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Ha superato le 138.000 firme la petizione lanciata in rete a marzo per chiedere al MIUR-Ministero della Pubblica Istruzione, all’Assessore all’Istruzione della provincia di Brescia e agli Assessori all’istruzione di tutte le province e regioni d’Italia di non autorizzare né promuovere incontri sul tema della caccia nelle scuole italiane.
All’origine della petizione c’è, da una parte, l’iniziativa del Consorzio Armaioli Italiani (Conarmi) che ha sede a Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia – terra nota a livello globale per le produzioni armiere e le tradizioni venatorie plurisecolari – di proporre alle suole incontri riguardanti l’attività venatoria e la figura del cacciatore e, dall’altra, la decisione presa dall’Istituto Comprensivo di Gardone Val Trompia di autorizzare tali incontri con le classi terza, quarta e quinta elementare.
Dopo i primi incontri degli alunni con due cacciatori, che hanno portato in aula cani da caccia, un libro di favole e animali imbalsamati (e niente armi) e hanno spiegato in cosa consiste l’attività venatoria, genitori e animalisti di tutta Italia si sono mossi lanciando e firmando la petizione online che chiede al Ministero dell’Istruzione di non autorizzare incontri su questo tema nelle scuole italiane.
Nel frattempo, il sindaco di Gardone Val Trompia, Pierangelo Lancelotti, difende l’iniziativa Conarmi: “Non parlate di lezioni di caccia. Il progetto proposto dal Consorzio Armaioli Italiani è stato condiviso dagli insegnanti. La caccia è una passione locale. Capisco che per chi non vive da queste parti sia un progetto strano, ma per noi avere a che fare con un fucile è normale. Arma fa rima con tiro al piattello e sport. I nostri ragazzi hanno il bosco fuori dalla porta e il nostro contesto territoriale è diverso da quello della città, senza contare che non si tratta di un progetto pro caccia e che le armi non vengono assolutamente portate a scuola. L’iniziativa è nata per spiegare ai ragazzi perché esistono i cacciatori. Nelle nostre famiglie è una passione, una tradizione”.
E, in risposta alla petizione online, il presidente di Conarmi, Pierangelo Pedersoli, ha dichiarato che “L’obiettivo è far conoscere ai bimbi la realtà. Ovviamente non portiamo in classe le armi. Il cacciatore crea dei giardini in montagna, pulisce sentieri e fossi, tiene in ordine i boschi. È una figura positiva. Cacciamo, è vero, ma facciamo prelievi di fauna controllati e ci occupiamo del contenimento dei cinghiali, la cui espansione è un problema. Vogliamo incontrare i bambini e raccontare loro del lavoro che il cacciatore svolge per il territorio, introducendo anche concetti importanti come quello dell’abbattimento selettivo e dando agli studenti l’opportunità di iniziare a crearsi un’opinione completa e più ragionata sull’argomento. I bimbi ci seguono con curiosità e le mamme ci ringraziano perché valorizziamo la tradizione. E ci hanno già chiamato dalle scuole di Sarezzo, Polaveno, Lodrino (tutti comuni bresciani, n.d.a.)”.
Per quanto riguarda, invece, il libro promosso da Conarmi e presentato nelle scuole – “Il cacciatore in favola”, a cura di Luca Gottardi e Patrizia Filippi ed illustrato da Daniela Casagranda – il sito stesso chiarisce che “si tratta di una raccolta di 11 favole che, oltre a spiegare le origini di alcuni detti, punta a rivalutare la figura del cacciatore, sottolineando il suo amore per la natura, le sue funzioni e la sua passione”.
Di parere contrario la promotrice della petizione, Patrizia Sergio, che sottolinea: “Qualsiasi alone di ‘nobiltà’ possa venire assegnato a questa ‘pratica’ è solo un’iniziativa ipocrita. Perché gli interlocutori sono menti plasmabili e l’inganno è dietro l’angolo: bambini e ragazzi minorenni ai quali si raccontano ‘fiabe’ dove i fucili non fanno male, ma sono elementi culturali e consentono svago e divertimento. Vengono raccontate ‘favole’ che riabilitano il cacciatore in veste di custode della natura. E hanno già chiamato dalle scuole di Sarezzo, Polaveno, Lodrino per ospitare anch’essi queste lezioni così educative. ‘Normale’ appare anche per la Regione Veneto e la Provincia di Treviso che hanno patrocinato un”iniziativa simile titolata: “Giovani a caccia di esperienze”.
Dello stesso avviso è il Wwf Italia, che sostiene la petizione e afferma sul proprio sito: “Fermo restando che la caccia, se esercitata rispettando le regole, è un’attività legale il Wwf ritiene del tutto inopportuno e fuori da qualsiasi canone educativo portare nelle scuole attività che riguardano la caccia che, ricordiamo, vie esercitata con armi da fuoco con l’obiettivo di uccidere animali selvatici e porta con sé inevitabilmente la ’cultura’ dell’uso delle armi”.
Massimo Vitturi, infine, responsabile area Animali Selvatici della Lav, ha dichiarato alla stampa che questo “progetto crea un corto circuito: con la mano sinistra gli spieghiamo l’importanza dell’accoglienza del diverso, con la mano destra gli diciamo di ammazzarlo. Non c’è alcuna differenza tra il bracconaggio e la caccia. Uccidere un animale, nel rispetto della Legge o violandola, non cambia nulla. La caccia oggi non è più necessaria. È grave parlarne a scuola in un contesto in cui prepariamo i ragazzi all’accoglienza spiegando che la ricchezza sta nella diversità. Questo insegnamento va in direzione opposta”.
“È preoccupante – ha sottolineato Vitturi – che questo progetto sia sponsorizzato dall’industria delle armi che cresce e prospera sull’uccisione, non solo degli animali. È un processo di assuefazione dei ragazzi all’uso delle armi. Capisco la preoccupazione degli armieri: il rapporto 2017 dell’Anpam, l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili ha messo in evidenza una flessione del 13% del valore economico dei cacciatori e delle loro armi. È chiaro che cercano nuovi cacciatori in erba per i loro fini economici”.
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