Attitudine Mindfulness: imparare ad accettare
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In questo articolo approfondiremo, dopo aver parlato degli ostacoli che ci impediscono di vivere pienamente, uno degli atteggiamenti vitali che la Mindfulness, ci invita a coltivare: la capacità di imparare ad accettare. Forse il fatto che l’accettazione sia una condizione sine qua non per trovare un po’ di pace di fronte a quelle circostanze della vita che non possiamo controllare, che sono poi la maggioranza, non è nuova.
Non è una coincidenza che in questi tempi la parola accettazione sia spesso citata, e che vengano pubblicati molti articoli, video e immagini con frasi che richiamano a questo atteggiamento vitale. È come se dovessimo ricordarci l’un l’altro che ci siamo “persi” lungo la strada e che abbiamo smarrito alcuni atteggiamenti e valori connessi all’arte di vivere. Sicuramente lo sviluppo della ragione ci ha permesso di gestire più efficacemente la quotidianità, ma non siamo piccoli dei che possono controllare “tutto”. Ci sono cose nella vita che sono ancora Mistero e, come tali, sfuggono alla ragione e, naturalmente, al controllo.
La capacità di accettare l’inevitabile è uno dei valori fondamentali della cultura giapponese. La tradizione Zen ha permeato la società giapponese, lasciando una scia di saggezza e chiavi preziose per vivere. Nei tempi attuali, ci arrivano echi di questa saggezza millenaria.
In una società in cui ciò che non va secondo i piani prestabiliti è percepito come un fallimento, non è male ricordare che c’è qualcosa di più grande del nostro piccolo ego. Non è neanche una cattiva strada imparare ad allentare il controllo sulle “questioni della vita”, aprendoci allo stesso tempo alla Fiducia. Alla fine, sappiamo che il fiume della vita traccia il proprio letto…
“Qual è il segreto della tua serenità?”, chiese il discepolo al maestro
“Coopero incondizionatamente con l’inevitabile”
È facile confondere l’accettazione con la rassegnazione, quando in realtà nulla hanno a che fare l’una con l’altra. L’accettazione ci ricorda che possiamo imparare a fluire con la vita, a riconoscere ciò che è nel momento presente. Il non riconoscerlo ci porta alla sofferenza, perché dopo la resistenza a riconoscere ciò che è , c’è una richiesta che le cose siano diverse da ciò che sono.
Accettare non è, quindi, sinonimo di rassegnarsi. Né significa rinunciare a cambiare le cose: possiamo accogliere la vita così come si presenta, e allo stesso tempo intraprendere l’azione che riteniamo necessaria.
L’accettazione ci dice che possiamo disimparare il già noto “percorso neuronale” di “fuga o lotta”. Possiamo imparare a rimanere nella vita, invece di cercare di eluderla, o essere frustrati perché le cose non sono “come volevamo che fossero”. Byron Katie, nel suo libro Amare ciò che è, racconta come ha trovato la via per uscire dalla sua personale follia. Un giorno, improvvisamente, realizzò che era un vero inferno pretendere di cambiare il mondo, credendo che così sarebbe stata più felice. Amare ciò che è significa assentire alla realtà per poi, da questo atteggiamento di accettazione e resa, fare ciò che sentiamo deve essere fatto (o ciò che vogliamo fare). Si tratta di riconoscere la realtà, di dire “sì” a ciò che è, di sintonizzarsi su ciò che è ora così com’è.
Normalmente, questo tipo di accettazione non è qualcosa che accade di colpo, è un processo graduale. L’accettazione suppone allentare e aprirsi a ciò che abbiamo davanti a noi, abbandonare la lotta. Smettendo di lottare con le cose così come sono, scopriamo in noi stessi una maggiore energia per guarire e trasformare ciò di cui siamo diventati coscienti. Dall’accettazione si aprono nuovi percorsi di profonda comprensione. Allenandoci ad accettare, in realtà stiamo dicendo “sì” ad una vita che non è ancorata alla paura, al risentimento o alla rabbia. Dall’accettazione, possiamo vivere con maggiore serenità.
“Soffriamo quando crediamo in un pensiero che è in disaccordo con quello che è. Quando la mente è perfettamente chiara, ciò che è coincide con ciò che vogliamo. Se si desidera che la realtà sia diversa da quella che è, si potrebbe tentare di insegnare a un gatto ad abbaiare e ottenere lo stesso risultato”.
Byron Katie
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