“Dieci storie proprio così. Terzo atto”. Racconti sulla legalità a Torino
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Torino - “Dieci storie proprio così. Terzo Atto” è parte integrante del progetto sperimentale “Il Palcoscenico della legalità” che nasce dalla progettualità tra Giulia Minoli, co-fondatrice di Co2 e Paolo Siani, fratello di Giancarlo Siani, giornalista vittima della Camorra. L’iniziativa nasce inizialmente sotto forma di spettacolo, consolidandosi successivamente in attività nelle scuole sul tema dell’educazione alla legalità. Queste ultime sono rivolte ai ragazzi dai 14 ai 18 anni e si sviluppano in laboratori gestiti ed organizzati in cooperazione tra attori e ricercatori universitari, che hanno saputo unificare la tecnica teatrale insieme ad attività di stampo didattico.
Obiettivo dei laboratori è quello di dare vita ad una riflessione comune in materia di legalità e criminalità organizzata, attraverso un coinvolgimento diretto con coloro che conoscono da vicino la realtà legata al tema delle mafie, quali i familiari delle vittime, i testimoni, le associazioni ed i soggetti protagonisti di storie di riscatto sociale.
L’iniziativa ha quindi come obiettivo quello di far interagire teatri, scuole, università, istituti penitenziari minorili e società civile, al fine di creare una maggior conoscenza e consapevolezza sul tema della legalità nelle sue molteplici forme, stimolando la riflessione sulla responsabilità che ognuno di noi ha.
“Dieci Storie proprio così. Terzo Atto”, racconta proprio quelle storie che, percorrendo l’intera Italia da nord a sud, rappresentano le esperienze di chi la mafia l’ha conosciuta di persona. Sono storie di paura, sofferenza difficoltà, ma anche di coraggio, di lotta e ribellione. Attraverso il contatto diretto tra gli attori ed i protagonisti delle storie, si racconta il vissuto di persone che seppur lontane e diverse tra di loro, scelgono di agire o meglio, reagire, condividendo la medesima forza; è la storia del procuratore torinese Bruno Caccia ucciso dalla ‘ndrangheta nel nord Italia e delle sue figlie Paola e Cristina che hanno deciso di far rivivere la memoria del padre dopo molti anni; è la storia di Gabriella Augusta Maria Leone e del suo impegno politico come Sindaco di Leinì, Comune vittima di infiltrazioni mafiose; è la storia di TorPiùBella, associazione romana attiva nel campo della rigenerazione urbana e sociale del quartiere di Tor Bella Monaca, soggetto per lungo tempo ad infiltrazioni mafiose di criminalità organizzata; è la storia di Gaetano Saffioti, imprenditore edile calabrese che dopo anni di oppressione, rivendica la sua emancipazione dalla criminalità di stampo mafioso; è la storia di Cortocircuito, associazione culturale antimafia di Reggio Emilia composta da studenti universitari che, grazie alla diffusione pubblica di reportage da loro stessi prodotti, ha portato a galla dinamiche mafiose radicate nel territorio.
Quelli citati sono soltanto alcuni degli esempi virtuosi, le cui storie sono state raccontate e rappresentate sul palco dagli attori che, con le loro interpretazioni, sono riusciti a coinvolgere e far immedesimare lo spettatore nelle diverse esperienze raccontate.
Lo spettacolo è considerato un vero e proprio strumento di indagine e di trasformazione sociale: “Abbiamo utilizzato storie, riflessioni e archetipi umani che sintetizzano la complessità di un problema che non può più essere affrontato tracciando con sicurezza una linea di demarcazione tra chi è contaminato e chi non lo è”, affermano gli autori. Si tratta di persone che decidono di condividere la loro esperienza facendone un’arma di difesa a favore della società e allo stesso tempo di attacco alla criminalità organizzata, all’omertà e alla paura.
Lo spettacolo si è infine concluso con un dibattito che, nei vari giorni della rappresentazione teatrale, ha visto sul palco importanti personalità che combattono tuttora le mafie sul nostro territorio e che si impegnano attivamente nell’ambito della legalità, come Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte ed il professore Rocco Sciarrone direttore di LARCO-Laboratorio di Analisi e Ricerca sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Torino.
Lo spettacolo nel complesso racconta le esperienze di chi ha conosciuto la mafia direttamente ed indirettamente, rappresenta un intreccio di storie variegate che stimola il confronto tra il legale e l’illegale, la libertà e l’oppressione, l’onestà e la criminalità. Lo spettacolo vuole creare uno spazio di riflessione intorno a coloro che scelgono ogni giorno di rischiare, di opporsi e di dare vita ad un cambiamento. Le parole delle autrici risuonano: “vogliamo raccontarvi un’Italia poco conosciuta: il sindaco che combatte le logiche mafiose che intossicano la sua città, il commercialista che contrasta il rapporto tra aziende e denaro sporco, il giornalista, il collaboratore di giustizia, il testimone. Vogliamo farvi conoscere le strategie di impegno di un gruppo di liceali, la sfida di alcuni imprenditori, vogliamo mostrarvi un’Italia viva: aziende, università, comunità che ci propongono un modo diverso di concepire le risorse economiche e gli spazi comuni.”
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