7 Mag 2018

La prima tappa di “Siamo fatti per questi tempi?”

Scritto da: Daniela Bartolini

“Siamo fatti per questi tempi?” Il percorso di riflessione condivisa proposto dalle agenti del cambiamento Monica Smith e Maya Cristiano, ha affrontato il primo sentiero di Italia che Cambia, quello dedicato alla Persona. Ecco il racconto dell’incontro... con l’invito ad unirsi al prossimo.

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Torino - ”Dopo il primo incontro introduttivo, ci siamo ritrovati intorno al tema della Persona, prima tappa dei Sette Sentieri di Italia che Cambia.
Abbiamo mosso così i primi passi del nostro percorso, fatto di domande che si susseguono, di silenzi, di squarci di orizzonte inaspettati che si aprono” racconta Maya che insieme a Monica ha ideato e conduce questi incontri di riflessione condivisa ispirati alle pratiche filosofiche.

Siamo fatti per questi tempi prima tappa

“Monica ed io arriviamo in bottega mezz’ora prima, prepariamo il materiale e lo spazio.
Piano piano i partecipanti cominciano ad arrivare e ogni volta che si apre la porta c’è un po’ di sorpresa e di curiosità. Scegliere di dedicare del tempo alla riflessione, decidere di offrirsi questa possibilità non è mai scontato.
Ogni incontro contiene in sé qualcosa di speciale.

Ci disponiamo in cerchio, ci sorridiamo, ci apriamo all’incontro di temi e nuove persone… e abbiamo già fatto un piccolo pezzo di strada.
Cominciamo con la lettura di Siamo fatti per questi tempi?, di C. P. Estés. L’abbiamo scelto come un rito di inizio che scaldi il cuore e ci aiuti a tenere presente la domanda centrale di tutto questo cammino.
Poi leggiamo a turno un brano del testo scelto, questa volta tratto dall’introduzione a Non ti riconosco, Un viaggio eretico nell’Italia che cambia, di Marco Revelli. Rimaniamo in silenzio, ci lasciamo interrogare da una parola o una frase che in noi risuona particolarmente. La culliamo per qualche minuto al caldo, tra i nostri pensieri e le nostre emozioni.

E poi iniziamo la condivisione e parola dopo parola, frase dopo frase ritroviamo sulla lavagna la traccia di nuovi stimoli, che ci portano aldilà del pensiero che avevamo concepito individualmente. Attraversiamo ponti, andiamo in una direzione, poi ne sperimentiamo un’altra.
Ci lasciamo accompagnare nei primi momenti, ma presto ci accorgiamo che a turno tutti diventiamo guide, ogni nostra parola può aprire il varco per un nuovo sentiero.

Non ti riconosco ci aiuta a riflettere sulla dicotomia riconoscimento/straniamento, per poi farci intravedere ciò che consegue lo smascheramento del già noto e del familiare.
Cosa succede se la geografia della nostra città cambia e i paesaggi, da rassicuranti, diventano minacciosi?
Tutti ci ritroviamo sul concetto di altre possibili mappe, diversa prospettiva, diversa verità, la fine è già l’inizio.
Facciamo invece un po’ di fatica a misurarci con concetti come perdersi nel già noto, smascheramento, smarrimento, sotto lo strato di polvere, amianto e cemento.
Li conosciamo questi concetti, con il vissuto di cui sono intrisi, ma in un primo momento vorremmo aggirare questo passaggio.
Non vorremo attraversarla quella tangenziale con intorno spazi grigi e anonimi. Vorremmo avercela già a portata di mano la mappa nuova che ci parla di altre possibilità, di soluzioni inedite.
Poi, lentamente, ci accorgiamo del senso che ha fermarsi a cercare cosa si può trovare sotto lo strato di polvere.
Sotto il cemento e l’amianto.
Ci accorgiamo che prima ancora di immaginarli come nuove opportunità di rigenerazione urbana, i vecchi capannoni industriali e tutti i non luoghi che ci circondano, sono li a far memoria. Monumenti di un’epoca appena trascorsa, la cui conclusione non è ancora universalmente compresa, interpretata e accettata.
Noi invece vogliamo soffermarci un po’.
E solo dopo, allora, i nostri sguardi iniziano a scorgere piccole piantine verdi che sotto quegli strati crescono”.

C’è forse più verità in quelle travi rugginose, nelle finestre spente dei capannoni dismessi, nell’erba incolta dei vuoti industriali, nelle terre di nessuno e nei mille abbandonati di oggi, che nei tronfi piani di sviluppo drogato di ieri”, è con questa citazione dal testo che Monica e Maya concludono la condivisione del vissuto di questa seconda tappa del percorso Siamo fatti per questi tempi?.

Un’arrivederci al prossimo incontro, che sarà il 17 maggio sul tema Educazione. Questa volta accompagnati da un brano tratto da Insegnare a vivere,  di Edgar Morin.
Un percorso che parte dalla riflessione sui tempi che stiamo vivendo, tempi che presentano continue sfide che richiedono nuove soluzioni. Soluzioni originali per una transizione verso una società più equa, giusta e sostenibile.

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