Re-Use with love: donare è un atto d’amore – Io faccio così #242
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È nato tutto circa otto anni fa da un gruppo di amiche che si scambiavano i vestiti dei loro figli man mano che questi crescevano. Era un modo per dare valore e nuova vita a oggetti che generalmente vengono ritenuti buoni per il macero. Il passo successivo è stato organizzare mercatini il cui ricavato veniva donato di volta in volta a progetti benefici differenti. Il primo mercatino fruttò circa 1500 euro. Oggi gli eventi realizzati da Re-Use with love consentono di raccogliere fino a 80000 euro, che vengono reinvestiti nell’attività dell’associazione.
Per capire come è stata possibile una crescita così decisa è sufficiente lasciarsi contagiare dall’entusiasmo di Lisa e Micaela, le due volontarie del progetto che ci accolgono nella boutique di Re-Use alle porte del centro storico di Bologna.
«Lo spazio è stato messo a disposizione dal Comune», raccontano. «Era un immobile in disuso che noi abbiamo riqualificato e di cui ci prendiamo cura. È una sinergia fra il cittadino attivo che vuole fare qualcosa e l’istituzione che lo mette nelle condizioni di poterla fare». È il cuore pulsante dell’attività di Re-Use, il luogo dove vengono conferiti, smistati e poi consegnati agli utenti i capi d’abbigliamento – ma anche gli accessori, i libri, i giocattoli – che prenderanno vita per una seconda volta. Chi arriva qui ha bisogni primari e impellenti, come quello di vestirsi. Gli utenti sono indirizzati qua dai servizi sociali del Comune, ma anche da associazioni con cui nel tempo si sono instaurate sinergie positive, come la Casa delle Donne, che accoglie donne vittime di violenza.
La particolarità della boutique è la modalità di funzionamento. Lisa ci spiega perché: «Per prima cosa cerchiamo di salvaguardare la dignità dell’essere umano. Gli utenti vengono qui come se fossero in un negozio: le volontarie li accolgono e li aiutano a scegliere, ma soprattutto parlano con loro, perché sono persone che hanno bisogno di vestirsi ma soprattutto di essere ascoltate».
Il motore dell’associazione sono le circa cento donne che contribuiscono al funzionamento delle varie attività. Arrivano da molti canali, per esempio dai social. Molte sono figlie di volontarie che una volta cresciute vogliono seguire questa strada. Ma ci sono anche alcune utenti che per ricambiare l’aiuto ricevuto partecipano alle attività di Re-Use.
La crescita del progetto è stata esponenziale, come dimostrano anche le cifre raccolte in occasione degli ultimi mercatini. «All’inizio abbiamo fatto fatica a inserirci nei vari circuiti, ma oggi collaboriamo con cooperative sociali e con i servizi sociali del Comune, vengono ragazze dalla Casa delle Donne, insomma stiamo ampliando tantissimo il nostro bacino e il nostro unico limite sono gli spazi che abbiamo a disposizione, che sono molto ridotti. Ci sono privati, negozi e aziende di abbigliamento che sono disposti a darci tantissimo materiale, ma non sappiamo dove metterlo».
Quello che per altri è un rifiuto, per le donne di Re-Use with love è un valore: «Cerchiamo di dare una cura all’oggetto. L a cura è essenziale. Questo di fatto è “solo” un posto dove distribuiamo abbigliamento usato, però abbiamo voluto abbellirlo e metterci cuore e amore, che rimangono poi impregnati nei tessuti che vengono donati alle persone che frequentano il nostro spazio». Questa cura viene riconosciuta dagli utenti e consente la creazione di un legame molto forte: «C’è chi ci porta le torte, chi ci fa conoscere i propri figli, alcune ragazze della Casa delle Donne sono venute qui a cercare un abito per sposarsi. Il valore aggiunto del dono come atto d’amore è ciò che arricchisce la nostra esperienza».
Oltre a dare un aiuto concreto a centinaia di persone, Re-Use with love svolge un’altra funzione sociale fondamentale: testimonia come chi si attiva in prima persona unendosi a un gruppo con cui condivide valori e obiettivi possa davvero innescare un cambiamento diffuso. «L’Italia che cambia – conclude Lisa – è un atto di partecipazione che spinge ognuno di noi a fare la propria parte perché il gesto di ciascuno può essere un’onda irrefrenabile».
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