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Tom Boothe è un regista americano che sta avendo un ruolo fondamentale nella diffusione dell’idea di supermercato autogestito. Non solo per aver documentato questo progetto attraverso il film Food Coop, ma anche per aver ricoperto il ruolo di “impollinatore”, portando in Europa un modello che negli Stati Uniti funzionava già dal 1976.
Tom, come sei arrivato a questa Cooperativa?
Io sono americano e vivo a Parigi. Ho degli amici di vecchia data a Brooklyn che sono membri della Park Slope Food Coop e che, durante una visita, me l’hanno fatta scoprire. Nella Coop c’è un ambiente molto energico ma per niente commerciale. Mi son detto che sarebbe stato bello fare un documentario su questo fenomeno, perché di un fenomeno si tratta. Quando si scopre una cooperativa come quella, ci si rende conto fino a che punto siamo abituati a entrare nelle zone commerciali dove siamo letteralmente attaccati dal marketing. Ma lì, il peso del marketing è completamente assente. Io credo che non sia un ambiente differente, solo un ambiente naturale che è svelato dalla Coop, perché sono stati rimossi tutti i lati commerciali e capitalistici. Non siamo più abituati a questo.
Come sei stato accolto dai membri della cooperativa durante le tue riprese?
È andata benissimo, anche se questo è un posto molto difficile da filmare perché tu non puoi parlare con un capo per chiedergli: “Posso filmare?”. Non c’è un capo perché sono in 17000! E dunque le cose si complicano. È stato anche molto difficile perché a loro non interessava essere ripresi. Fa parte della loro assenza di seduzione, marketing… Mi hanno lasciato filmare perché nello stesso tempo io ero in procinto di creare La Louve, una cooperativa basata sullo stesso modello qui a Parigi.
Quindi, tu hai girato questo documentario e sviluppato il progetto de La Louve allo stesso tempo?
Sono arrivato in Francia nel 2002 e ho cominciato le ricerche per il film nel 2008/2009. Quando ho visto la Cooperativa a New York, mi sono detto: questo è uno splendido soggetto per un documentario ma io voglio anche fare le mie compere in un posto come questo in Francia! È stata lunga: bisognava vedere se il progetto La Louve fosse legalmente possibile in Francia ed è complicato produrre un film, non importa che film: trovare dei finanziamenti, un’emittente (è grazie al canale associativo Télé Bocal che il fim esiste), eccetera… ma improvvisamente, il film faceva parte della Louve e la Louve faceva parte del film!
Come viene suddiviso il denaro che genera la Park Slope?
È un’organizzazione molto classica senza scopo di lucro, significa che quando ci sono dei benefici, li reinvestono tutti nel supermercato. Hanno quasi esaurito le possibilità di investimento per come funziona! Hanno acquistato dei frigoriferi più ecologici possibile, è tutto nuovo. Pensano ad abbassare i prezzi dei prodotti e fanno degli investimenti altrove. Per esempio, hanno creato un fondo che presta denaro alle piccole cooperative sul loro modello, ma solo negli Stati Uniti. Una delle critiche sentite sulla Park Slope è che è un posto di bobo (gente un po’ strana, ndt). No, non è vero. Ci sono dei bobo, ma come in qualsiasi città. A Park Slope si possono trovare tutte le classi sociali, tranne quelle in forte precarietà. In tutte le classi sociali si trovano persone interessate alla qualità della loro alimentazione. Negli anni ‘70 non era una preoccupazione del grande pubblico, ma ora lo è, come il biologico per esempio.
Si vedono persone veramente felici nel film: è perché si sentono coinvolti ecologicamente ed economicamente?
Nel film amo molto questa donna che è membro da un bel po’ di tempo, e che dice “adesso che vado a Park Slope, quando vado altrove, ho l’impressione di essere a Disneyland, per quanto sono falsi”. Dopo le crisi economiche del 2008, il forte aumento del numero dei membri è legato, credo, a una nuova generazione, che mi da speranza per gli Stati Uniti (e io non ho mai avuto molta speranza per questo Paese…). Questa generazione è stata molto numerosa nel votare per Bernie Sanders che si definiva socialista. Sono quattro anni che non si può dire “io sono socialista” e avere i voti delle persone. Ma sentire questa donna dire “il capitalismo ci rende malati”, è qualcosa di rinfrescante. Dà speranza, quella che hanno avuto le persone nel dire: “Là possiamo scappare da tutto questo e organizzarci da soli”. Adoro questo. I fondatori di Park Slope non sono contro il mondo: loro criticano il funzionamento dei supermercati allo stato attuale, e tutto quello che chiedono è: “Lasciateci fare e noi faremo meglio di voi”. Ecco quel che fanno.
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