Datemi i dati e vi solleverò il mondo
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Archimede potrebbe oggi aggiornare il suo famoso detto sostituendo la leva con i dati. La quantità e qualità di dati che abbiamo a disposizione sarebbe sufficiente a dare risposte e soluzioni a tanti dei problemi che ostacolano un sano progresso della vita sul pianeta. Basti pensare alla precisione con la quale già decenni fa gli scienziati, analizzando i dati, avvertirono dei rischi relativi al cambiamento climatico.
I dati però bisogna conoscerli e saperli interpretare, altrimenti si rischia di prendere decisioni inappropriate. Questo principio si applica a tutti i campi e ancor più, sempre più drammaticamente, all’ambito sociale. Con poche eccezioni, in qualsiasi paese ci si trovi, i cittadini si lamentano del proprio governo, anche se di solito il governo è stato da loro democraticamente eletto. Come si spiega dunque che i cittadini sistematicamente eleggano persone delle quali poi non sono soddisfatti? Come si spiega che ripetutamente credano alle promesse fatte loro durante le campagne elettorali senza andare a verificarne la veridicità e fattibilità?
Internet è una fonte di dati immensa e universalmente accessibile. Fino al 1998 la quantità di informazione era scarsa ma generalmente di alta qualità, tra il 1998 e il 2005 si raggiunse un equilibrio accettabile tra qualità e accessibilità dei dati, dopo la situazione venne falsata da un afflusso di informazione immenso ma in gran parte di scarsa qualità se non completamente fasullo.
Ci troviamo così oggi in una situazione paradossale nella quale mai come prima nella nostra storia è facile ottenere i dati che ci occorrono su qualsiasi soggetto, ma mai come ora è facile essere fuorviati da informazioni volutamente o accidentalmente false. Gli esempi abbondano: i cittadini che hanno votato Trump e ne cominciano a pagare le conseguenze avevano a disposizione tutti i dati per smontarne le cialtronate; quelli inglesi che hanno optato per l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa avevano tutti i dati per smontare le false promesse di chi proponeva Brexit; i cittadini italiani che hanno eletto il governo attuale avrebbero tutti i dati a disposizione per demolire le dichiarazioni demenziali dei suoi esponenti più di rilievo.
Non occorre nemmeno essere altamente educati, ma è essenziale rifornirsi di dati da fonti credibili piuttosto che affidarsi al rumore di fondo dei social. Quindi innanzitutto fonti credibili, e poi confronto dei dati acquisiti da fonti diverse sullo stesso soggetto. Infine, contestualizzare i dati, perché spesso, se presi individualmente, possono essere fuorvianti. Le statistiche si prestano particolarmente bene ad essere usate per supportare un’ipotesi quanto il suo opposto, a seconda di come si presenti un grafico o tabella.
Paradossalmente una delle fonti più utili per smontare le promesse propagandistiche dei politici sono i siti degli stessi governi, che solitamente contengono banche dati estese e capillari su tutti i soggetti di rilievo per la nazione. Questi dati il più delle volte sono oggettivi, perché ai governanti stessi occorre avere una visione della realtà per poter confezionare la loro visione irreale da spacciare al pubblico, ma i dati sono pubblici, anche se la loro accessibilità varia da paese a paese e i politici contano sulla mancanza di abitudine del pubblico ad andarli a verificare.
La Comunità Europea ha diversi siti ricchi di dati imparziali e aggiornati, altre fonti ovvie sono università, centri di ricerca e organizzazioni internazionali, ma anche enti ai quali normalmente un cittadino qualsiasi non penserebbe di rivolgersi, come la Central Intelligence Agency che ha un sito, The World Factbook, ricchissimo di informazioni dettagliate su ogni paese del mondo e preziose per farsi un’idea globale di dove siamo diretti come specie su questo pianeta.
