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Reggio Calabria - Non reggono le accuse con cui si è cercato di distruggere Mimmo Lucano ed il suo modello di integrazione dei migranti conosciuto e apprezzato a livello mondiale. Niente frodi, né matrimoni di comodo: i supremi giudici della Cassazione demoliscono l’impianto accusatorio messo insieme contro il sindaco di Riace. Resta in piedi l’accusa per avere “aiutato” la compagna, ma per ragioni “affettive”.
Mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che Domenico Lucano avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”. È quanto scrive la Cassazione nelle motivazioni relative all’udienza che lo scorso 26 febbraio si è conclusa con l’annullamento con rinvio del divieto di dimora nella cittadina calabrese di Riace. La misura cautelare era stata disposta dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria lo scorso 16 ottobre nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Locri che ha rinviato a giudizio Lucano.
La Cassazione rileva inoltre che non solo non sono provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”. Per questo il riesame deve rivalutare il quadro per sostenere l’illiceità degli affidi.
Per i giudici della Cassazione ci sono invece gli elementi di “gravità indiziaria” del fatto che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Ma a questo riguardo, bisogna considerare “la relazione affettiva” che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora. Secondo la Cassazione, Lucano ha cercato di aiutare solo Lemlem “tenuto conto del fatto” che il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.
Sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e presunti illeciti nell’affidamento degli appalti per la differenziata, Mimmo Lucano era finito prima ai domiciliari, quindi allontanato dalla “sua” Riace per ordine dei giudici.
“Il mio auspicio è che ci sia giustizia. Ora mi aspetto con tutto il cuore che il divieto di dimora possa cadere”, ha commentato Mimmo Lucano intervistato da Rainews. “A Riace c’è stata una sospensione della democrazia per reati che, come afferma ora la Cassazione, non dovevo scontare. Al di là delle amarezze, questa storia ha avuto delle ripercussioni molto gravi su tutta la comunità, dei rifugiati e di Riace. Si pensi che tante persone hanno perso il lavoro. Avevamo costruito un’esperienza legata ad una dimensione collettiva. Tutti a Riace – cittadina a rischio spopolamento e in una terra nelle mani della criminalità organizzata – avevamo riscoperto, a partire da uno sbarco, la possibilità di immaginare un futuro diverso”.
E ora? Chi pagherà per il feroce attacco rivolto a Lucano e al suo progetto di accoglienza? Chi ricostruirà quel modello virtuoso di integrazione ingiustamente screditato e delegittimato?
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