Una comunità competente
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Abruzzo - Rigenerare gli spazi pubblici in disuso, in aree marginali, è un’opportunità per ricostruire una comunità. Places left behind, contesti territoriali svantaggiati economicamente, rimasti indietro, che manifestano segnali di malessere, ancorati a forme economiche non più competitive.
Uno sviluppo territoriale consapevole richiede conoscenza, ricerca e valorizzazione del patrimonio architettonico e dei processi storici economici, che rappresentano una leva strategica per la messa in cantiere di politiche di sviluppo coerenti con il percorso della comunità.
Lo spazio “dimenticato” rappresenta il contenitore di pratiche sociali e rifunzionalizzarlo significa liberare i luoghi della memoria e della creatività. I cittadini non sempre sono coinvolti nell’amministrazione dei beni pubblici, pur essendo portatori di interesse, attivi nelle decisioni politiche anche se non rivestiti di cariche istituzionali legittime.
A Frattura, in Abruzzo, il contributo dei residenti, ha ricucito un legame profondo con il passato, attraverso la partecipazione alle fasi di documentazione della storia sociale del paese. Nella ridefinizione della relazione tra ambiente e comunità si fondono le attività della missione Fluturnum. Archeologia e Antropologia nella Valle del Tasso e nell’Alta Valle del Sagittario – Matrix 96 Soc. Coop., in collaborazione con l’Università di Bologna, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell’Abruzzo, il Rotary Club Roma Ovest, Comune di Scanno. La missione Fluturnum aderisce al progetto PECUS (Pescasseroli Candela Upland Survey).
“Le fasi culturali attraverso cui abbiamo conosciuto un paese raccontano una identità comunitaria. Spettatori più consapevoli dei rapporti vitali e profondi che legano le comunità ci costringono a trovare nuovi modi di conservazione del patrimonio. Riconoscendo il loro valore strutturale, ci mettono in relazione al senso di perdita o di scomparsa. Sarebbe utile documentare e proteggere attraverso la registrazione e la messa in sicurezza, prassi, oggetti, storie che raccontano l’economia e i legami sociali ripensando anche a un nuovo modo per conservarli”, scrive la responsabile della sezione antropologica Anna Rizzo.
La rigenerazione ha interessato il lavatoio di Frattura, all’interno del Festival “Non sono solo un fagiolo”, che si è tenuto durante la missione di quest’anno, finalizzato al recupero dei beni immateriali e al ripristino degli spazi pubblici un tempo attivi.
Iniziative generose che possono sembrare frammentate ed isolate, ma che interrogano sull’importanza e l’esistenza dei processi di co-governance indicando il cambiamento nel modo in cui si costruiscono le forme dell’azione collettiva e le politiche. Un processo di coordinamento di gruppi sociali, istituzioni, attori pubblici e privati, avente come fine quello di raggiungere scopi definiti collettivamente, che permettono di adattarsi alle trasformazioni economiche e di resistere in contesti critici.
I territori in cui si sono affermate reti di cooperazioni caratterizzate da interdipendenza tra attori pubblici e privati, hanno sviluppato capacità di valorizzazione delle strutture storiche e territoriali come risorse economiche e competitive. Grazie all’impegno della comunità locale, il lavatoio è stato liberato da scarti e da materiali abbandonati, diventando nuovamente fruibile. Un luogo della memoria, per tanto tempo dismesso, e usato in maniera privatistica come in molti casi succede, che è stato rigenerato ripulendo gli ambienti, riverniciando il cancello d’ingresso e restituendo la sua destinazione d’uso attraverso la narrazione di eventi, canti, o ricordi personali.
Uno spazio fortemente legato alla storia delle donne di Frattura, dovuto alla femminilizzazione della popolazione in seguito alla migrazione degli uomini nel secondo dopoguerra. Dopo la ricostruzione post sismica del terremoto della Marsica, le situazioni economiche incerte, l’accumularsi dei debiti, l’isolamento economico della Valle del Sagittario, che reggeva la sua economia prevalentemente sul baratto e sull’agricoltura locale, si materializzò la prospettiva di un futuro meno gramo, seguendo le sorti di molti altri connazionali, nell’illusione di trovare un buon lavoro e migliori condizioni economiche.
Le mete erano diverse, prevalentemente si sceglieva il continente americano, nel nostro caso il Venezuela. Le catene migratorie segnarono le rotte e seguirono le scelte di chi si era già insediato oltreoceano in cerca di una nuova vita. La molteplicità delle esperienze e delle destinazioni determinò due flussi paralleli, uno temporaneo e uno definitivo. Da qui il fenomeno delle vedove bianche a Frattura.
Il ripristino dei luoghi della memoria ha interessato anche lo spazio dell’ex scuola, oggi chiusa per mancanza di nascite, che accoglie manufatti e strumenti dei lavori rurali, fotografie e oggetti di famiglia. Esposizione permanente, realizzata dalla comunità locale, che segue un percorso narrativo attraverso epoche diverse, in particolare modo racconta attraverso gli oggetti della civiltà contadina le pratiche lavorative e il quotidiano abitare in aree rurali. Sempre nell’ex scuola è stata realizzata una residenza d’artista, ospitando nella missione antropologica Valentina Colella, finalista del Premio Cairo 2018.
Il ripristino degli spazi pubblici dismessi ha coinvolto il forno di Frattura che negli ultimi anni è stato ripulito da depositi di materiale di scarto o privato, ma che non può essere utilizzato per problemi strutturali legati alla presenza di crepe che interessano tutta la superficie del tetto. Le fatiscenti condizioni dell’impianto richiedono l’intervento e l’attenzione della pubblica amministrazione. Ristrutturarlo significa riconoscere il ruolo strategico di tale spazio che conserva l’originaria funzione d’uso. Il crollo del tetto che, con ogni probabilità cederà sotto le pesanti nevicate del prossimo inverno, rappresenta simbolicamente la distruzione dei legami comunitari ed economici.
“Mappare la storia, recuperare, il patrimonio immateriale e il sapere intangibile di una comunità è un lavoro lungo, che richiede un metodo codificato e assolve a una sua funzione civile“, continua Anna Rizzo.
Gli spazi dismessi se rigenerati possono divenire luoghi di fruizione sociale, intellettuale ed educativa, intercettando la crescente domanda di un turismo colto e stimolando la nascita di iniziative economiche parallele. Il consolidamento del senso di appartenenza, attraverso la rigenerazione degli spazi pubblici, promuove una maggiore coesione sociale – premessa per la rinascita del senso comunitario e per la definizione di azioni di sviluppo che riqualificano la vocazione territoriale.
Frattura sta facendo l’esperienza di un percorso di condivisione e di partecipazione in cui la comunità rinnova attraverso la propria professionalità e disponibilità una migliore qualità della vita.
Paolina Giannetti
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