Il desiderio di cambiamento e le convinzioni limitanti
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Un percorso di ascolto liberatorio
Le ore di sole iniziano a diminuire, ritorniamo ai nostri impieghi quotidiani, sembra che l’estate stia già volgendo al termine… e con essa quello spazio che ci ha forse permesso di disconnetterci dalla routine di un anno intero. Il contatto con la natura, con il sole, l’acqua, l’incontro con la famiglia e gli amici ci hanno permesso di ricaricare le batterie per entrare rinnovati in un nuovo ciclo.
Nei giorni di rilassamento e di stacco dalla routine quotidiana, a chi non è capitato di ritrovarsi ad avere un dialogo con quella voce interiore che fa il bilancio non solo sull’anno trascorso ma sulla vita stessa? Chi non si è concesso di sognare un altro lavoro, un’altra casa, una relazione diversa, o di migliorare e perfezionare ciò che ha raggiunto finora? Chi non si è immaginato una vita più piena e più felice?
Questa esperienza da una parte ci ha rivelato che ci sono aspetti della nostra vita che hanno un potenziale di miglioramento, e allo stesso tempo che il nostro corpo è dotato di una grande forza che ci può permettere di trovare la determinazione per riprendere il controllo delle nostra vita e per attuare i cambiamenti che desideriamo.
A volte però accade che, una volta tornati a casa, di nuovo immersi nella quotidianità, questa esperienza svanisca nel nulla. Dove è finito quel proposito? Dove è andata a finire quella forza che abbiamo riconosciuto di avere? Potremmo persino avere quella che la medicina comunemente definisce “depressione post-vacanza”. Sembra che né il riposo, né il cambiamento di routine, né la vitamina D che il sole ci ha fornito per rinforzare il sistema immunitario, siano stati sufficienti a sostenere nel tempo quella determinazione al cambiamento che nel profondo di noi stessi desideriamo.
Quelle voci…
L’essere umano è in grado di trovare scuse per quasi tutto. Basta abbassare l’attenzione per ricadere ancora una volta nelle ingannevoli scuse che abbiamo utilizzato le estati precedenti. “Là fuori” ci sarà sempre un ostacolo che ci impedisce di raggiungere ciò che desideriamo: “è tutto troppo difficile, non me lo lasciano fare, non mi capiscono, tutto è contro di me, non importa a nessuno, il mio sforzo non serve a nulla, è impossibile, non valgo niente, sono solo… “.
Queste frasi, che si attivano automaticamente per rafforzare la nostra sensazione di incapacità nel cambiare la nostra vita, fanno parte di una maschera sottile che è andata consolidandosi da tempo immemorabile, ancor prima della nostra stessa esistenza. Per difficile che sia per noi ammetterlo, nella maggior parte dei casi non siamo noi gli autori di questo monologo sabotante. Quando ci troviamo di fronte a una situazione difficile o di fronte a un cambiamento, piccolo o grande che sia, ripetiamo “vecchie frasi” che ci tornano in mente, il cui scopo è quello di proteggerci dalla frustrazione, dalla paura o dalla perdita.
Si potrebbe dire che sono come “incantesimi” che hanno un certo potere su di noi, perché una volta pronunciati ci lasciano senza forza, senza speranza, senza alternative. La rinuncia e la rassegnazione pervadono il nostro corpo e andiamo in “paralisi” fino a quando un nuovo moto dell’anima ci implorerà ancora una volta di uscire da questa “calma incosciente”. Vedendo cosa si nasconde dietro queste frasi, possiamo però tagliare il filo che le sostiene.
Alla ricerca delle radici
Ci sono circostanze esterne che a volte ostacolano il nostro desiderio di cambiamento ma questo non significa che dobbiamo arrenderci senza fare niente. Questi ostacoli ci invitano a generare nuove risorse. Dotarci di grande fiducia, aprirci a nuove strade creative, allargare il cerchio delle relazioni connesse ai nostri progetti e diventare instancabili ricercatori, è un buon punto di partenza.
