli lotti, rimuovendo il lotto numero 22 che coincide con il territorio Waorani, ma aveva anche rettificato specificando che quell’area non era esclusa da futuri piani di trivellazione.
Durante il processo svoltosi nel corso di tre giorni all’inizio di aprile, i tre giudici hanno ascoltato le testimonianze di vari esperti e anziani della comunità, che hanno spiegato come il processo di consultazione tenutosi nel 2012 sia stato solo un modo per promuovere le attività di estrazione anziché per informare le comunità sulle conseguenze ambientali di tali attività.
La pronuncia della sentenza è durata quasi sei ore, nel corso delle quali i giudici hanno riassunto i motivi per cui le consultazioni sono state ritenute inadeguate e il diritto all’autodeterminazione della comunità è stato violato. Secondo la corte, fra gli altri altri problemi, durante il processo consultivo non si è instaurato un dialogo reale con la comunità, non c’è stato sufficiente preavviso, non sono stati convocati abbastanza anziani e non c’è stata una traduzione chiara nella lingua Waorani.
“Questa è senza dubbio una giornata storica per il progresso dei diritti e dell sviluppo costituzionale dell’Ecuador”, ha affermato l’avvocata Lina Maria Espinosa, che ha assistito la comunità insieme alla ONG Amazon Frontlines. “È la dimostrazione che i piani di sviluppo economico del Governo non possono sovrastare la vita e l’integrità della gente”, ha dichiarato Espinosa, aggiungendo che la sentenza stabilisce un precedente di fondamentale importanza per le altre sette nazioni indigene consultate nel 2012.
Dario Cueva, l’avvocato che rappresentava il Ministero dell’ambiente, ha rifiutato di commentare la sentenza. Al telefono ha dichiarato che stava “analizzando il caso e pensando ai prossimi passi”.
Articolo tratto da Al Jazeera.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento