Oltre il cancro. Un percorso in 21 passi verso la salute
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In una intervista la giornalista Giulietta Bandiera ci spiega il risultato di un’inchiesta da lei condotta con l’aiuto e la complicità di un gruppo medici in tutt’Italia, su pazienti guariti dal cancro o patologie ugualmente rilevanti. La ricerca si proponeva di conoscere meglio quali potessero essere i determinanti utili per il processo di guarigione. Una casistica ampia, di oltre 700 persone, con cui i vari specialisti sono venuti in contatto negli anni, ha permesso all’autrice di studiare cosa avessero in comune tra loro tutti i guariti.
Giulietta stessa, saggista, biografa, docente di una scuola di psicodinamica e counseling transpersonale a Milano, ha recuperato la salute dopo una diagnosi di cancro. Quello che emerge in tutte le guarigioni è la capacità di trasformazione, la determinazione e il coraggio di un profondo cambiamento personale.
Ne è nato un libro: “Oltre il Cancro, un percorso in 21 passi verso la salute” (Sperling & Kupfer). Proprio all’Istituto Nazionale Tumori di Milano è stato organizzato un convegno per presentare questo testo nel quale, con estrema chiarezza e semplicità, viene proposto un percorso che attinge alle nuove ricerche nel campo delle neuroscienze, all’oncologia integrata fino alle tecniche di consapevolezza di Tich Nath Han e alle costellazioni familiari.
Lo stesso responsabile scientifico del Me.Te.C.O. (Medicine e Terapie Complementari in Oncologia) dell’Istituto Nazionale Tumori, Alberto Laffranchi, nella prefazione, evidenzia come “…quelle forze non spiegabili, ma ineluttabilmente appartenenti alla natura umana, attraverso una consapevolezza dell’individuo possano fare la differenza nel processo di guarigione”.
Capire la malattia, la propria malattia, accettare la disfunzione dell’intero sistema-uomo, riconoscerla dandole il personale significato e smascherare la falla facendola emergere implica un atto di responsabilità. Il corpo non mente e restituisce una verità nascosta, un disagio profondo taciuto o reso inconscio. Un evento conflittuale, una situazione prolungata inaccettabile ma perpretata, o una relazione frustrante, cambiano l’assetto biochimico e neuroimmunitario: “La biografia è biologia”, scrive Giulietta.
Un passaggio fondamentale è riconoscere la paura che nutre la malattia perché toglie realtà e distrugge possibilità, per attivare invece l’amore per la vita e il gusto delle passioni che creano una nuova realtà. La capacità di gestire la paura contribuisce all’esito, quindi è importante, per chi è alle prese con una patologia, investire le proprie energie su altre frequenze.
La metafora del cancro come un “figlio ribelle”, esposta nel libro, rende l’idea di qualcosa che fa parte di te, da te nasce e che non va temuto o combattuto, bensì integrato e rieducato, sviluppando la necessaria autorità verso di esso, senza soggezione.
La capacità di trasformarsi è la capacità di integrare il cambiamento. “Sottostiamo alle leggi della natura, la legge del rinnovamento perpetuo e dobbiamo accrescere l’attitudine ad armonizzare non ad estraniare o rifiutare parti di noi”. Il cancro, infatti, è una differenziazione non sinergica, non coerente con il resto del sistema, si estranea e prende forza.
Il processo trasformativo necessario evolve non verso la felicità in senso astratto, ma solo e sempre verso se stessi e la propria unicità e integrità. Attivando continuamente il proprio potenziale di trasformazione si reimpara dunque a dirigersi verso le personali aspirazioni, guadagnando pienezza, libertà, senso e coerenza.
Giulietta Bandiera non afferisce al mondo mistico, che pure la ispira, ma piuttosto a quello molto più pratico della normalità vissuta con dignità, responsabilità e amore per la vita. Lei si definisce un’umanista perché, curiosa da sempre del confronto fra scienza e spiritualità, promuove, nei vari ambiti professionali, l’umanizzazione della medicina.
A tal fine ha fondato, insieme a numerosi medici e altri professionisti, il Comitato per la libertà di Cura e di Guarigione, allo scopo di diffondere informazioni e conoscenze, arginando il contesto mediatico prettamente propagandistico che lei definisce una fabbrica di paure. “Ma”, avverte, “bisogna fare attenzione alla difficoltà di orientamento dei pazienti; se questi ultimi non sono sufficientemente informati, se non hanno la possibilità di percorrere percorsi alternativi con l’ausilio delle adeguate conoscenze e della necessaria consapevolezza, meglio che continuino ad affidarsi ai percorsi preesistenti, evitando ulteriore confusione e crisi”.
Perché per imparare a volersi bene – conclude – ci vuole tutta una vita: “Tratta il tuo corpo come un bambino, la tua mente come un adolescente e solo il tuo spirito come un adulto. Il corpo va accudito. La mente va guidata. Ma lo spirito va seguito.”
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