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Bologna, Emilia-Romagna - Questo autunno ha visto innalzarsi su Bologna sei chapiteaux in occasione di Città di Circo, la grande festa di circo contemporaneo frutto del lavoro del Forum Nuovi Circhi. Sono stati 15 giorni di spettacoli, ma anche di concerti, corsi di formazione, conferenze, il tutto in un clima da grande famiglia.
Il circo contemporaneo, o alternativo, è figlio della contaminazione fra arti circensi, teatro e musica, partita in Francia negli ultimi 40 anni, e giunta in Italia negli ultimi 10. “All’inizio era pionieristico. Si trattava di giovani che avevano l’esigenza di sperimentare la propria identità, di avere uno spazio in cui poter provare, allestire e rappresentare i propri spettacoli, per poi scegliere le piazze a cui presentarsi, senza filtri”, ci ha spiegato Aurelio Rota, coordinatore del Forum Nuovi Circhi.
Dal fiorire di festival di arte di strada e, in seguito, dalle scuole di circo, sono fuoriusciti artisti eclettici e coraggiosi che, nell’incontrarsi, hanno quasi spontaneamente dato origine a comunità artistiche nomadi, compagnie, alcune delle quali hanno acquistato i primi tendoni, o chapiteaux.
Girando per “Città di Circo” ho incontrato Davide, artista e trombettista, oggi insegnante di scienze e matematica, arrivato per ritrovare gli amici artisti con cui, in gioventù, aveva condiviso le prime esperienze di spettacolo di strada. “Ho iniziato nel ‘97, avevo appena finito l’università di geologia. Sono passato per caso da Ragusa, e c’era il mio ex allenatore di pallacanestro, Aldo Viral, uno dei primi giocolieri italiani. Lui tornava da un viaggio in Messico, e mi ha regalato 3 palline di pezza, invitandomi a passare a trovarlo. Un giorno sono passato da casa sua e mi ha aperto la sua valigia, piena di attrezzi di giocoleria. Per me era un mondo nuovo. Così è nata. Sono partito”.
Pochi mesi dopo la partenza, a Catania, Davide ha conosciuto e iniziato a fare spettacoli con Salvo, artista diventato poi uno dei fondatori del SIDE Kunst-Cirque e uno degli ideatori di Città di Circo. Curiosa di parlare con lui, l’ho cercato. “C’è una grande ricerca di libertà nel circo – mi ha spiegato – È uno degli spettacoli più duri. Gente che si dedica all’apprendimento. I miei colleghi mediamente parlano quattro lingue, è un gruppo misto di persone, famiglie. Il circo di per sé mischia cose. Tutti un po’ suonano, conoscono l’acrobatica. Se fai circo ci hai messo le mani, conosci il tuo corpo. Sei un creatore di spettacoli, dei temi, devi praticare un po’ la letteratura. Monti dei tendoni, devi avere delle conoscenze di fisica, di cantieristica, devi avere delle conoscenze pratiche. È un mondo legato alle conoscenze, e questa conoscenza è preziosa e ce la passiamo. Poi, fuori da qui, c’è un mondo di conoscenze specialistiche. Chi è andato al circo era interessato a tutto”.
Da questo tutto, dalla coralità delle discipline, delle diversità che ogni artista porta, nascono spettacoli pieni di sorprese. In primo piano ci sono i corpi, vitali e ironici, che interagiscono con gli attrezzi, con il pavimento, con altri corpi, e che tradiscono la fatica solo dal respiro pesante, dai movimenti della pancia.
Il clima di accoglienza, collaborazione e allegria permea nel rapporto con il pubblico anche oltre i confini dello spettacolo. Il tendone principale, che è un po’ la piazza di “Città di Circo”, già qualche ora prima dell’inizio degli spettacoli si anima di chiacchiericcio, odore di vin brulé, tenerina. Avvicinandosi alla biglietteria di pop corn. Gli artisti che non stanno per esibirsi sono lì. Servono al bar, raccontano aneddoti, suonano, giocano con i bambini.
Le persone nuove si riconoscono subito, perché chiedono il prezzo del biglietto, o della torta salata appoggiata sul bancone del bar, non sapendo che a “Città di Circo” ognuno è chiamato a decidere, anche tenendo conto delle proprie possibilità economiche, il valore di ciò che viene offerto, tramite un’offerta libera e consapevole. Concludo con le parole di Salvo: “I circhi sono delle barche, cambiano porto ogni settimana. Il pubblico per noi è il mare. Senza pubblico si va a fondo. Ci tiene in vita. Per noi è tutto, e noi a questo tutto rispondiamo con tutto”.
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