Di paese in poesia. Intervista a Franco Arminio – Meme #18
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Al giorno d’oggi il lavoro bisogna inventarselo. Ecco, Franco Arminio ha preso la frase ben più che alla lettera e si è inventato addirittura un nuovo mestiere: il “paesologo”. E gli è riuscito anche piuttosto bene, se è vero che il suo ultimo libro di poesie è riuscito a vendere 20mila copie in un’epoca in cui “la poesia non vende”.
Ma Arminio, un po’ flaneur e un po’ rapsodo, non sembra curarsi granché di ciò che vende, o di ciò che “va”. Anzi fa esattamente il contrario: si prende cura di ciò che resta, dei margini, di ciò che è abbandonato e lento, dell’aria rarefatta dei paesi, della loro intrinseca malinconia.
Cos’è la paesologia
Ma cosa fa esattamente un paesologo? “La paesologia – ci spiega – è una forma d’attenzione a dei luoghi, cioè i paesi, a cui spesso non danno attenzione nemmeno le persone che ci vivono dentro”. “La paesologia è sgretolata, arrancante, cerca la vita e la morte, che cerca il tutto e il dettaglio.” È l’arte di osservare, capire e raccontare i paesi, un mix di geografia, etnologia, storia, poesia.
È quello che fa Arminio, attraverso i suoi libri (ne ha scritti ben ventiquattro) ed il suo lavoro di continua esplorazione e riscoperta di borghi, paesaggi, scorci dimenticati. I paesi, protagonisti dei suoi racconti e delle sue poesie, sono l’emblema di ciò che è stato marginalizzato da un certo modello di sviluppo, quello industriale, basato sulla crescita infinita e fine a se stessa, e che oggi rispetto a questo modello rivendica la propria alterità. “Quando la modernità diventa un ferro vecchio, l’arcaico torna ad essere qualcosa di nuovo, che riemerge, per questo ci affascina così tanto”.
Incontri per paesologi
Se a questo punto vi sentite anche voi un po’ paesologi dentro, sappiate che esistono delle occasioni per incontrare i vostri simili. Franco Arminio infatti assieme ad altri appassionati, organizza ogni anno il festival La luna e i calanchi, una cinque giorni di poesia, musica, arte, laboratori e senso di comunità ad Aliano, il paese divenuto celebre per “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. Vi ha partecipato lo scorso anno Ezio Maisto, che l’ha raccontato in questo bel reportage.
I paesi non sono mai scomparsi. Sono rimasti là dove da tempo abbiamo smesso di posare lo sguardo ad attendere pazienti di essere riscoperti. Il lavoro di Franco Arminio è prezioso in questo: le sue parole ci rapiscono dalla frenesia quotidiana e ci spingono a tornare alla terra, agli alberi, ai paesi, alla lentezza.
Intervista e realizzazione video: Paolo Cignini
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