La sindrome dell'intestino irritabile: tra emozioni, cibo e neuroni
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Sono certa che se facessi un sondaggio verrebbe fuori che molti di voi sentono avere dei problemi intestinali: stitichezza, colite, meteorismo, diarrea cronica, gonfiore… Spesso, dopo una breve ricerca online, ci si imbatte subito nella, ormai famosa, “sindrome del colon irritabile”.
Cos’è la sindrome del colon irritabile
La sindrome del colon irritabile (o IBS in inglese) è una sindrome che presenta sintomi nelle funzioni intestinali: alterna diarrea a stitichezza, meteorismo, gonfiore, flatulenza, muco nelle feci e simili. Questi sintomi sono in comune con molte altre patologie ben più serie che è sempre bene escludere prima di fermarsi alla diagnosi di IBS. È stato visto che circa il 20% della popolazione ne soffre, ma solo in pochi si rivolgono al medico. I sintomi sono spesso molto netti, ma altre volte possono essere confusi e contraddittori: per questo è sempre meglio rivolgersi ad un medico per la corretta diagnosi!
La sede che interessa questa condizione è la parte terminale dell’intestino: il colon, la parte dove avviene il riassorbimento dell’acqua e il compattamento delle feci. È una parte molto più muscolosa, longilinea e larga rispetto all’intestino tenue ed è ricchissima di flora batterica “amica”. Visto il suo compito, capiamo subito che in caso di problemi sarà proprio la consistenza delle feci a risentirne. Infatti per capire se abbiamo questa sindrome si parte dalle proprio da loro: hanno molto da dire su come sta il nostro intestino!
Sintomi del colon irritabile
– feci con scariche frequenti a seguito di dolore addominale
– diminuzione del dolore addominale dopo la defecazione
– senso di evacuazione incompleto
– sensazione di gonfiore
– meteorismo
– muco nelle feci
Dal punto di vista strettamente fisiopatologico la IBS ha molte teorie e poche certezze: non va a creare modificazioni della mucosa intestinale, anche se di recente sono emersi degli studi che riferiscono la presenza di focolai infiammatori nel colon delle persone affette. Questo potrebbe far riclassificare l’IBS come una patologia infiammatoria. Recentemente gli studiosi Gibson e Sheperd della Monash University di Melbourne hanno ipotizzato che i dolori addominali siano dovuti alla dilatazione dell’intestino a causa di gas prodotto dalla fermentazione di determinati alimenti dalla flora batterica del colon.
Certamente c’è ancora molto da studiare e da scoprire sull’IBS. Sicuramente questa condizione a lungo andare va a causare una forte infiammazione alla mucosa intestinale con conseguente alterazione della normale flora batterica peggiorando sempre più la sintomatologia.
La connessione emotivo-psicosomatica
Molto spesso questi problemi, per quanto invalidanti e noiosi, sono tenuti nascosti e non condivisi con il medico come fosse qualcosa di cui vergognarsi o, come molti di voi credono, disturbi psicosomatici. La psiche sicuramente influisce molto sull’attività del nostro intestino e scienze come la psicosomatica (quale branca della psicologia clinica) nascono proprio per spiegare queste connessioni.
Dal punto di vista psicosomatico, il problema del colon irritabile è legato al tema dell’autostima/indecisione: la persona tipicamente affetta da questo disturbo è infatti sempre indecisa tra il fare e il non fare una determinata cosa, che si riflette a livello intestinale in continui oscillamenti tra diarrea e stitichezza. Molto spesso sono persone che soffrono molto il giudizio altrui ed è per questo che “non sanno come comportarsi” per essere accettati. Questo li rende insicuri e titubanti, anche se magari questo non traspare nei loro comportamenti manifesti.
Questo approccio è sicuramente interessante e fonte di riflessione, ma molto spesso non riusciamo a risolvere questo problema con la sola psicosomatica e in quel caso rassegnamoci: la motivazione non è psichica!
Poi c’è il fattore “stress”: quante volte vi siete sentiti ripetere questa cosa? “Hai l’intestino scombussolato per colpa dell’esame, dello stress, del lavoro ecc…”. A supporto di tale tesi è stato visto che esiste un legame molto profondo tra intestino e gestione dello stress: in particolare esiste il cosiddetto “asse intestino-cervello” che ha una rete neurale molto fitta di connessione tra i nostri due cervelli.
