26 Feb 2018

“Così custodiamo i semi naturali della Sicilia”

Scritto da: Giorgio Avanzo

Salvaguardare e distribuire i semi naturali per tutelare la tradizione, la ricca biodiversità, per mantenere la sovranità alimentare e per scegliere come nutrirsi. Nasce a questo scopo in Sicilia l'associazione Sementi Indipendenti che si occupa principalmente della conservazione di varietà vegetali orticole naturali.

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Messina - Ultimamente nell’agricoltura biologica si stanno riscoprendo le varietà vegetali antiche e naturali, evitando di usare alcuni ibridi e varietà soggette a privativa. La moderna agricoltura industriale ha estenuato la ricerca di piante che raccogliessero le caratteristiche più vantaggiose per l’uomo come la resistenza alle malattie, il rendimento alto con frutti belli e grandi. Il criterio con il quale sono state selezionate queste piante è spesso solo la ricerca del profitto economico.

Le mancanze più importanti che hanno queste varietà riguardano soprattutto la diversità genetica che contraddistingue invece le specie naturali e la capacità di riprodursi garantendo la ricombinazione genetica. Diversità in questo senso significa capacità di adattarsi e risorse contro gli imprevisti.

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Una varietà naturale è adatta al territorio in cui è cresciuta ed ha sviluppato moltissime risorse nel suo genoma, alcune di queste nemmeno le conosciamo. Le piante usate dall’agricoltura industriale al contrario sono state selezionate per andare bene “a larga scala”, sono meno adatte ad essere coltivate in maniera naturale e avranno bisogno di: concimi, antiparassitari per essere protette da malattie, lavorazione del terreno e tutte le altre pratiche agricole che rendono l’agricoltore di oggi molto impegnato.

Queste sono le premesse per introdurvi Eva Polare, una ragazza che, assieme al suo compagno Francesco Giangreco, ha fondato Sementi Indipendenti, un’attività che mira alla conservazione e alla riproduzione delle sementi naturali. Attraverso questa intervista Eva ci racconta della sua attività e di come la pensa riguardo al mondo dei semi!

Puoi presentarti e dirci di cosa ti occupi?

Mi chiamo Eva Polare, mi occupo in particolare di conservazione di semi e divulgazione di concetti e pratiche sulla riproduzione delle sementi. Mi occupo anche di progettazione in permacultura e, in generale, di consapevolezza ed evoluzione personale. Ho iniziato a conservare semi semplicemente per passione, è stata per me una forma di collezionismo come fanno in molti credo.

Quando ho incontrato Francesco mi ha consigliato di mettermi “in rete” e cercare di condividere queste mie passioni. Inizialmente ero contraria perché resistente alla tecnologia, poi però mi ha convinta a creare la pagina, gestita da lui, così siamo stati invitati ai primi banchetti ed è nata Sementi Indipendenti!

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Cos’è Sementi Indipendenti? Cosa fa per preservare le varietà vegetali della vostra tradizione territoriale?

Sementi Indipendenti si occupa principalmente della conservazione di varietà vegetali orticole naturali, il mio primo interesse, ossia quelle varietà che sono state portate avanti dai contadini e sono riproducibili. Si allontanano dunque da quelli che sono gli ibridi F1 che al contrario presentano molti problemi di riproducibilità e sono in commercio praticamente ovunque.

Le attività che svolgiamo sono sostanzialmente di quattro tipi:

1)    Raccolta delle sementi attraverso diverse modalità.
2)    Conservazione e catalogazione.
3)    Divulgazione, ossia organizzare eventi nei quali questi semi vengono donati.
4)    Formazione di nuovi riproduttori.

Quando doniamo i semi chiediamo di conservare la varietà riproducendo i semi e di restituirli se possibile, è l’unica cosa che chiediamo in cambio. Ci occupiamo della conservazione di varietà vegetali provenienti da qualsiasi parte del mondo.

L’anno scorso abbiamo iniziato la nostra collaborazione con SemiNativi che invece si occupa della conservazione delle sementi di origine siciliana. SemiNativi è un progetto nato alla fine del 2016 dall’iniziativa di Manuela Trovato e Serena Bonura, le quali hanno vinto un bando regionale permettendo loro di avere dei fondi messi a disposizione dalla regione Sicilia. Dato che io facevo già in parte quello che loro si erano proposte di fare ci siamo unite e SemiNativi è diventata la parte “nativa”, siciliana del nostro progetto.

Tutte le persone coinvolte svolgono queste attività per passione e volontariato, abbiamo qualche entrata solo tramite le donazioni delle persone. Siamo fortemente convinti che i semi non si vendano. Con SemiNativi invece stiamo cercando il modo di sviluppare una piccola economia dalle nostre attività, magari tramite la diffusione delle piantine delle varietà che conserviamo.

