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Non arrivano buone notizie dalla campagna di monitoraggio delle acque effettuata dall’ISPRA per rilevare la presenza di pesticidi. Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale pubblicato in questi giorni, il livello di contaminazione è in aumento ed è risultato sopra i limiti in un quarto dei siti sottoposti alla ricerca.
Il glifosato è uno dei pesticidi più presenti. Nei nostri corsi d’acqua e nelle falde acquifere più profonde questo composto chimico supera gli standard di qualità nel 48% dei casi, ma anche sostanze messe al bando dalle nostre campagne più di 20 anni fa (come l’atrazina) continuano a girare indisturbate e – evidentemente – ad essere utilizzate nonostante gli impedimenti di legge.
Ciò che resta più preoccupante nei dati, è l’aumento negli anni: nel 2016 i pesticidi risultavano presenti nel 64% dei casi, mentre nell’ultimo ciclo di controlli sono state trovate tracce di pesticidi nel 67% dei punti monitorati – circa due milioni in totale – nelle acque superficiali. Nelle acque sotterranee la presenza rilevata è minore ma pur sempre in aumento rispetto agli anni precedenti, qui fertilizzanti e fitofarmaci sono stati trovati nel 33,5% dei punti analizzati contro il 31,7% che risultava dal rapporto 2013-2014.
Secondo le mappe del rapporto ISPRA la maggiore concentrazione di criticità si trova nella pianura padano-veneta, ma i dati geografici devono essere considerati parziali perché il monitoraggio a sud ha presentato maggiori difficoltà. Dalla Calabria non sono stati inviati dati, dalla Puglia ne sono arrivati pochissimi e in generale la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta forti ritardi. In Friuli Venezia Giulia, nella provincia di Bolzano, in Piemonte e nel Veneto la presenza di pesticidi è molto più diffusa del dato nazionale e – a livello superficiale – le acque sono risultate inquinate nel 90% dei casi; in Emilia Romagna e Toscana nell’80% mentre in Lombardia e nella Provincia di Trento in oltre il 70% dei punti monitorati. Per quanto riguarda le acque sotterranee i dati più preoccupanti riguardano il Friuli Venezia Giulia (81%), il Piemonte (66%) e la Sicilia (60%).
Da questo quadro allarmante emerge però anche un aspetto positivo: le vendite dei prodotti fitosanitari hanno subito in agricoltura un calo significativo, pari al 36-37% tra il 2003 e il 2016. Nonostante una lieve ripresa negli ultimi due anni, il dato è comunque incoraggiante e va nella direzione di quella che è l’unica soluzione, ossia il progressivo abbandono dei pesticidi.
La notizia della messa al bando di tre neonicotinoidi molto dannosi per le api annunciata poche settimana fa conferma un trend positivo e una presa di coscienza dei danni causati da questi prodotti, ma gli sforzi per ridurre l’uso di agenti chimici nell’agricoltura devono continuare per il bene dell’ambiente e per la salute di tutti.
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