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Playfight è una scoperta recente, resa possibile da alcune sincronie, che ha subito catturato la mia attenzione. Playfight in italiano può essere tradotto come gioco lotta.
Mi interessano tutti i processi che che coinvolgono l’innata saggezza del corpo, l’intelligenza emotiva, il divertimento, il contatto, la consapevolezza e il Playfight riunisce in maniera perfetta queste caratteristiche, così ho deciso di approfondire. Sono entrata in contatto, grazie al caro amico Michele Pierangeli – fondatore di Joydeed – l’ideatore di questa arte, Matteo Tangi, facilitatore di Possibility Management (se volete dare un occhio al suo lavoro potete farlo qui) e ho deciso di partecipare al Playfight Fest che si terrà ad Assisi dal 24 al 26 Agosto.
Cos’è il Playfight?
Playfight è fare la lotta in maniera consapevole e giocosa. È conoscere se stessi e gli altri attraverso l’uso sicuro e responsabile della propria forza. È una maniera di risolvere conflitti e superare paure e limiti attraverso l’uso del corpo fisico, mentale ed emozionale.
Un modo per riscoprirci in qualità di esploratori di noi stessi, dei nostri movimenti, della nostra giocosità e dei nostri conflitti, consapevolmente. Un modo per sviluppare la nostra intelligenza corporea ed emotiva. Per connetterci con l’altr* in un modo autentico e meravigliosamente umano.
Playfight nasce dalla fusione tra la lotta e la mindfulness. La lotta per coinvolgere il corpo e la propria forza in maniera sicura e rispettosa. La consapevolezza per osservare cosa accade a un livello più profondo. Quali emozioni vengono innescate e comprendere come sia possibile giocare (la vita) in maniera differente.
Playfight è una pratica di gruppo. Ci riuniamo in cerchio e, al centro, si pratica il gioco-lotta. In questo modo possiamo entrare in relazione e supportarci a vicenda. Usiamo il gioco della lotta ma non ci sono vincitori, né perdenti. Usiamo la nostra forza ma non ci facciamo del male. Alleniamo il nostro guerriero consapevole per sviluppare la pace interiore.
Come funziona concretamente?
Lo scopo dell’incontro di playfight è di connettersi con l’altro come guerrieri consapevoli. Dopo una breve introduzione e alcuni giochi di riscaldamento comincia l’incontro di Playfight. Ogni incontro dura sette minuti ed avviene al centro di un cerchio di supporto. Ogni Playfighter cercherà di schienare l’altro (mantenere entrambe le scapole a terra per tre secondi contati) quante volte possibile. Durante l’incontro, che va avanti finché il tempo non scade, non si parla. Alla fine dell’incontro vengono scambiate parole di apprezzamento, tra i due combattenti e a seguire il cerchio condivide cosa ha provato.
Perché playfight?
Quando pratichiamo il gioco-lotta, apriamo uno spazio dove possiamo trovare il nostro guerriero interiore. Uno spazio dove l’intenzione è di connettersi con il proprio corpo, la propria forza e il nostro flusso, restando in contatto con il guerriero con cui stiamo facendo playfight.
Il concetto è molto semplice ed è accessibile a chiunque. Probabilmente grazie alla sua semplicità, questo bellissimo rituale ci permette di “sentire” di più e di essere più presenti. Ci dà la possibilità di sperimentare la gioia che proviene dal connetterci allo stesso tempo con la nostra forza, la nostra benevolenza e l’autenticità della persona con cui ci confrontiamo. Se vuoi saperne di più puoi ascoltare l’intervista a Matteo Tangi
I TRE RITUALI DEL PLAYFIGHT
1) L’INCONTRO / THE ENCOUNTER
Ci connettiamo come guerrieri coscienti, all’interno di un cerchio di supporto.
Per dare inizio all’incontro i due “playfighters” si abbassano sulle ginocchia, uno di fronte all’altro. Entrambi si avvicinano lasciando toccare le proprie nocche. Occhi negli occhi dicono “Playfight!”. Questo vuol dire “Sono d’accordo con la regola di non fare del male a me stesso né a nessun altro e sono qui per connettermi consapevolmente con me stess* e con te”. Il gioco inizia: lo scopo è di bloccare a terra le spalle dell’altro giocatore, per almeno tre secondi e quante più volte possibile, finché i 7 minuti del match non siano scaduti. Non ci sono vincitori né perdenti. Il Cerchio assiste in silenzio. Solo alla fine dei sette minuti si applaude per segnare la fine dell’incontro.
2) APPREZZAMENTO / THE APPRECIATION
Ognuno dei due giocatori condivide cosa ha apprezzato dell’altr*. I due playfughters si siedono nel mezzo, uno di fronte all’altro, tenendosi per mano. Daranno testimonianza di ciò che hanno apprezzato uno alla volta. Non sarà un commento generale ma piuttosto personale: “Ti ho apprezzato perché…”. Il cerchio assiste in silenzio. Una volta che l’apprezzamento è stato condiviso c’è un breve applauso.
3) FEEDBACK
Accogliamo la saggezza del cerchio nell’apertura più totale.
Diamo voce al cerchio per condividere cosa si è mosso al suo interno.
Il cerchio, che è rimasto silenzioso per tutta la durata del match, ora può condividere tre feedback. Cosa ho osservato, cosa ho sentito, cosa ho apprezzato, cosa mi ha toccato.
No ai suggerimenti, né ai consigli o brevi conversazioni, parlo per me e di cosa ho sentito.
I playfighters ringaziano ogni feedback ricevuto e poi tornano nel cerchio.
Una nuova sessione può avere inizio.
Al Playfight Fest in programma ad Assisi ci saranno degli spazi ad hoc per molteplici scopi:
– Lab: spazi dedicati ad esplorare, sperimentare e contaminare la pratica del Playfight
– Intensivi: dove Matteo Tangi, l’iniziatore del Playfight, ci guiderà in diverse dinamiche riguardanti questa pratica e la nostra rivoluzione interiore.
– Momenti Conviviali: per socializzare, condividere un massaggio o proporre qualcosa all’intero gruppo.
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