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Parma - Lentezza. Già pronunciata la parola produce un naturale ritmo cadenzato. Ed è proprio su questa accezione di cambiare ritmo e allinearsi con quelli lenti della natura che il Festival della Lentezza è nato. Giunto alla quarta edizione, ogni anno anima per tre giorni i cortili e il giardino della maestosa Reggia di Colorno (PR).
Il tema perno di quest’anno è stato coltivare, come definito dal direttore artistico e coordinatore dell’Associazione Comuni Virtuosi Marco Boschini “coltivare la cultura, la terra, la bellezza, la libertà, la fantasia”.
Coltivare le parole. Mai come in questa edizione gli incontri, le attività hanno offerto spunti di riflessione, cullando le parole. Conferenze, attività, musica. Giornate davvero piene, in cui come da un cesto pieno di ciliege mi sono ritrovata a seguire un evento dopo l’altro con la stessa golosa curiosità.
Ho avuto modo di conoscere la storia straordinaria dell’artista palestinese Nidaa Badwan che in 25 autoscatti ha risposto con l’arte alla violenza e oppressione affermando il suo essere donna, artista e soprattutto libera.
Altro momento interessante è stata la presentazione del libro “La rivoluzione delle api” curato e scritto da due giovani giornaliste Adelina Zarlenga e Monica Pelliccia. Il libro “nasce da un reportage giornalistico tra Italia e India, dove abbiamo raccontato storie di apicoltori e apicoltrici, contadine e agricoltori, che usano le api per innescare una rivoluzione nella produzione del cibo e renderla più sostenibile”.
Un’inchiesta nata con la realizzazione del documentario Hunger for Bees. “Quello che vogliamo raccontare con queste storie di speranza – mi spiega Monica – è come l’apicoltura possa essere una soluzione sostenibile per aumentare la produzione di cibo senza pesare sull’ecosistema già in difficoltà”.
Quindi storie concretamente positive, tra cui anche la nascita con posa del primo melo limone, del Bosco del Tempo, uno spazio verde con i frutti dimenticati, un luogo di comunità dove i meno giovani ritroveranno i gusti di frutti ormai scomparsi e i più giovani potranno scoprirli, perché la lentezza è alla base della biodiversità.
Non è mancata la musica nel microcosmo della Reggia, tanti gli appuntamenti che hanno fatto anche da sottofondo alle corse e i giochi dei bimbi.
Bella l’intervista del giornalista Ernesto Assante a Samuele Bersani , ispirato da sempre dalla lentezza nella sua produzione musicale. Il cantautore si è raccontato con aneddoti personali ripercorrendo i suoi 25 anni di carriera. “Sono nipote di un contadino, che non aveva niente in casa, aveva una televisione che fischiava e il resto del tempo era scandito dalla nonna che preparava, si mangiava, si andava a letto molto presto. E questa lentezza, che può essere tradotta in noia, è fondamentale per come sono oggi, per come sono stato in questi 25 anni. La noia è necessaria perché ti fa reagire, la voglia di creare mi è nata perché mi stavo tanto annoiando in quelle estati”.
A chiudere il festival sono state le note terrose del trombettista Paolo Fresu.
Mi piace concludere questa mia esperienza con una frase del professor Duccio Demetrio: “Facciamo in modo che la vita diventi riflessione”.
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