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Secondo un sondaggio di Census, sono 2400 i contadini indiani che ogni giorno abbandonano la campagna e si trasferiscono in città in cerca di un lavoro che consenta loro di vivere. È questa la fotografia del settore agricolo indiano, uno dei più imponenti a livello mondiale – si stima che in India vi siano più di 260 milioni di contadini, anche se l’indotto complessivo coinvolge quasi metà della popolazione –, ma anche quello affetto dai maggiori problemi.
Dal 1995 sono stati più di 300.000 i suicidi fra gli agricoltori indiani. La ragione principale è l’indebitamento – circa il 52% delle famiglie contadine ne è affetto –, dovuto a sua volta all’iniqua redistribuzione del profitto lungo la filiera. Un volantino distribuito dai manifestanti che venerdì scorso hanno invaso le strade di Delhi interrompendo il traffico spiega che il prezzo finale di un chilo di pomodori è di 30 rupie, di cui solo 5 finiscono nelle tasche del produttore.
A questo si aggiungono problemi di altro ordine. I dimostranti accusano il Governo di aver attuato per anni una politica agricola carente e poco attenta alle esigenze dei piccoli produttori, il 94% dei quali vende ciò che produce al di sotto del prezzo minimo di supporto, che è l’importo che lo Stato paga per acquistare i prodotti agricoli.
Le richieste dei contadini sono di innalzare i prezzi d’acquisto di alcuni prodotti e di cancellare i debiti. “Abbiamo assoluto bisogno di liberarci dalla schiavitù del debito. Non stiamo chiedendo l’elemosina e non siamo dei criminali”, hanno dichiarato i manifestanti.
Secondo diversi economisti, le misure che loro chiedono non sarebbero altro che pezze temporanee per tamponare una situazione dovuta a una crisi sistemica. Eppure molte di esse sono coerenti con le indicazioni fornite già da tempo dalla Commissione Nazionale degli Agricoltori costituita nel 2004, presieduta dal professor Swaminathan – uno dei leader della “rivoluzione verde” in India – e finalizzata a fronteggiare il problema dei suicidi di massa fra i contadini.
Come se non bastasse, a causa dei cambiamenti climatici si stanno moltiplicando i fenomeni naturali che compromettono i raccolti. Inondazioni, siccità e altre catastrofi che distruggono le produzioni agricole si lasciano dietro anche una lunga scia di morti: sono i contadini che spesso, strozzati dai debiti contratti con banche e prestatori di denaro, commettono suicidio. Durante la protesta erano centinaia le donne che hanno sfilato mostrando le foto – ma in alcune manifestazioni sono stati esibiti addirittura i teschi – dei mariti defunti.
Negli ultimi mesi si sono tenute diverse marce di massa in India: a ottobre e ancora prima a marzo, mentre lo scorso anno, durante una protesta di piazza nello stato del Madhya Pradesh contro l’abbassamento dei prezzi all’ingrosso, la polizia ha sparato uccidendo sei manifestanti. Che siano i preoccupanti segni di una crisi sistemica di un paese che sta sperimentando sulla propria pelle le conseguenze economiche e ambientali dell’agricoltura industriale?
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