Occorre anche essere pronti a ricredersi sulle proprie convinzioni. Molti studi rivelano come, nell’era dei social e in parte come conseguenza di questi, la discrepanza tra la realtà e la percezione che le persone ne hanno sta aumentando drammaticamente. In Europa i dati ci confermano che purtroppo l’Italia è il paese nel quale questa differenza tra percezione e realtà è maggiore. È umano avere una convinzione su un qualsiasi soggetto, risultato della nostra esperienza e informazione, ma andando a verificare i dati possiamo scoprire quanto la nostra visione sia vicina alla realtà, e se ne è lontana conviene, per il nostro bene e quello della società nella quale viviamo, resettare e aggiornare la nostra percezione per portarla in linea con la realtà. Ci vogliono un po’ di flessibilità e modestia, che sono in ogni caso due accessori essenziali al nostro corretto funzionamento.
E poi c’è la trappola della fede, un ostacolo tra i più perniciosi sul cammino del riconoscimento della realtà. Nel momento in cui un individuo è posseduto da una fede, che sia ideologica o religiosa, per la realtà diviene difficilissimo penetrarne la scorza e raggiungere la coscienza di quell’individuo. La storia trabocca di esempi di popolazioni intere che hanno commesso le più indicibili atrocità mossi dalla cecità di una fede, in una specie di trance collettiva e protratta nel tempo.
Infine il confirmation bias, quell’ormai noto meccanismo psicologico che fa sì che il nostro inconscio cerchi attivamente una conferma alle nostre convinzioni, cosa che porta gli individui a frequentare solo persone, luoghi e fonti di informazione che sono in accordo con la loro idea preconcetta, di modo da rinforzarla, fornendo al singolo la rassicurazione di sentirsi in buona compagnia, parte del branco.
Dunque, come ci mettiamo al riparo dal rischio di fare delle scelte sbagliate con conseguenze negative per noi stessi e gli altri? Potrebbe essere un decalogo abbastanza semplice.
Ascolto una cosa, mi chiedo “sarà vero?” – vado a cercare cosa ne dicono fonti credibili, incluse quelle che la pensano diversamente da me – raccolgo i dati – metto a paragone i dati da diverse fonti – metto i risultati ottenuti nel contesto della situazione alla quale si riferiscono – traggo le mie conclusioni. Una volta che questo processo diviene spontaneo lo si fa in automatico con minimo sforzo, e si sviluppa un sesto senso che ci fa immediatamente annusare un’informazione falsata.
A volte occorre veramente poco. Personalmente quando incontro la bufala quotidiana verifico e smentisco, includendo quanti secondi del mio tempo sono occorsi per la verifica, solitamente poco più di quanto mi ci sarebbe voluto per condividere e commentare bovinamente la bufala stessa. La cosa sorprendente è che spesso i propagatori di informazioni false non sono persone stupide o ignoranti, il più delle volte sono convinzioni ideologiche o una fede che le spinge ad agire d’istinto e senza riflettere. Certi gruppi sembrano più propensi di altri a cadere in questa trappola, pur con le migliori intenzioni, come ad esempio gli animalisti, che spesso condividono allarmi del tutto fasulli che fanno leva sulla sensibilità dei loro contatti per gli animali, o gli ambientalisti, che frettolosamente condividono con senso d’urgenza appelli che poi si rivelano basati su informazioni errate.
Questo per dire che non è solo chi diffonde propaganda ideologica volutamente tendenziosa che si macchia della colpa di diffondere cattiva informazione, che fa sempre male alla salute sociale, ma anche una grande quantità di persone mosse da intenzioni più che oneste. Dunque, allerta, sempre darsi qualche secondo di pausa e chiedersi se quello che ci è stato detto sia davvero possibile, plausibile, credibile, poi verificare e se è il caso condividere. È per il bene di tutti.
Ecco alcuni links a fonti di informazione non troppo ovvie che ritengo utili, anche se non rispecchiano necessariamente i miei punti di vista: clicca qui
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