29 Mag 2019

Elezioni: cos'è che conta davvero?

Scritto da: Redazione

La redazione di Italia Che Cambia analizza i risultati della tornata elettorale appena conclusa. Ecco un collage delle valutazioni personali di chi racconta il nostro paese ogni giorno. Come influirà questo voto? Rispecchia davvero il pensiero dei cittadini italiani? Quali segnali dobbiamo trarre da esso?

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Tutta Italia è ancora in fermento per il risultato della tornata elettorale. Chi gioisce, chi prepara le valigie per espatriare, chi sbandiera risultati gonfiati, chi si volta dall’altra parte contento di non aver votato.

 

Noi di Italia Che Cambia siamo convinti che la politica vera, soprattutto in un momento in cui la distanza fra il popolo e le aule parlamentari è siderale, si faccia nelle strade, nelle scuole, nelle fabbriche, nei campi, nelle acque dei mari da ripulire e nei boschi da proteggere. Tuttavia non possiamo esimerci dall’analizzare e commentare un voto che, volenti o nolenti, manda segnali che non si possono ignorare. Ecco dunque le riflessioni di alcuni membri della nostra redazione.

 

Francesco Bevilacqua

elezioni

Mi soffermo sull’importanza di riportare il fenomeno Salvini alle sue reali dimensioni. Il partito maggioritario è di gran lunga quello degli astenuti. Certo, non sappiamo granché su questi astenuti, a parte che una discreta percentuale di loro aveva votato i 5 Stelle, ma questo dato non aggiunge molto. Non sappiamo se chi non ha votato l’ha fatto per disinteresse o perché non c’è  una forza politica che lo rappresenti, o per altre ragioni. 

 

Se diamo uno sguardo all’esito europeo complessivo, l’avanzata dei Verdi, votati soprattutto dai più giovani, è un segnale molto incoraggiante. Se ci fermiamo a osservare gli esiti delle elezioni amministrative possiamo cogliere delle tendenze significative. Ad esempio nei comuni dove sono attivi dei processi di trasformazione sistemica che coinvolgono tutti gli attori del territorio (come i comuni italiani che hanno adottato il modello delle Transition Town) le amministrazioni sono state in quasi tutti i casi riconfermate senza bisogno di ballottaggio, con percentuali altissime. Purtroppo al momento non sono molti (sebbene sia probabile che io sia all’oscuro di altri esperimenti di questo tipo). 

 

L’immigrazione in questo momento è un elemento molto polarizzante. Il caso di Riace, in cui ha vinto la Lega, è significativo, così come lo è il fatto che un candidato molto votato fra gli italiani alle europee sia Pietro Bartolo, il “medico dei migranti” di Siracusa. Insomma, non è vero che siamo tutti razzisti, diciamo piuttosto che siamo tutti, o quasi, schierati sul tema.

 

La debacle dei 5 Stelle era stata prevista ed era in effetti prevedibile. Credo che – e mi spiace suonare un po’ brutale – il Movimento abbia già svolto la sua funzione nel sistema politico italiano, che era principalmente quella di scombinare le carte e far crollare alcuni meccanismi. Di più, realisticamente, non poteva fare, per come è stato progettato. Questo però apre adesso degli spazi nuovi, per fare cose che fino a poco tempo fa erano impensabili. E che non credo saranno i 5 Stelle a fare. Penso che nel futuro a breve termine capiremo se è veramente in atto un cambiamento sistemico importante. Se lo è, allora sorgerà anche una forza politica con presupposti veramente nuovi, che sappia incarnarlo. Il momento sembrerebbe molto propizio. 

 

Andrea Degl’Innocenti

 

 

Alle scorse elezioni europee il PD di Renzi prese il 40%. La sensazione forte, quindi, era che un italiano su due o quasi fosse diventato improvvisamente renziano. In realtà il PD aveva preso poco più di 11 milioni di voti e quindi non era stato votato da oltre 40 milioni di elettori… Lo stesso Renzi si illuse talmente tanto da bruciare la sua immagine con il successivo referendum che infatti andò come andò.

