Comuni e comunità contro gli inceneritori: l'economia circolare parte dai territori
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Ancora una volta ci troviamo a contrastare la logica perversa di chi utilizzando espedienti come “fermiamo i roghi tossici”, che sono sempre alimentati da rifiuti industriali e non dai rifiuti urbani, cerca di alimentare il business della lobby dei rifiuti mascherandolo da “soluzione” magari insieme ad una fasulla “crescita economica ed aumento del PIL”.
Un governo costruito “senza ideali” ma con una sorta di “compromesso contrattato” in cui per la Lega ancorata al centro-destra l’ambiente e la salute pubblica vengono dopo gli interessi delle lobby inceneritoriste, nonostante sia oramai assodato da centinaia di studi scientifici il nesso causa-effetto tra la presenza di inceneritori e l’insorgenza di patologie cancerogene e mutagene di vario tipo, come accerta Arpa e CNR ultimamente.
Si spendono ancora infondate dichiarazioni in merito alla “necessità di evitare una procedura di infrazione dalla U.E.”, dato che l’Italia ha ancora un elevato ricorso alle discariche e si spaccia come “soluzione alternativa” alle discariche la costruzione di inceneritori specie al Centro-Sud, senza chiarire che ogni inceneritore ha bisogno di una grande discarica di servizio in cui smaltire gli scarti di lavorazione e le ceneri tossiche pari ad oltre il 70-75%!
L’inceneritore è l’anello intermedio di una catena industriale tossica, che parte dal persistere di città ad esempio come Roma, Bari e Palermo che ancora producono in maggioranza “rifiuto non differenziato” raccolto con i cassonetti stradali da cui si estrae attraverso una selezione meccanica circa il 25-30% di plastica/carta da incenerire che è il “combustibile” Cdr/Css.
Quindi non solo l’incenerimento non evita il ricorso a discarica, essendo indispensabile averla, ma ha necessità che la raccolta differenziata non avanzi oltre il 40-45% limite oltre il quale avrebbe enormi problemi a reperire la “materia prima” cioè i “rifiuti non differenziati”, salvo importarli da altre regioni. Stiamo quindi parlando di una “soluzione illegale”, dal momento che la legge italiana (D.Lgs. 152/2006) ha stabilito da anni che il “limite minimo” di raccolta differenziata dal 2012 è già quel 65% che ancora tante città grandi – medie e piccole di Italia non hanno mai raggiunto e che ora dovrebbe essere sanzionato!
Stiamo parlando di una scelta che andrebbe contro l’attuazione dell’Economia Circolare e le stesse Direttive europee già in vigore dal 2008 oltre quelle ancora più incisive del 30 maggio u.s., che ovviamente sono basate sulla Riduzione – Riutilizzo – Riciclaggio – Recupero di materia …. e lasciano il Recupero di energia (incenerimento e biogas/biometano) di fatto come una pratica di pre-smaltimento finale di quanto non è possibile “rimettere in circolarità” quanto viene distrutto con la combustione.
La soluzione ha questa “bagarre governativa” e a una possibile “procedura di infrazione dalla U.E.” è il ritiro del Decreto attuativo dello Sblocca Italia (DPCM 10-8-2016) e l’avvio di una Legge che imponesse e finanziasse l’introduzione della raccolta domiciliare dappertutto e la realizzazione degli impianti di riciclaggio degli imballaggi e di compostaggio aerobico dell’organico.
Ma dato che questo governo ed il suo ministro all’ambiente non hanno mai dato alcun segnale sul ritiro del Decreto Sblocca Italia, salvo poi fare svariate dichiarazioni “contro gli inceneritori”, contiamo che a breve la questione sarà risolta dalla Corte di giustizia europea di Lussemburgo. Infatti a seguito del nostro ricorso nel 2016 per il netto contrasto tra le Direttive europee ed il decreto attuativo dell’art. 35 dello Sblocca Italia, il TAR Lazio ha rilevato diverse gravi incoerenze ed emesso l’ordinanza n. 04574 del 24 aprile 2018 che ha rinviato su tre quesiti specifici il giudizio di merito alla Corte di Giustizia Europea a Lussemburgo.
La campagna nazionale #SbloccaItaliaGameover e la sua estensione europea #NextStepEurope ha lo scopo sia di sostenere economicamente l’iter legale europeo del ricorso che di divulgare e sensibilizzare cittadini, associazioni ed istituzioni sulla necessità di un concreto e radicale cambiamento della gestione dei rifiuti verso una vera economia circolare “dal basso” costruita tra amministratori locali / organizzazioni civiche / aziende virtuose in attuazione dei principi della Direttiva n. 851/2018/CE.
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