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2 Mag 2019

Esperienze di “ecologia delle comunicazioni” nel rapporto tra medico e paziente

Scritto da: Annalisa Jannone

L’Istituto CHANGE si occupa da 30 anni di cultura della comunicazione. In ambito sanitario attraverso il metodo sistemico-narrativo e il counselling sistemico promuove progetti sul territorio per rendere più efficace il rapporto tra i professionisti della salute e i pazienti. I professionisti arricchiscono le proprie competenze comunicative e i pazienti hanno l’opportunità di imparare a definire ed esprimere meglio le proprie esigenze partecipando attivamente alle scelte e maturando la consapevolezza del proprio diritto ad ottenere risposte adeguate. Un “aiuto” per evitare conflitti e imposizioni e crescere tutti nel proprio percorso.

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Torino - L’Istituto CHANGE di Torino è un centro che si occupa di “cultura della comunicazione”. Da 30 anni mette a disposizione di professionisti e cittadini strumenti comunicativi e relazionali attraverso il metodo sistemico-narrativo.
I principi su cui si basa nascono dalle teorie della comunicazione nei sistemi umani che si sono diffuse in Italia negli anni ’70 a partire dal pensiero di Gregory Bateson e dagli studi sui sistemi familiari del Centro Studi della Famiglia di Milano di Mara Palazzoli Selvini.

Il metodo sviluppato da Change porta ad imparare a focalizzarsi non solo sugli individui ma sulle relazioni fra persone, a vedere in ciò che accade non sequenze di eventi ma interazioni, non linearità e connessioni causali ma circolarità. Questo produce un cambiamento profondo nella percezione delle relazioni, riduce la conflittualità e la ricerca di “colpe”, accresce la capacità di comunicare in modo cooperativo sia nella relazioni personali che in quelle professionali.

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Molti dei progetti promossi da Change riguardano l’ambito sanitario. Tra questi approfondiremo in seguito il progetto F-reni-amo e Pediatra 2.0 2.0.

Proprio sull’importanza della formazione alla comunicazione rivolta ai professionisti sanitari abbiamo intervistato Silvana Quadrino, laureata in pedagogia, specializzata in psicologia clinica e dell’età evolutiva e in psicoterapia della famiglia, tra i fondatori nel 1989 dell’Istituto CHANGE.

“Il lavoro di questi anni con centinaia di medici, infermieri, riabilitatori, ostetriche, operatori socio sanitari ecc. ci ha permesso di definire sempre meglio metodi e tecniche di comunicazione compatibili con le esigenze specifiche di chi lavora in ambito sanitario: concretezza, chiarezza di obiettivi, adeguatezza ai tempi spesso limitati di cui dispone un professionista sanitario.

Il metodo che proponiamo, che definiamo sistemico-narrativo, permette ai professionisti di intervenire nella relazione di cura con modalità che riducono la conflittualità, accrescono l’efficacia degli interventi più impegnativi come la comunicazione di cattive notizie, il consenso informato, la condivisione dei percorsi terapeutici, le proposte di modificazione di stili di vita. Inoltre si rafforza la relazione tra professionista, paziente e famiglia di fronte all’incertezza, alle decisioni difficili, alla paura, al dolore, alla morte.”

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Il metodo del counselling sistemico, che è alla base delle attività dell’Istituto, è stato sviluppato da Silvana Quadrino e dal gruppo dei formatori che la affiancano a partire dalla seconda metà degli anni ’80 con l’obiettivo di formare professionisti della relazione di aiuto, capaci quindi di rispondere alle richieste di persone che devono fronteggiare una situazione difficile o un disagio momentaneo e richiedono un intervento non medico né psicologico: è il tipo di intervento che viene definito counselling, che nella metodologia di Change viene definito sistemico perché non prende in considerazione unicamente la persona che si rivolge al counsellor ma il sistema di relazioni (famiglia, lavoro, servizi sanitari e sociali, scuola ecc.) in cui il cliente è coinvolto.

“La teoria sistemica aiuta a sviluppare un atteggiamento mentale che favorisce la capacità di osservare le dinamiche relazionali sulla base di una prospettiva più ampia di quella di un singolo punto di vista; permette di porsi domande che aiutano a esplorare parti del “mondo del cliente” che altrimenti rischierebbe di diventare invisibile, ci permette di valutare i comportamenti nostri e delle persone attorno a noi come frutto di complesse strutture di significato, liberandoci dall’idea che se qualcosa non va come ci aspettiamo bisogna trovare una causa, cosa che quasi sempre si traduce nella ricerca di un colpevole.