 

Ora ci troviamo una Lega al 34%. Chi la ama esulta e si sente in un Paese liberato, chi la critica è terrorizzato dall’onda razzista, fascista o altro. La verità è che sono 9 milioni di persone quelle che hanno votato il partito di Salvini. Oltre 41 milioni di italiani non lo hanno votato. Quattro su cinque o hanno votato altro o non hanno votato. Secondo me l’attenzione non andrebbe messa più di tanto sul successo della Lega, quanto sulla disarmante mancanza di alternative che porta chi la pensa diversamente a non votare o a votare ogni volta qualcosa di diverso.

 

Il voto di destra passa da Forza Italia a Lega. Quello di sinistra è polverizzato. Quello ambientalista disperso. Eppure tre italiani su quattro secondo tutti gli studi hanno come priorità le tematiche ambientali. E se fosse che milioni di persone (quasi metà del corpo elettorale!) non votano perché nessuno porta avanti quanto gli sta veramente a cuore?

 

Daniel Tarozzi

 

 

“Il paese è leghista”: Personalmente non crediamo di esserci svegliati in un paese completamente leghista o peggio ancora fascista. Una considerazione che è stata poco sottolineata è che Salvini, e la Lega Nord, prendono moltissimi voti perché il centro destra ha ora una nuova leadership: Matteo Salvini, appunto.

 

In quell’area politica, la trasformazione in atto è compiuta: tramonta definitivamente la (tristissima) stella di Berlusconi e Salvini raccoglie molti voti di chi, comunque, avrebbe votato a destra. Vi faccio un confronto con le Europee del 2010: l’allora Popolo delle Libertà prese 10.767.965 voti, la Lega 3.123.859, l’UDC 1.991.329, per un totale di quasi quindici milioni di voti. Oggi i tre partiti di centro-destra totalizzano poco più di tredici milioni di voti, di cui nove e rotti targati Lega Nord. Possiamo dire che il centrodestra ha, nero su bianco, il suo nuovo leader, senza per questo dover dichiarare che tutta l’Italia sia leghista. Vale il detto: “Il Ministro dei Temporali, in un tripudio di tromboni, auspicava democrazia, con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni”.

 

“Grande Successo del PD”: una volta Giorgio Gaber, dopo uno spettacolo teatrale, fece un esempio che deve essere piaciuto molto al Saramago di “Saggio sulla lucidità”: “Facciamo conto che tutti voi ora, incredibilmente, spariate dalla faccia della Terra. Rimaniamo io e altre tre persone, e votiamo quattro partiti diversi. Saranno tutti al 25%. Che trionfo!!!”.

 

La miopia delle percentuali può essere associata, di riflesso, al risultato (e ai risultati) del Partito Democratico. Tutti gridarono al trionfo assoluto del Renzi al 40%: allora il Partito Democratico prese 11.203.231. Sicuramente di più dei 7.980.455 presi alle Elezioni Europee del 2009, ma tutti ricordano il fallimento Veltroniano alle Elezioni per la Camera e il Senato del 2008: allora il PD prese, in entrambe le elezioni, circa 12 milioni di voti, quasi un milione di voti in più di quelli che prese Renzi. Fu di sicuro un successo, quello di Renzi del 2014, ma ad un’attenta analisi non proprio un trionfo. E le parole sono importanti, giusto Nanni?

 

Oggi si ripete lo stesso: Il PD targato Zingaretti acciuffa 6.050.351, ben cinque milioni di voti in meno rispetto al Renzi del 2014 ma, udite udite, circa centomila voti in meno rispetto al risultato alla Camera del 2018 del Partito Democratico. Che, come sappiamo, hanno rappresentato la debacle del Partito Democratico. Dunque, riguardo alle percentuali, vale il detto “siamo uomini o percentuali”???

 

C’è anche un “5 Flop” che non lascia spazio ad interpretazioni: il Movimento 5 Stelle prende 4.552.527, e fa addirittura peggio dei 5.807.362 presi alle deludenti  Europee del 2014 (stendiamo un velo pietoso nel confronto con le precedenti nazionali). Vale il detto: “non essere eccessivamente cortese con chi non se lo merita, abbi coraggio”.

 

“Un italiano su tre che incontrate ha votato Salvini”: falso. Considerando che 21648228 persone non hanno votato, e se vogliamo aggiungere quasi un altro milione tra schede bianche o nulle, siamo a circa un italiano su 5,3 che ha espresso la sua preferenza. Non possiamo tagliare in tre parti le persone, perciò diciamo uno su cinque. E teniamo fuori i bambini, è una zona pericolosa.

