FoodNotBombs: “Così combattiamo gli sprechi e offriamo cibo a chi non ne ha”
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Torino - Erano gli anni ’80 quando alcuni attivisti statunitensi impegnati per la pace davano vita al movimento FoodNotBombs. L’obiettivo? Distribuire cibo caldo e vegetariano a tutte le persone che ne hanno bisogno, dimostrando pacificamente ed attivamente contro la povertà, la mancanza di alloggi e la iper produzione.
Con le sue azioni il movimento vuole attirare l’attenzione sul fatto che globalmente il sistema politico ed economico non risponde ai bisogni delle persone meno abbienti. Negli Stati Uniti ed in altri Stati, come in Italia, conviviamo con una produzione eccessiva che porta ad un immenso spreco di risorse. Una grande parte delle persone che si trovano in una situazione di grave povertà potrebbe vivere con gli scarti della parte di popolazione che vive nell’eccesso: un paradosso ormai assodato e spesso passivamente accettato.
Che fare, allora? Provare a risvegliare le coscienze partendo da un’azione concreta e da un’idea semplice, come quella di FoodNotBombs.
Dalla sua nascita il movimento si è diffuso in tutto il mondo e oggi conta oltre mille gruppi attivi in tantissimi Paesi. Abbiamo intervistato Andrea, promotore del collettivo nato nel 2016 a Torino.
Com’è nato e come si è diffuso il movimento FoodNotBombs?
Tutto è nato negli Stati Uniti dalla volontà di combattere gli sprechi. L’iniziativa si è poi diffusa in molte altre parti del mondo, soprattutto nei paesi anglofoni. Non ci sono molte regole prestabilite quindi ogni collettivo, o “capitolo” come viene definito, adatta le azioni da compiere in base al contesto. Si può passare ad esempio da un approccio strettamente vegano ad uno vegetariano, da criteri rigidi ad una maggiore flessibilità. Il principio di base è quello di recuperare il cibo per offrirlo a chi ne ha bisogno. La scelta di offrire piatti vegetariani e vegani è giustificata sia da ragioni etiche che da motivazioni pratiche: il cibo viene raccolto principalmente nei mercati e qui si trovano essenzialmente frutta e verdura.
Come sei venuto a conoscenza di questo movimento e quando hai deciso di portare l’iniziativa a Torino?
Ho abitato per un periodo a Budapest e lì ho conosciuto il collettivo di FoodNotBombs locale, che è una realtà molto grande. Rientrato in Italia ho deciso, poco più di due anni fa, di portare l’iniziativa nella mia città, cioè Torino.
Come funziona il recupero del cibo e la distribuzione a Torino?
Al momento la nostra attività principale si concentra in due weekend al mese e consiste nel recarci nei mercati di piazza Barcellona e piazza Benefica, che si trovano nella zona di San Donato. Lì il sabato pomeriggio recuperiamo l’invenduto e gli scarti, più il cibo che ci regalano i commercianti che ormai ci conoscono. La domenica pomeriggio nel circolo Arci che attualmente ci ospita cuciniamo il cibo recuperato. La preparazione dura circa cinque ore. La domenica sera poi distribuiamo i pasti preparati attraverso due modalità: c’è sempre un gruppetto di persone che parte a piedi verso il centro cittadino dove si trovano in strada tanti homeless mentre un altro gruppo con due o tre macchine distribuisce il cibo nei dormitori comunali.
Perché le vostre attività si concentrano nel fine settimana?
È durante il weekend che gli homeless hanno maggiormente bisogno del nostro supporto, considerato che il sabato e la domenica il lavoro delle mense comunali è ridotto. Ci capita la domenica sera di offrire il pasto a persone che non mangiano da un giorno e mezzo.
Quante persone partecipano a queste attività?
Non c’è una struttura o un’organizzazione rigida e non seguiamo un piano ben definito. E forse anche per questo l’idea funziona: la gente non si sente obbligata a fare nulla. Ad ogni modo, solitamente ogni weekend partecipano alle varie attività (dalla raccolta alla distribuzione finale) circa 40/50 persone. Tutti i nostri eventi sono aperti e visibili sulla nostra pagina Facebook quindi chiunque può trovare le informazioni e unirsi.
Collaborate con altre associazioni?
Abbiamo l’aiuto materiale dei venditori del mercato e del circolo Arci che mette a disposizione gratuitamente la propria cucina e lo spazio. A parte questo, saltuariamente organizziamo alcune iniziative in collaborazione con altre realtà di Torino. Siamo stati poi invitati dall’università a parlare di questo progetto.
Che riscontro sta avendo questa iniziativa?
Assolutamente positivo sia per quanto riguarda la collaborazione dei mercati sia per quel che concerne le azioni rivolte ai beneficiari dell’iniziativa. Infatti, in linea con l’approccio di FoodNotBombs, incentrato sulla solidarietà piuttosto che sulla carità, oltre ad offrire il cibo a chi ne ha bisogno cerchiamo di coinvolgere gli homeless nelle nostre attività e quindi li invitiamo a partecipare alla raccolta e alla preparazione del cibo. La scorsa domenica, ad esempio, abbiamo organizzato un pic nic e abbiamo invitato anche le persone senza tetto. Nel nostro piccolo cerchiamo di offrire quindi anche opportunità di inclusione e socialità.
Cosa serve per replicare l’iniziativa in altre zone?
Come detto prima, ci sono poche regole prestabilite e non vi è uno schema rigido da seguire. In ogni caso sul sito di FoodNotBombs è possibile trovare alcuni consigli pratici e indicazioni utili per iniziare l’attività.
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