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Oltre un miliardo di sacchetti di plastica monouso continuano a essere utilizzati ogni giorno nel mondo, buona parte dei quali finisce per essere smaltito (si fa per dire) nei mari. Secondo i dati più recenti, negli oceani sono presenti attualmente 8 milioni di tonnellate di plastica, una quantità impressionante che ogni anno cresce sempre di più.
Tra le conseguenze macroscopiche più rilevanti di questo disastro ci sono sicuramente le immense isole di plastica che galleggiano sotto la superficie di tutti gli oceani. Fra queste, il Pacific Trash Vortex, nell’Oceano Pacifico, le cui dimensioni – difficilmente stimabili – sono valutate tra i 700mila e i 10 milioni di km² (ossia tra la grandezza della Penisola Iberica e quella degli USA). Secondo il rapporto The New Plastics Economy – Rethinking the future of plastics, pubblicato dalla Ellen MacArthur Foundation con il World Economic Forum, se non cambiamo abitudini nel 2050 ci sarà più plastica che pesce negli oceani.
Gli effetti di questa sciagurata attività umana, che paradossalmente è anche fra le più comuni e quotidiane, non sono certamente solo estetici. Oceani e mari, infatti, producono più del 50% dell’ossigeno del pianeta, soprattutto grazie a fitoplancton (piccoli organismi acquatici vegetali) e alghe, sono i regolatori dell’atmosfera terrestre e del clima globale e sono fondamentali per la vita dell’uomo: il 60% della popolazione mondiale vive entro 60 km dalle coste e 3 miliardi di persone basano il 15-20% della loro dieta sui prodotti ittici. In un pianeta dai mari malati è pertanto a rischio la presenza stessa dell’uomo sulla Terra, oltre che quella della maggior parte delle altre specie viventi.
In questi anni l’attività di sensibilizzazione delle ONG operanti a livello internazionale per la transizione verso l’economia circolare e per la protezione dell’ambiente si è fatta sempre più fitta, a testimonianza della priorità data dal variegato mondo ecologista al problema. Tra queste iniziative, segnaliamo il progetto Exxpedition, attraverso il quale un gruppo di 24 scienziate donne, in partenza a fine giugno dalle Isole Hawaii, studierà l’isola di plastica del Pacifico per scoprire i danni che ha provocato finora e quelli che potrà portare in futuro alla Terra e alla salute degli esseri umani.
Un’altra iniziativa da citare è quella di Oceanus, l’organizzazione ambientalista che promuove e divulga la ricerca scientifica e l’informazione a favore e salvaguardia degli ecosistemi marini e della salute del Pianeta. Fin dal 2009 Oceanus ha raccolto l’invito dell’Unione Europea ai suoi Stati membri di bandire le buste di plastica e ora, attraverso la campagna internazionale di sensibilizzazione ambientale “No More Plastic Bags”, lavora per sostituire gli inquinanti sacchetti di plastica con borse ecosostenibili. Laddove i soci della ONG sono maggiormente attivi, o dove, più semplicemente, le amministrazioni si mostrano accoglienti, Oceanus organizza una vera e propria distribuzione gratuita di shopper in cotone ai cittadini. Chiunque abbia un’attività commerciale può contattare support@oceanus.it per sostituire i classici shopper in plastica con quelli in tela!
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