Alla fine non siamo così lontani dal nostro antenato primitivo nel quale un controllo dell’attività intestinale in caso di pericolo era un vero salvavita: alla vista del leone automaticamente svuotava l’intestino per correre più veloce (niente di così lontano dalla classica scarica di diarrea pre-esame!) Il problema è che per anni la scienza medica si è arenata all’equivalenza IBS=stress/nevrosi!
Questo binomio è inoltre alimentato da tante credenze mediche che sminuiscono il sintomo gastrointestinale della persona che lo lamenta: molti mal di pancia sono cassati dagli stessi medici come “mentali”.
E se il problema non fosse solo mentale?
Ultimamente si è ipotizzato che la motivazione della sindrome dell’intestino irritabile sia dovuta ad una disfunzione della rete neurale che avvolge il nostro intestino (il famoso secondo cervello!): in pratica questi neuroni potrebbero in alcune persone presentare dei difetti che vanno a creare le varie problematiche funzionali (diarrea, muco, meteorismo ecc). Il problema di questa teoria è che per provare che sia effettivamente così, si dovrebbe fare un bel buco nell’intestino di qualcuno, rischiando una perforazione completa: nessuno si sottoporrebbe a tale test per un problema di colon irritabile!
I rimedi per l’intestino irritabile
Innanzitutto partiamo dall’idea di irritazione intestinale: se la mucosa si irrita va a generare una serie di sintomi spiacevoli tipici dell’IBS. Il nostro intento sarà dunque quello di calmare la mucosa e bloccare l’irritazione. I nostri alleati saranno quindi:
Gemmoderivato di mirtillo rosso: ideale per riportare la pace nell’intestino irritato, aiutarlo a svolgere le sue funzione e contribuire al ripopolamento di una flora batterica sana.
Omega 3: acidi grassi antinfiammatori, ne sono ricchi i semi oleosi e l’olio di semi di lino.
Piante mucillaginose: come la Malva o l’Altea che grazie a sostanze dette mucillagini formano un gel protettivo per le mucose intestinali.
Fermenti Lattici: senza lattosio e molto numerosi, ricreano un pH ideale nel colon e combattono l’infiammazione.
Nella mia pratica ho visto che già questo basta a risolvere i casi meno gravi. In caso di problemi più ostici, tutto questo dev’essere fatto in concomitanza con una dieta ideale.
La dieta per l’intestino irritabile: low FODMAP
La dieta al momento più studiata per risolvere questa problematica è la LOW FODMAP studiata da Gibson e Sheperd della Monash University di Melbourne (quelli che nel primo capitolo ipotizzavano la dilatazione intestinale del colon dovuto alla fermentazione di determinati alimenti). FODMAP sta per Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols ossia Oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili. In pratica a Melbourne sono stati testati in laboratorio moltissimi cibi per valutarne la capacità fermentativa da parte dei batteri del colon: più sono fermentabili, più fastidio creeranno in una sindrome IBS.
Questi test hanno permesso di dividere tutti gli alimenti in base al loro contenuto di FODMAP. Sono elenchi in continua evoluzione e l’università Monash ha creato un’apposita app che consente alle persone che scelgono questa dieta di rimanere sempre aggiornati sui cibi testati.
La dieta si basa quindi su diverse fasi:
– Nella fase di eliminazione si eliminano tutte le sostanze ad alto contenuto di fodmap per un periodo dalle 6 alle 12 settimane.
– Nella seconda fase si reintroducono un gruppo alla volta (in base alla sensibilità individuale) e per gradi.
Questo permette all’intestino di mettersi a riposo e limitare le reazioni negative in caso di introduzione di un cibo ad alto FODMAP. In particolare è stato visto che dopo la reintroduzione, se fatta in maniera corretta, la tolleranza intestinale ad alimenti ad alto contenuto di FODMAP è molto maggiore rispetto a prima permettendo il consumo occasionale di diversi prodotti ad alto FODMAP.
Per seguire questa dieta è sempre necessario l’accompagnamento di una figura professionale competente, soprattutto per le fasi delicate della reintroduzione.
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