La scuola senza mura: manifesto per un'educazione diffusa
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Come e perché sperimentare piazze, parchi, botteghe, mercati, biblioteche, musei, librerie, qualsiasi spazio sociale e culturale come luoghi di apprendimento? Come e perché abitare in modo diverso gli edifici scolastici? Cosa è possibile fare per cominciare ad avviare progetti di educazione diffusa anche a Roma e nel Lazio? Il rapporto tra scuole, territorio e società è stato al centro della tavola rotonda “La scuola senza mura” tenutasi ieri a Roma e coordinata dalla redazione di Comune, promossa insieme alla Rete di Cooperazione Educativa nell’ambito del festival Fabbrica Roma.
Durante la tavola rotonda è stato presentato il Manifesto dell’educazione diffusa (alla cui stesura ha partecipato anche la redazione di Comune), cui è possibile aderire firmando nei commenti di questa pagina (link). Ecco di seguito il testo del manifesto, contenuto anche nel libro “La Città educante. Manifesto della educazione diffusa” scritto da Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli.
“L’educazione diffusa è un’alternativa radicale all’istituzione scolastica attuale. È tempo di rimettere bambini e bambine, ragazzi e ragazze in circolazione nella società che, a sua volta, deve assumere in maniera diffusa il suo ruolo educativo e formativo.
La scuola dove ridursi a una base, un portale ove organizzare attività che devono poi realizzarsi nei mondi aperti del reale, tramite un progressivo adeguamento reciproco delle esigenze delle attività pubbliche e private interessate, degli insegnanti e dei ragazzi e bambini stessi.
All’apprendimento chiuso e iperprotettivo della scuola, privo di motivazione e connessione con le realtà si sostituisce progressivamente un apprendimento realizzato con esperienze concrete da rielaborare e condividere. Non più insegnanti di discipline ma educatori, méntori, guide, conduttori capaci di agevolare i percorsi di interconnessione e indurre sempre maggior autonomia e autorganizzazione. I ragazzi e i bambini nel mondo costituiranno una nuova linfa da troppo tempo emarginata e costringeranno la società e il lavoro a ripensarsi, a rallentare e a interrogarsi.
È un atto politico portare questo modello nella società. È un impegno, una scommessa e una prospettiva di vita sensata che chiediamo di sottoscrivere impegnandosi a divulgare l’idea e il progetto per trasformarlo in esperienze diffuse nel territorio.
L’educazione diffusa pone al centro della vita educativa l’esperienza autentica, quella che mobilita tutti i sensi ma soprattutto la forza che li accende, la passione.
L’educazione diffusa ribalta l’idea che la mente possa imparare separatamente dal corpo, è attraverso il corpo, i suoi sensi, il suo impegno, che si verifica un vero apprendimento duraturo.
L’educazione diffusa libera i bambini e i ragazzi, le bambine e le ragazze, dal giogo della prigionia scolastica: li aiuta a trovare nel quartiere, nel territorio e nella città i luoghi, le opportunità, le attività nelle quali partecipare attivamente per offrire il proprio contributo alla società.
L’educazione diffusa è un reticolo in continua espansione di focolai di attività reali nelle quali i più giovani, al di fuori della scuola, esplorano, osservano, contribuiscono, si cimentano, danno vita a situazioni inedite, aiutano, si esprimono e imparano da tutti e da tutte, così come insegnano a tutti e a tutte.
L’educazione diffusa sradica la malapianta delle valutazioni insensate per mezzo di attività reali delle quali correggere sul campo eventuali cadute, imperfezioni, fallimenti e delle quali solo il raggiungimento e il processo valgono come documenti vivi per poter stabilire se ciò che si è fatto è valido e ripetibile o da rivedere e correggibile.
L’educazione diffusa vede gli insegnanti mutare in mèntori, educatori, accompagnatori, guide indiane, sostenitori, trainer, organizzatori di campi d’esperienza nel mondo reale e non nel chiuso di aule panottiche dove l’apprendimento marcisce e i corpi avvizziscono.
L’educazione diffusa chiama tutto il corpo sociale a rendersi disponibile per insegnare qualcosa ai suoi più piccoli e giovani: ognuno dovrebbe poter regalare con piacere un poco della sua esperienza, condividendo finalmente la vita con chi sta crescendo e imparando da loro a riguardare il mondo come non è più capace di fare.
L’educazione diffusa trasforma il territorio in una grande risorsa di apprendimento, di scambio, di legame, di cimento, di invenzione societaria, di sperimentazione, al di fuori di ogni logica di mercato, di adattamento passivo, di competizione o di guadagno monetario.
Nell’educazione diffusa si assiste alla costruzione di un tessuto sociale solidale, responsabile, finalmente attento a ciò che vi accade a partire dal ruolo inedito che bambini e adolescenti tornano a svolgervi come attori a pieno titolo, come soggetti portatori di un’inconfondibile identità planetaria.
