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Bologna, Emilia-Romagna - L’economia è il motore del mondo. Se in questi anni viviamo crisi sistemiche in tanti ambiti della nostra vita, forse è proprio perché ci siamo affidati a un modello economico sbagliato. Ma, si sa, a ogni crollo segue una ricostruzione e ci sono migliaia di aziende – che rappresentano decine di migliaia di persone, imprenditori e lavoratori – che hanno già preso in mano il timone e invertito la rotta.
Una buona fetta di esse l’abbiamo incontrata il 28 novembre nella splendida cornice dell’Opificio Golinelli di Bologna, dove si sono date appuntamento le B Corps italiane, aziende di tutti i settori con storie e dimensioni diverse e uno scopo comune: perseguire profitto mettendo al centro della strategia aziendale il benessere delle persone e del pianeta.
La vitalità di questo movimento, percepibile dall’entusiasmo e dalla partecipazione che emergevano dall’auditorium dell’Opificio, viene confermata anche dai numeri: con più di 80 aziende già certificate, l’Italia è il paese che sta crescendo più velocemente in questo settore ed è secondo solo agli Stati Uniti, dove le B Corps sono nate, sia come idea d’impresa che come forma giuridica.
La leadership italiana è stata ricordata con orgoglio anche da Eric Ezechieli, insieme a Paolo Di Cesare co-fondatore di Nativa, prima B Corp europea: «Nel nostro paese abbiamo più di 80 B Corp certificate e circa 300 società benefit. L’Italia rappresenta un caso di eccellenza studiato ovunque, forse perché ha una vicinanza genetica con questo concetto».
Ma non bisogna fare l’errore di circoscrivere il fenomeno entro i confini nazionali: la portata del movimento B Corp è globale e si fonda su un cambiamento di paradigma portato avanti dalle persone, «individui – ha proseguito il fondatore di Nativa – che sono dietro alle scelte fatte dalle aziende. Il business è la più grande forza che ci sia sul pianeta e se viene ri-orientato verso una dimensione rigenerativa può avere un grande impatto».
Già, rigenerare. Il modello B Corp parte dalla misurazione: rifacendosi a determinati parametri, un’azienda può misurare il suo impatto, ricavando un punteggio che va da 0 a 200. Se ottiene meno di 80 punti vuol dire che è estrattiva, ovvero toglie risorse e ricchezza dalla comunità. Se supera questa soglia invece è rigenerativa: ha un impatto positivo e restituisce più di quanto preleva.
«Perché siamo qui?», si è chiesto aprendo il suo intervento Nathan Gilbert, co-direttore esecutivo di B Lab Europe, l’ente che fra le altre cose ha il compito di certificare le B Corps. «Ci sono molti modi di rispondere, ma secondo me siamo qui perché quello che stiamo vivendo è un cambio culturale storico e sappiamo esattamente il motivo per cui dobbiamo farlo: l’economia oggi non funziona».
«L’economia è controllata da poche persone ricchissime – ha proseguito –, i cambiamenti climatici sono stati collegati alla crisi economica. La buona notizia è che c’è ricettività sull’argomento ed esiste un grande movimento di persone che vogliono sostenere il cambio verso l’economia circolare. Tutto questo sta andando avanti da anni, anche se l’accelerazione degli ultimi tempi è stata eccezionale. Ci sono i presupposti per cambiare il mondo senza rinunciare al profitto, anzi, aumentandolo».
Il fatto che siamo di fronte a un epocale cambiamento di paradigma è dimostrato anche dal fatto che a questo movimento stanno aderendo non solo piccole aziende virtuose, ma anche grandi multinazionali, fino a poco tempo fa considerate fra i maggiori responsabili della deriva dell’economia. Danone ha aderito, mentre altre – come Unilever, Procter & Gamble, Campbell – si sono avvicinate al movimento delle B Corps.
Addirittura segnali incoraggianti arrivano dal mondo della finanza: «Per prosperare nel tempo ogni società non si deve limitare a ottenere risultati sul piano finanziario, ma deve anche dimostrare di dare un contributo positivo alla società», ha dichiarato Laurence Fink, presidente di BlackRock, la più grande società di investimento al mondo.
Chi non si adegua rimarrà tagliato fuori, anche perché questa marea che sta montando dal basso ha già numeri interessanti: 2700 aziende, 65 paesi, 150 industrie a livello mondiale; 600 aziende, 22 paesi, 130 industrie in Europa. Tutte condividono un obiettivo comune: ridefinire il business, fare la differenza, cambiare le regole del gioco.
Nathan Gilbert ha concluso il suo intervento parlando di un’iniziativa che è stata lanciata negli Stati Uniti in concomitanza con le elezioni di metà mandato. Si tratta di una campagna che invita i cittadini a scegliere le B Corps: «Ogni giorno ciascuno di noi può scegliere dove investire, cosa comprare, a chi affidare il proprio denaro. Se scegliamo di fare affari con le B Corps, negli Stati Uniti come in Italia, possiamo fare la differenza. Uniamoci per rendere ogni giorno un giorno di elezioni».
Molti altri sono stati i momenti importanti della giornata: dalla testimonianza dell’esploratore Alex Bellini alla premiazione delle B Corp italiane che si sono distinte in vari ambiti, fino al marketplace conclusivo, dove le maglie della rete hanno avuto l’occasione di stringersi e diventare sempre più salde.
Un’ultima breve nota è dedicata all’impatto del meeting: nell’intera giornata di lavori, per i pasti, le pause caffè e l’aperitivo non sono state utilizzate stoviglie usa e getta ed è stato servito solo cibo biologico e locale; per gli arredi e il materiale informativo sono stati impiegati solo carta e cartone riciclati e certificati FSC, mentre il marketplace è stato allestito con pallet riciclati e che verranno riutilizzati.
Anche questi sono piccoli segnali del cambiamento in atto.
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