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Torino - Una filiera del pane a chilometro zero, che coinvolge cinque aziende agricole del torinese e un mulino, per poi rivendere i prodotti panificati in tre panetterie della città. Questo e altro è il progetto Panacea, ideato dalla Cooperativa Articolo 4 e oggi gestito dalla cooperativa Panacea Social Farm. Recuperando l’antica filosofia di produzione del pane a lievitazione naturale, Panacea è riuscita ad unire il produttore, l’intermediario e la distribuzione dando vita ad un forno che rappresenta un progetto imprenditoriale dove l’unione fa la forza e ognuno vince. Qui potete trovare la storia approfondita della realtà.
L’incontro con l’Economia del Bene Comune
L’incontro di Panacea con l’Economia del Bene Comune è avvenuto in contemporanea con la stesura dello statuto della Cooperativa Articolo 4: “Nella stesura dello statuto ci siamo posti il problema di quello che voleva dire essere una cooperativa sociale – ci racconta Isabella de Vecchi, responsabile del forno Panacea – e abbiamo capito che una cooperativa sociale, oltre che creare lavoro, doveva anche occuparsi di creare progetti che divenissero un bene per la comunità”.
Partendo da questi presupposti, l’incontro con l’Economia del Bene Comune è stato abbastanza naturale, e lo stimolo rappresentato dal Bilancio del Bene Comune è divenuto uno strumento concreto per formalizzare questa ambizione professionale: “Venuti a sapere dell’esistenza del Bilancio dell’Economia del Bene Comune, ci siamo resi conto di aver individuato lo strumento ideale per quantificare quanto fosse concreto il nostro impegno nel cambiare il modo di fare imprenditoria e l’impatto sociale della nostra attività”.
Nella stipula del Bilancio dell’Economia del Bene Comune da parte di Panacea è stato fondamentale l’apporto della vice-presidente della Federazione, Lidia di Vece, commercialista di professione: “Lidia in prima persona si è appassionata al nostro percorso per la realizzazione del Bilancio dell’Economia del Bene Comune”, così Panacea in collaborazione con lei ha stipulato il primo Bilancio dell’Economia del Bene Comune tra il 2014 e il 2015.
I punti principali ricavati dal Bilancio
Gli stimoli provenienti dal Bilancio sono confluiti negli obiettivi del progetto Panacea: “Il primo anno abbiamo puntato molto sulla parte riguardante i lavoratori, i soci e i rapporti che avevano con la cooperativa. Dopodiché, abbiamo affrontato gli altri punti riguardanti la sostenibilità ambientale, i clienti e i fornitori. Il percorso ci ha aiutato molto a scoprire e approfondire quali erano i punti di forza e i punti di debolezza che la cooperativa aveva, che cosa volevamo sviluppare e quali erano i prodotti che alla fine diventavano un bene per la comunità.
Pensiamo ad esempio che i grani antichi abbiamo questo valore, cioè che siano effettivamente un bene della comunità e che come tale vadano tutelati. Questo è uno degli obiettivi che ci poniamo e che vogliamo approfondire. Nel maggio scorso abbiamo avuto un primo incontro con panificatori, mugnai e agricoltori provenienti dal nord e centro Italia per iniziare ad affrontare questa tematica e scoprire esperienze replicabili e possibili collaborazioni. Essere collaborativi è proprio uno degli obiettivi che ci siamo posti per i prossimi anni”.
Perché fare il Bilancio
Isabella ci spiega i motivi per cui consiglierebbe anche ad altre aziende di fare il Bilancio: “Il Bilancio dell’Economia del Bene Comune ti permette di prendere consapevolezza del tuo percorso imprenditoriale, soprattutto in termini di impatto sociale dell’attività d’impresa. Dati questi presupposti, il Bilancio ti obbliga ad essere sincero con te stesso, ti insegna come guardarti dal di fuori per capire dove migliorare. È difficile che questo percorso sia solo un percorso approssimativo perché ti obbliga a porti delle domande e a darti delle risposte autentiche”.
Dati questi presupposti, secondo Isabella è chiaro che nel momento in cui un’impresa decide di intraprendere questo percorso, deve assumersi la responsabilità della scelta: “Noi abbiamo discusso, anche approfonditamente, riguardo determinati principi emersi dalla stipula del Bilancio del Bene Comune. Alla fine di questo percorso, mi sento di dire che per un’azienda ci sono molti vantaggi nell’affrontare questo tipo di percorso e credo anche che sia molto importante avere qualcuno che ti guidi in questo processo: la figura del consulente dell’Economia del Bene Comune è stata per noi fondamentale”.
Nelle prossime puntate del nostro viaggio nella Federazione dell’Economia del Bene Comune in Italia, scopriremo con Lidia di Vece come si diventa consulenti dell’Economia del Bene Comune e alcuni esempi concreti del lavoro di alcuni consulenti e sostenitori in Italia.
Intervista: Daniel Tarozzi
Riprese: Roberto Vietti e Daniel Tarozzi
Montaggio: Paolo Cignini
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