Per iniziare a sperimentare l’educazione diffusa occorrono un gruppo di genitori motivati, di insegnanti appassionati e possibilmente un dirigente didattico coraggioso che abbiano voglia di vedere di nuovo allievi vivi che gioiscono dell’imparare e di essere riconosciuti come soggetti a pieno titolo nel mondo.
Con l’educazione diffusa ognuno viene riconosciuto come persona umana nelle sue caratteristiche costitutive di unicità, irripetibilità, inesauribilità e reciprocità. L’educazione non deve fabbricare individui conformisti, ma risvegliare persone capaci di vivere ed impegnarsi: deve essere totale non totalitaria, vincendo una falsa idea di neutralità scolastica, indifferenza educativa, e disimpegno. L’educazione diffusa promuove l’apprendistato della libertà contro ogni monopolio (statale, scolastico, familiare, religioso, aziendale).
- Costruire la rete di Educazione Diffusa e Comunità Educante che sottoscrive il Manifesto dell’educazione diffusa. La rete può essere costituita da almeno un istituto scolastico (“campo base”), comitato di genitori, enti locali ed enti pubblici, parchi e aree protette, botteghe, mercati comunali, teatri, biblioteche, librerie, musei, sedi di associazioni e cooperative, centri sociali, centri sportivi, università e altri spazi sociali e culturali, professionisti, singoli cittadini, etc. etc. (consapevoli che dal punto di vista normativo si tratta di attività realizzabili nell’ambito dell’autonomia scolastica, coerenti con le Indicazioni nazionali – Linee guida per tutti gli ordini e gradi di istruzione).
- Avviare incontri di auto-formazione tra scuola, realtà sociali e culturali, fautori di buone pratiche nel territorio circostante – anche con il supporto dei primi firmatari del Manifesto della educazione diffusa – per definire nel dettaglio il percorso di sperimentazione che lavori agli obiettivi, i tempi, le modalità e i parametri da misurare.
- Elaborare, come gruppo di supporto della sperimentazione, progetti volontari di architettura per trasformare gli spazi individuati della città educante (edifici storici, botteghe, teatri, biblioteche, musei, piazze, parchi…) in luoghi di apprendimento (privilegiando l’autocostruzione e il coinvolgimento dei territori), sia in relazione con gli enti locali che in quanto cittadini autorganizzati. Dirottare le risorse dedicate alla obsoleta edilizia scolastica verso esperimenti di progettazione e costruzione di “portali” e di recupero e trasformazione di spazi e luoghi della città in educanti.
- Avviare la sperimentazione includendo anche una parte sempre crescente di attività come “scuola aperta”, per cominciare ad abitare in modo diverso gli edifici scolastici sia durante il tradizionale orario scolastico che oltre, quando sia possibile cogestire gli spazi con associazioni di genitori e realtà sociali locali.
- Monitorare il percorso sperimentale attraverso incontri e ricercare e partecipare a bandi pubblici locali, regionali, nazionali ed europei e di fondazioni private per rafforzare le azioni di educazione diffusa.
- Stimolare e promuovere politiche dettagliate di cittadinanza dei bambini e bambine, ragazzi e ragazze in ogni settore politico: trasporti, urbanistica, cultura, ambiente, servizi sociali, sport, sviluppo economico, pubblica amministrazione, sanità, sicurezza fino a definire nei bilanci degli enti la quota dedicata a tali obiettivi.
- Dedicare parte dei percorsi di educazione diffusa alle emozioni, alle relazioni, all’introspezione e ad esercizi di dialogo interno attraverso elaborazioni teatrali, festival delle emozioni ed ogni altra iniziativa che promuova l’emersione dei sentimenti profondi degli individui, solitamente rimossi dalla vita scolastica, per un confronto vivo all’interno della comunità educante.
- Realizzare passeggiate cognitive alla scoperta di quartieri, strade, luoghi naturali, luoghi abbandonati, luoghi dimenticati per ripensare e riprogettare il territorio e per tornare a prendersene cura a partire dalle osservazioni e le analisi di bambini e bambine, ragazzi e ragazze.
- Strutturare in dettaglio i processi di partecipazione e decisione dei bambini e ragazzi nella definizione dei percorsi di educazione diffusa in modo da rispondere ad una parte dei loro bisogni e dei loro quesiti desiderosi di risposte.
10. Documentare il percorso con tutti gli strumenti possibili: studi scientifici, comunità virtuali, prodotti audiovisivi in modo che siano consultabili da altre scuole e città.
Appunti per un Progetto di educazione diffusa
Primi firmatari:
Paolo Mottana, Giuseppe Campagnoli, Francesca Martino, Dimitris Argiropoulos, Anna Sicilia, Luigi Gallo, Ester Manitto, Mariagrazia Marcarini, Alice Massano, Francesca Pennati, redazione di Comune.
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