 

Paolo Cignini

 

 

Leggo il primo partito in Italia, quello di chi ha scelto di non votare, come espressione di un non essersi sentiti ascoltati e rappresentati, cioè persone che avrebbero voluto di più o meglio. Ma di cosa?

 

Molti degli italiani sono impegnati quotidianamente nella difesa dei propri territori, della propria salute e della libertà di scelta, dei beni comuni, della possibilità di essere realmente informati e della possibilità di autodeterminazione delle proprie comunità dalle azioni predatorie, inquinanti, disumanizzanti di un modello economico legittimato dagli organismi regolatori scientifici-istituzionali europei e imposti dalla politica italiana. Il non voto potrebbe essere un segnale di caos nella transizione verso qualcosa di profondamente diverso. Il tempo dirà se saremo capaci di aggregarci su questioni comuni.

 

Annalisa Jannone

 

 

Oltre alle ovvie considerazioni sui risultati elettorali è importante rivolgere l’attenzione verso i vari motivi dell’astensione. Un esempio è l’astensione giovanile, che parte non solo da coloro che non si sentono rappresentati ma soprattutto da coloro che hanno difficoltà ad accedere al voto. L’UDU, l’Unione degli Universitari italiani è composta da centinaia di ragazze e ragazzi fuori sede che studiano lontano dal proprio comune di residenza e che, in vista delle elezioni, hanno voluto denunciare la grande difficoltà ed in molti casi impossibilità a votare attraverso una fotopetizione.

 

“Non si può pagare per un diritto” o “Vogliamo votare fuori sede”: sono veri e propri voti di cambiamento che rimangono in molti casi inespressi, mentre un più facile accesso al voto potrebbe coinvolgere molti più giovani a partecipare attivamente alla vita politica al posto che rimanerne forzatamente ai margini. “Da anni denunciamo la situazione degli studenti fuorisede. Sono circa 400.000 giovani che studiano in una città diversa dalla propria città di residenza e, nonostante le tariffe scontate per il trasporto pubblico, i prezzi per tornare a casa a votare molto spesso restano proibitivi, soprattutto per chi viaggia in aereo. A questo fattore di difficoltà se ne aggiunge un altro, ovvero la lunga durata dei viaggi, che spesso impedisce il raggiungimento della città di residenza a causa delle attività e degli impegni (didattici o di lavoro, considerando l’alto tasso di studenti lavoratori) nella città di studio.

 

Si tratta di un messaggio chiaro e forte espresso dagli studenti di tutto il paese, che ricordano che il diritto di voto è un diritto costituzionalmente riconosciuto e chiunque devo potervi accedere. “In altri paesi europei esistono forme di voto fuorisede o per corrispondenza, addirittura in Estonia quest’anno si è votato online”. Siamo arrivati al paradosso per cui esiste la forma di voto per corrispondenza per gli italiani all’estero ma non per chi si sposta all’interno dei confini nazionali. Si parla spesso della distanza dei giovani dalla politica, eppure non si garantisce loro di poter esercitare il diritto di voto”.

 

Lorena Di Maria

 

 

Io dico pillola di destra, pillola di sinistra, non cambia niente quando il veleno sta nell’acqua. Sono contento che a livello europeo – ma purtroppo non italiano – ci sia stato il boom dei verdi. Purtroppo continuiamo a focalizzarci sui problemi sbagliati: la crescita, il nazionalismo, l’immigrazione… come se tutti i problemi dell’Europa fossero causati dall’immigrazione! Facendo cosi non parliamo dei veri problemi, che sono sistemici. Facendo cosi continuiamo a propagare lo status quo che ci mette “noi contro di loro”, perché storicamente è il modo più facile di controllarci.

 

Manca un pensiero politico, un partito politico di impollinatori che sia disposto a portare le tematiche di un 21esimo secolo in transizione all’interno della politica italiana ed europea: sostenibilità sociale, economica e ambientale, nuovi parametri per misurare il successo, per rimpiazzare il PIL e la massimizzazione dei profitti, focus sulla collaborazione invece che sulla competizione, metodi decisionali diversi, strumenti per i cittadini per attivarsi.  Un partito che è li non per vincere, ma per piantare un seme all’interno del sistema, che quando è pronto, sboccerà.

 

Filippo Bozotti

 

 

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