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Di ritorno dal VeganFest di Bologna sento la necessità di rispolverare un po’ la base della questione “vegan”. Ultimamente infatti si fa un gran parlare della scelta vegan (tanto che è diventata una scelta quasi di moda). Innanzitutto chiariamo cosa si intende con “vegano” in campo alimentare, visto che generalmente si fa molta confusione tra veganismo e altre correnti alimentari.
L’alimentazione vegana è un’alimentazione che non contempla l’uso di nessun derivato animale: quindi niente carne e pesce, ma anche niente latticini, uova e miele (che vengono invece consumati da un vegetariano).
Ma perché vegan? Le motivazioni che portano le persone a scegliere di alimentarsi solo a base vegetale sono le più disparate, ma generalmente rientrano in tre categorie:
– motivazioni salutistiche
– motivazioni etiche
– motivazioni ecologiche.
In questi articolo vorrei occuparmi solo della prima motivazione, esulando le altre due dalle mie competenze come Biologa. Per poter parlare correttamente di alimentazione a base vegetale penso sia d’obbligo ripercorrere la storia dell’alimentazione, ossia vedere come si è evoluto il modo di mangiare nella specie umana. (Non me ne vogliano gli storici, è una rappresentazione storica molto approssimata).
Storia dell’alimentazione
L’alimentazione dell’uomo è molto cambiata nel corso della storia: siamo sempre stati animali frugali, ma negli ultimi 60 anni abbiamo iniziato ad abbuffarci più di quello che la nostra genetica aveva previsto.
L’uomo primitivo
L’uomo primitivo si nutriva molto frugalmente, migrava di continuo e sceglieva principalmente frutta e semi che raccoglieva (non usava l’agricoltura, quindi niente cereali) e carni. Ora però non dobbiamo immaginare che il nostro antenato si nutrisse giornalmente di carne! La disponibilità di carne era scarsa, richiedeva un grande impiego di energie e spesso la caccia si protraeva per giorni, durante i quali l’alimentazione era molto scarsa. L’età media è molto bassa.
L’inizio dell’agricoltura
Con l’inizio dell’agricoltura l’uomo diventa più stanziale, inizia a coltivare i cereali e i legumi che forniscono energia a lento rilascio. Inoltre consentono di diradare la caccia senza risentirne troppo: diventa un extra. L’alimentazione rimane comunque frugale. È comunque un tempo in cui l’uomo si muove molto e brucia molte calorie. L’età media si allunga considerevolmente.
L’allevamento
Quasi contemporaneamente all’agricoltura, l’uomo inizia ad allevare animali per uova e latte. Questo gli consente anche di nutrirsi dei corpi di quelli che morivano di vecchiaia (era molto meglio avere uova ogni giorno per anni, piuttosto che mangiare la gallina e non averne più, stesso discorso valeva per il latte).
La differenza alimentare tra poveri e ricchi
Col passare dei secoli e con l’instaurarsi delle classi sociali, l’alimentazione umana si è differenziata molto tra poveri e ricchi: i primi in genere coltivavano i campi, bruciando molte calorie e nutrendosi frugalmente di cereali e legumi, latte e uova, a volte pesce, quasi mai carne.
Al contrario l’uomo benestante si nutriva principalmente di carni e prodotti grassi, dolciumi e timballi, creme ecc.. Inoltre si muoveva molto poco. In questo periodo iniziano le tipiche malattie da indicatore sociale: malnutrizione nei poveri e ipernutrizione nei ricchi, spesso con gotta (eccesso di acidi urici).
L’industrializzazione
È stato un passaggio davvero incredibile per l’uomo: improvvisamente il movimento si riduce drasticamente e l’uomo diventa molto sedentario. Lentamente l’alimentazione cambia: il cibo non deve essere prodotto, ma acquistato. Inizia un consumo di zucchero impressionante per rendere più appetibile il cibo industriale. La nostra alimentazione si amplia di una serie di prodotti esotici grazie a frequenti commerci con altri paesi.