Ma prima di affrontare gli ostacoli oggettivi, dobbiamo osservare le circostanze interne che sono i veri ostacoli che sabotano i nostri tentativi di cambiamento. Queste voci ci portano in uno stato di lamento e vittimismo, in un circolo vizioso senza via d’uscita.
Il cambiamento inizia con l’essere buoni ascoltatori di noi stessi. Non appena arriva una di queste frasi paralizzanti e sabotanti, dobbiamo scoprire quale credenza la supporta. Dobbiamo chiederci come ci fanno sentire queste parole, da quando le usiamo, da cosa ci proteggono, da quali persone di riferimento le abbiamo sentite in precedenza…
Questo nuovo canale di dialogo con noi stessi apre un cammino di comprensione più autentico e arricchente. Osservare queste credenze ci porta a trovare un nuovo centro di attenzione che a poco a poco ci mostra una luce diversa. Questo ascolto interno non ha la mente come destinazione ma si muove sottilmente verso il centro del nostro cuore.
In questo spazio ampio e talvolta sconosciuto, il tempo tende a rallentare ed iniziamo a venire a contatto con le emozioni che proviamo. Il corpo è nostro generoso alleato e il primo a rispondere al cambiamento della nostra attenzione, offrendoci tutta la memoria cellulare che contiene, sia come vita vissuta che come memorie ereditate.
Ricordi dell’infanzia, momenti di frustrazione vissuti nel nostro ambiente familiare e situazioni di tensione, inizieranno a venire a galla. Le informazioni sono lì, dobbiamo solo fare le domande giuste. Possono anche essere esperienze che abbiamo vissuto di riflesso: potremmo sentire la limitazione dei nostri genitori, la loro paura della vita, la bancarotta di un nostro nonno, il dolore di una perdita inaspettata in famiglia… come se fossero successe direttamente a noi.
Una nuova comprensione
Un filo invisibile di lealtà ci lega al nostro sistema di origine e a delle credenze inamovibili che sono registrate nell’inconscio come iscrizioni sulla pietra. Se loro non poterono, neanche noi possiamo; se non sono stati felici, neanche noi lo saremo.
Se queste esperienze sono state vissute e gestite in modo traumatico, senza dare loro una comprensione più ampia, e sono state messe a tacere con la paura, è qui che risiede il filo per dipanare la matassa di queste convinzioni limitanti. Possiamo ben comprendere che questa lealtà nasce inconsapevolmente dall’amore: noi siamo e facciamo parte del “clan”, e sperimentare un altro sentimento sarebbe un modo per allontanarci da esso.
Molte volte recriminiamo per ciò che non siamo stati in grado di raggiungere o fare, e attacchiamo la nostra famiglia con rimproveri per non averci facilitato una vita migliore. Se osserviamo questa limitazione-denuncia, ci rendiamo conto che ciò che risiede al di sotto di essa è la nostra stessa paura della vita.
In questa osservazione non esiste una biografia migliore o peggiore. Le circostanze e i fatti sono ciò che sono stati. Vederli con accettazione e senza fuggire ci fa ritrovare la forza che è in noi per non scappare. Abbracciare paura, frustrazione e perdita apre un nuovo percorso di consapevolezza, più autentico e reale. Raccogliamo l’esperienza familiare dal punto in cui loro l’hanno lasciata e prendiamone con Amore il controllo per proseguire.
Rivedere un modello di credenze assunte e vedere quali pilastri lo hanno supportato, ci aiuta a intraprendere il percorso con maggiore libertà e senza vincoli. Ci permette di vivere più centrati per sfruttare le infinite risorse che abbiamo. Ci aiuta ad essere più in relazione con la creatività. Ci permette di sognare senza sensi di colpa e di avere il coraggio di agire con il semplice desiderio di sperimentare e imparare. Ci consente una migliore gestione della frustrazione, poiché c’è sempre energia e forza per superare le difficoltà.
La strada è semplice. Tutto inizia con un buon ascolto interno. Il resto si dispiega in modo intelligente per mostrarci ciò che abbiamo davvero bisogno di vedere.
La vita è sempre pronta a dare. Siamo pronti a prendere ciò che ha per noi?
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