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Per quanto riguarda l’applicazione del metodo sistemico-narrativo alle professioni di aiuto, sanitarie e sociali, le proposte formative di CHANGE partono dalla constatazione che la crescente complessità del sistema sanitario e dei servizi del welfare, la difficoltà di accesso e la scarsa attenzione alla comprensibilità delle informazioni che arrivano al cittadino generano sempre più diffidenza, smarrimento e perdita di fiducia da parte dei cittadini e, nei professionisti che offrono opportunità di cura, senso di impotenza, frustrazione e difficoltà operative.

Il metodo sistemico–narrativo rappresenta quindi un’ottima base per impostare interventi di aiuto che tengano conto sia della complessità sia dell’unicità dei contesti. Permette di sviluppare una sensibilità relazionale che facilita la relazione di fiducia reciproca, evitando così che l’intervento si trasformi in un conflitto o nell’imposizione di percorsi di cura incompatibili con la realtà o i valori del paziente.

Ultimamente la riflessione si è sviluppata in particolare sulla modalità con cui il medico ascolta le parole del paziente e attribuisce loro significati che spesso sono lontani, a volte pericolosamente lontani, da ciò che il paziente ha cercato di dirgli.

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Un libro recente: “Cosa dice il malato, cosa sente il medico” di Danielle Ofri, Il Pensiero Scientifico Editore, ha suscitato grande interesse e un certo stupore tra i medici. L’ipotesi che possa esserci una divaricazione fra ciò che un paziente racconta e il significato che il medico attribuisce alle sue parole è apparsa a molti quasi una rivelazione.
Per i professionisti è importante rendersi conto che nel determinare l’andamento del colloquio ogni atto comunicativo del professionista è determinante: fare una domanda o non farla, dare una spiegazione o un’altra, commentare in un modo o nell’altro la parole del paziente modifica il senso dello scambio e il clima relazionale.

Il counselling risulta una competenza aggiuntiva che può arricchire e migliorare la qualità delle risposte di cura di tutti i professionisti: medici, infermieri, riabilitatori, psicologi, assistenti sociali, ecc. Richiede, di conseguenza, un percorso specifico e non può essere considerato come implicito nella formazione di altri professionisti.
Risponde all’esigenza di un tipo di risposta più vicino a quel modello “sociale”, non connotato né come clinico né come assistenziale, e permette di aumentare l’empowerment del cittadino cioè la maggiore capacità di definire le proprie esigenze e le proprie richieste in tema di salute, di benessere, di sostegno nei momenti critici, di partecipare attivamente alle scelte di cura e di acquisire la consapevolezza del proprio diritto ad ottenere risposte adeguate.”

Inoltre per ridurre la tendenza a medicalizzare la vita quotidiana si rende necessario modulare maggiormente le risposte disponibili, mettendo a disposizione dei cittadini una gamma di interventi di aiuto fra cui scegliere in modo autonomo e consapevole.

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La Quadrino conclude: “La visione fenomenologica, e non positivista, accoglie il principio di indeterminazione, vede l’incertezza come elemento ineliminabile nella vicenda umana e toglie vigore alla convinzione che ogni disagio debba trovare la sua cura o la sua soluzione.

La teoria generale dei sistemi aggiunge al principio di indeterminazione quello di equifinalità: ciò che osserviamo in una persona o in un sistema umano non è attribuibile a un’unica causa individuabile, ma è il risultato di condizioni iniziali differenti e di processi differenti.”

Un altro duro colpo all’illusione di certezza su cui si fonda il modello clinico e l’avvio di una rivoluzione nella relazione fra il professionista e il suo paziente/cliente, che ha caratterizzato l’ultimo decennio del secolo scorso e si sta sviluppando rapidamente con il diffondersi della Medicina Narrativa e il recupero del pieno significato della Medicina Basata sulle Evidenze (EBM), che prevede di integrare nelle decisioni terapeutiche le migliori evidenze disponibili con l’esperienza professionale del professionista e con le caratteristiche, lo stato, i bisogni, i valori e le preferenze dei pazienti.

Solo lo scambio comunicativo competente, l’ascolto, l’esplorazione, la valorizzazione della narrazione dei pazienti consentono questa integrazione e permettono ai professionisti di impostare una relazione di fiducia su cui basare l’intervento di cura.

Emergono nuove professioni capaci di far cogliere e arricchire le opportunità che si presentano nella vita. Esse promuovono e sostengono la necessaria trasformazione dei vecchi paradigmi, sempre più sofferenti.

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