11 Feb 2019

Club di Papillon: quando il gusto sposa il territorio

Scritto da: Luca Deias

Il Club di Papillon è un’associazione nazionale che ha come finalità la riscoperta dell’originalità di una cultura popolare attraverso il gusto. La delegazione biellese compie un anno: il responsabile Arnaldo Cartotto ripercorre i primi 12 mesi di attività, raccontandoci l'importanza della salvaguardia dell'economia agricola e dell'enogastronomia locale, attraverso una filiera del gusto che dia valore al territorio.

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Biella - Enogastronomia, convivialità, territorio e solidarietà: sono questi alcuni dei tratti distintivi del Club di Papillon, un’associazione nazionale che ha come finalità la riscoperta dell’originalità di una cultura popolare attraverso il gusto. Fondata ad Alessandria il 19 giugno del 1992 dal critico enogastronomico Paolo Massobrio, il Club è oggi un movimento di consumatori con migliaia di soci e gruppi dislocati in numerosi regioni italiane.
In questa ramificazione, nella mappa della nostra penisola anche Biella ha la sua metaforica spunta: da un anno è attiva la delegazione biellese e, per celebrarne il ‘compleanno’, abbiamo incontrato il responsabile Arnaldo Cartotto (ex direttore dell’Unione Industriale Biellese).

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Cartotto ha voluto basare e programmare il suo impegno per il Club di Papillon intorno ad alcuni macro-punti. Il primo è dare valore al territorio attraverso la filiera del gusto: “Grazie all’associazione – argomenta – si ha la possibilità di organizzare momenti aggregativi per raggiungere obiettivi comuni tra diverse parti e, a questo proposito, per dare valore al territorio è fondamentale la comunicazione e la messa in rete fra gli operatori della filiera. Con la nostra realtà mettiamo insieme i diversi soggetti del settore, da chi lavora alla creazione dei beni alimentari ai negozianti fino ai ristoratori. Un percorso completo dal produttore al consumatore”.

Un altro punto, invece, ha il ‘sapore’ di cultura: “Le nostre cene – afferma – non si concludono soltanto con il palato soddisfatto, ma con la mente ricca di informazioni su quanto si è mangiato. Invitiamo, ad esempio, il produttore a illustrare le peculiarità delle sue eccellenze o il ristoratore a spiegare come trasforma la materia prima.

Il gusto al centro, quindi, ma con un contorno culturale”. Cartotto, sulla base di questa politica, ha messo insieme il programma intitolato ‘Sapori&Saperi’: “Nel nostro primo anno – risponde – abbiamo organizzato una serie di cene a tema. Alcuni esempi? Una sulle erbe, una incentrata sul pesce al ristorante ‘Da Armando’ di Camburzano (BI), dove il cuoco ci ha intrattenuto sulle specialità di mare; un’altra a villa Boffo di Biella (sede di AIMA), dedicata all’alimentazione in connessione con la salute e lo sport, con la partecipazione di un nutrizionista e un fisioterapista”.

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Va sottolineato il link tra Arnaldo Cartotto e la Fondazione Pistoletto: oltre al legame con il maestro biellese, il responsabile della delegazione è diventato anche socio di Let Eat Bi.
“Con Armona Pistoletto ci sono affinità di vedute. Abbiamo anche intrapreso un percorso simile ed è venuto naturale tesserarci entrambi per le rispettive realtà”.

Uno dei punti chiave che accomuna entrambe le associazioni è la sostenibilità: “Tra i criteri di scelta di inserimento delle realtà territoriali sulle nostre guide – prosegue – poniamo molta attenzione per chi opera nel rispetto dell’ambiente e dei prodotti. Cerchiamo di mettere in luce coi nostri sistemi di comunicazione, ad esempio, aziende biologiche ‘vere’; sulla base di questo, quindi, è facile intuire l’allineamento e il collegamento con Let Eat Bi”.

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Annualmente, a livello nazionale, viene organizzata l’iniziativa ‘Cene in compagnia’, ovvero appuntamenti solidali dove si raccolgono fondi da destinare a differenti realtà in condizioni di disagio, sempre con il cibo come filo rosso. È stato dato un importante ausilio economico, per esempio, ad alcuni produttori marchigiani colpiti dal terremoto, a un progetto in Bosnia Erzegovina volto a far rinascere alcuni territori (attraverso un percorso che vede la bonifica, la donazione di mucche, l’insegnamento a preparare formaggi nel rispetto di ambiente e degli animali) e a un’iniziativa tesa ad avviare un’attività agricola in Burundi per cercare di ovviare al drammatico problema della malnutrizione (acquistando, ad esempio, bovini di razza autoctona).

Sempre nell’ottica di porre sotto i riflettori le realtà virtuose del territorio, Cartotto redige articoli su “Il Golosario” e cura una rubrica intitolata ‘De gustibus’ sul bisettimanale d’informazione locale ‘Il Biellese’.
“Oltre al lato professionale dei produttori e dei ristoratori – racconta – mi piace mettere in evidenza anche il lato umano. A volte i singoli operatori non hanno la forza di comunicare: gli articoli e operazioni ad hoc sul web possono rivelarsi fondamentali anche a livello economico (attirando clientela anche dai paesi non limitrofi). A questo proposito, il mercatino di Let Eat Bi è un grande sbocco per le piccole attività”.

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Perché Arnaldo Cartotto riversa tutto questo impegno nell’associazione? “La mia – spiega – è una passione, sia per le ‘cose buone’ sia per le storie che sto scoprendo. Mi piace farle conoscere, è un modo per restituire qualcosa al territorio, soprattutto per me che sono sono biellese. E ho constatato che i fenomeni aggregativi possono portare risorse importanti”.
“Vorremmo mettere sempre più in connessione gli operatori, magari con percorsi di degustazioni guidate di vini e birre. L’obiettivo, come fatto finora, sarà sempre fare rete: è così che nascono prodotti e progetti nuovi sul territorio.

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