Il boom economico
Siamo in piena fase di capitalismo, la produzione alimentare è alle stelle, fioccano i primi frigoriferi e i primi elettrodomestici per facilitare la cottura dei cibi. La carne diventa alla portata di tutti e le verdure iniziano a diradarsi dai piatti. Si consuma molto zucchero e molti farinacei. La farina diventa sempre più glutinosa e facile da lavorare (ma non da digerire) grazie alla selezione di grani ad alto contenuto di glutine. Si compra molto cibo in scatola, addizionato di conservanti, insaporitori e zuccheri. Ci si muove sempre meno.
Oggi
Siamo passati in soli 100 anni da una dieta frugale ad una dieta ricca di carboidrati semplici e grassi. Negli anni ’80 (e in molti casi anche oggi) si mangiava carne due volte al giorno. Burro e latticini sono consumati oltre misura e i grassi introdotti sono quasi tutti saturi. I cereali integrali e i legumi sono passati in secondo piano. Le verdure non esistono quasi più, se non al banco del supermercato, relegate a semplice contorno. Le persone si muovono solo quando vanno in palestra, i dati sull’obesità infantile in Italia sono spaventosi. Mangiamo tutti troppo rispetto a quanto bruciamo e male, con eccessi di grassi e di proteine.
Quindi in questo contesto è chiaro che una scelta vegana, per quanto possa suonare drastica e poco attuabile, ha un senso molto elevato: riduce i grassi saturi, riduce le proteine in eccesso e aumenta il consumo di fibre e vitamine.
Siamo adatti ad una alimentazione vegana?
La risposta è senz’altro affermativa e la chiave è anatomica. Il nostro tubo digerente infatti è in grado di trarre il meglio dal consumo di vegetali per diversi motivi:
1) L’intestino vegetariano
Il nostro intestino è spaventosamente lungo: circa 12 metri ben riavvolti nel nostro piccolo addome. Questa lunghezza è ideale per processare lentamente tutti i nutrienti contenuti nei cereali e nei legumi. La nostra saliva è appunto ricca di amilasi, enzima dedito proprio alla scomposizione dell’amido presente in cereali e legumi. Studi recenti sul nostro intestino hanno inoltre visto che la parte più “vegetariana” delle nostre viscere è appunto il colon che si è differenziato notevolmente rispetto a quello dei nostri antenati primitivi (Homo habilis e erectus) rendendoci in grado di processare le fibre attraverso la fermentazione delle stesse da parte del nostro microbiota. La fermentazione della fibra da parte dello stesso è inoltre la chiave per la produzione di acidi grassi a corta catena come l’acido butirrico, importantissimi per proteggere il nostro colon. I nostri enzimi digestivi inoltre sono ideali per l’assorbimento di sostanze di origine vegetale.
2) La dentatura da “erbivoro”
Come possiamo ben vedere, la nostra dentatura non ci da un aspetto da leone (o da gatto): i nostri canini sono davvero irrisori in confronto a quelli dei carnivori. In compenso, abbiamo grossi molari che servono appunto a molare il materiale vegetale e i semi duri.
Queste caratteristiche ovviamente non ci rendono erbivori: gli erbivori hanno altre caratteristiche e noi non potremmo nutrirci di sola erba. L’uomo è un onnivoro e il suo organismo è costruito in maniera tale da processare sia materiale vegetale, sia quello animale. L’abuso però di sostanze di origine animale può andare a compromettere seriamente il nostro sistema digerente e con esso il nostro intero organismo. Il consumo di carne che era già saltuario in era primitiva, ora, con gli adattamenti anatomici che ha subito il nostro corpo negli anni, dovrebbe essere ancora più ridotto.
Riassumendo quindi l’uomo è molto cambiato in questi secoli di evoluzione, sia per la sua attività fisica, che per la sua costituzione anatomica che è diventata sempre più affine ai materiali vegetali e lontana dal consumo di carne. Il consumo di carne tipico dell’era primitiva era compensato da un bruciare molte calorie per la sopravvivenza (correre, termoregolazione, arrampicarsi, camminare) sia da periodi anche lunghi di digiuno. Al giorno d’oggi consumare carne giornalmente non è una scelta sana, indipendentemente dalle vostre motivazioni etiche o dai vostri gusti.
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