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Prosegue l’originale percorso di riflessione condivisa ispirato alle pratiche filosofiche ideato da Maya Cristiano e Monica Smith. Dopo l’incontro introduttivo del 22 marzo si muovono i passi lungo il primo dei sette sentieri dell’Italia che Cambia.
Sentiero 1: la persona
“Da cosa partire se non da noi stessi? Lo sviluppo della persona e dei suoi talenti naturali è un aspetto fondamentale del cambiamento, l’unico in grado di garantire la consapevolezza necessaria per intraprendere qualsiasi iniziativa. Per questo motivo non possiamo non partire da punti fondamentali come:
Il riconoscimento dell’essere umano come valore inestimabile
L’armonizzazione fra corpo, mente e spirito
Il riconoscimento dell’importanza della cultura, dell’arte, dell’artigianato come un’attività fondamentale per lo sviluppo di una piena consapevolezza personale e sociale
La necessità di una diversa valorizzazione del tempo libero. Un tempo liberato da impegni costantemente prefissati che permetta alle persone di decidere liberamente del proprio agire
Lo sviluppo di una consapevolezza individuale che miri ad annullare gli impatti dannosi diretti o indiretti del proprio agire su popolazioni, ecosistemi e culture”
Queste le parole che Italia che Cambia ha scelto per descrivere questo primo, imprescindibile sentiero.
Spaesamento/Riconoscimento
“Non so più chi sono – mi aveva detto attraverso il tavolo – forse nemmeno dove sono. E il suo sguardo era come se venisse da una distanza infinita. Insuperabile”.
Sarà il testo di Marco Revelli ad avviare la riflessione condivisa sul sentiero “persona” giovedì 19 aprile alle ore 20 presso la Bottega Equamente di Torino (via F.lli Vasco, 6b/angolo Via Verdi).
Siamo fatti per questi tempi?
Ma facciamo un piccolo passo indietro per raccontare come si è svolto il primo incontro introduttivo e scoprire il metodo che guiderà tutti gli incontri. “Dopo una presentazione del progetto di Italia che Cambia e del senso della nostra iniziativa in particolare, ci siamo chiesti insieme: “Siamo fatti per questi tempi?”. Lo abbiamo fatto leggendo la lettera di Clarissa Pinkola Estés da cui abbiamo tratto la domanda, un breve testo molto poetico, ma allo stesso un invito all’azione e alla concretezza. Questo preambolo ha aperto uno spazio di condivisione nello spirito che desideriamo continui ad animarci nel percorso attraverso i Sette Sentieri di Italia che Cambia: la ricerca di un dialogo che vada oltre i ‘monologhi collettivi’ a cui siamo fin troppo assuefatti- raccontano Monica e Maya – Come spunto abbiamo usato un breve testo di Serge Latouche, tratto dall’introduzione al suo libro intitolato Limite. Seduti in cerchio, tutti abbiamo letto a turno una frase del testo, così da iniziare ad abituarci ad intrecciare le nostre voci.
Poi ci siamo dati qualche minuto di silenzio per raccogliere individualmente le impressioni suscitate dalla lettura e scegliere una parola o una frase che abbiamo poi riportato su una lavagna. In un primo momento le abbiamo semplicemente elencate, senza commentarle. Via via abbiamo potuto osservare l’intrecciarsi dei concetti, come una trama che si stende.”
“Siamo riusciti ad andare oltre il semplice motivare le nostre scelte. Le frasi sono diventate domande aperte e allora abbiamo aggiunto i punti interrogativi. Pensare insieme ad alta voce, mettere a nudo il filo del nostro ragionamento per poi intrecciarlo con gli altri così da creare un tessuto nuovo, che cresce sotto i nostri occhi e che è molto di più della somma delle idee. In breve, siamo andati con facilità oltre il testo, pur senza perderne il significato, così che le parole stampate hanno preso vita uscendo dalla loro fissità.
Questa metodo di pensiero condiviso ha permesso ad ogni persona del cerchio di esprimere qualcosa di proprio. L’atmosfera che si è creata ha fatto si che i pensieri espressi diventassero più personali e meno astratti e le risposte emergessero dal ragionamento collettivo.
Abbiamo individuato parole tabù, prospettive limitanti, bellezza rimasta disattesa. Ci siamo chiesti se sia ancora possibile che le cose vadano spontaneamente per il verso giusto. Se sia possibile fidarsi del fatto che a dispetto del senso comune, il buon senso è sempre pronto ad emergere da sotto lo strato di asfalto normalizzante.”
“In conclusione possiamo dire che tornare a scoprire insieme il senso delle parole le ha trasformate in semi, in concentrati di nuovo potenziale, vitale per il cambiamento.”
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