Quante varietà conservate?

Con Sementi Indipendenti ce ne arrivano moltissime, diciamo oltre le cento varietà, alcune vanno e vengono e non abbiamo fatto un conto preciso. Per quanto riguarda invece le varietà antiche ne abbiamo 40, di cui siamo molto orgogliose, tutte della tradizione contadina siciliana.

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Che valore hanno le varietà che conservate per il vostro territorio e per i suoi abitanti?

Il valore è inestimabile. Quando parli di un seme antico parli di tutta una tradizione culturale che si porta dietro, è la storia delle persone, è la storia dell’ambiente e di tutto quello che è stato. Una pianta registra di generazione in generazione tutto quello che le accade intorno ed è tutto conservato all’interno di quei semini. Secondo me tutto parte dai semi, qualsiasi tipo di interazione umano-natura.

Le piante naturali o riproducibili sono una grandissima risorsa da tutelare perché ad oggi il mercato è completamente invaso da varietà che invece mettono il monopolio del cibo nelle mani delle grandi aziende e multinazionali.

Quali sono per voi i problemi legati alle varietà che propongono i maggiori produttori di sementi con ibridi e varietà selezionate per andare bene “a larga scala”?

Come ormai in molti aspetti della nostra vita anche il mercato dei semi è legato a logiche di profitto. L’agricoltura proposta dai mercati è una monocoltura a larga scala. Le varietà degli ibridi hanno così tanto successo perché riescono a produrre piante che sono standardizzate, omogenee, con la stessa altezza e la stessa dimensione, e questo facilita la meccanizzazione delle pratiche agricole. I contadini e i produttori locali invece hanno bisogno della diversità in quanto essa nel tempo crea resilienza.

Gli ibridi dunque portano ad avere esigenze colturali molto precise, in termini di concimazione e protezione dai parassiti per esempio. Bisogna ricorrere all’uso di fertilizzanti e antiparassitari e quando non vengono rispettati quei parametri o c’è qualche imprevisto la pianta va in sofferenza. Io queste le chiamo “colture dipendenti”, da qui il nostro nome: Sementi Indipendenti.

Un altro problema con gli ibridi è che sono difficilmente riproducibili da seme. In realtà questa è una cosa un po’ variabile, alcune varietà possono essere ri-selezionate ma è un lavoro molto faticoso. Sono stati creati dei semi che senza umano veramente stentano. Non essendo direttamente riproducibili noi abbiamo affidato il monopolio della nostra alimentazione direttamente alle grandi industrie. In altri parti del mondo questo processo è avvenuto in maniera ancora più marcata rispetto alla Sicilia o all’Italia.

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Qual è la vostra opinione sull’utilizzo di piante OGM (organismi geneticamente modificati) in agricoltura?

Sugli OGM è un discorso simile a quello fatto per gli ibridi. Ovvero si collocano in un modo di vedere l’agricoltura e la natura per scopi consumistici, distanti da una visione ecologica e olistica. Significa che non vedi un problema nel suo contesto più ampio, ma analizzi il problema vedendo solo quel rapporto di causa-effetto concepito dalla mente umana.

Ci tengo ad aggiungere una cosa. Io non mi dico più contraria gli OGM. Non credo sia la cosa più utile da fare. Andando contro continui a generare contrasto dall’altro lato. Ho incominciato a chiedermi: “Cosa posso fare perché la Comunità Europea vieti l’uso degli OGM in Italia?”, “Poco”. “Cosa posso fare per preservare le varietà qui presenti?”, “Molto”. Ho deciso dunque di tutelare quello che c’è e di impegnarmi in questo piuttosto che andar contro.

Conservare le varietà proprie dei territori passa anche dal cambiare modo di fare agricoltura rispetto a quello che si è fatto negli ultimi decenni. Che cambiamenti ci sono da fare nel modo di fare agricoltura, e cosa c’è da recuperare dalle conoscenze dei nostri antenati?

Per quanto mi riguarda la risposta la troviamo nella permacultura. I modelli antichi hanno tantissimi spunti che possiamo utilizzare ma allo stesso tempo andiamo a recuperare dei modelli di agricoltura che sono superati, mi riferisco ad esempio all’aratura dei campi. Ad oggi abbiamo una conoscenza della microbiologia, del suolo e di altri aspetti della natura che ci permette di migliorare alcune pratiche agricole del passato.

Per me la permacultura è stata la risposta perché è un modello di progettazione che mima il modo di operare della natura e lo ripropone in chiave umana, è come integrare quelli che sono i bisogni umani ai ritmi della natura e ai suoi cicli.

fotosementi1Quali sono gli autori da cui trarre spunto per avvicinarsi alla permacultura?

Sicuramente Bill Mollison e David Holmgren, i fondatori di questa scuola, Masanobu Fukuoka con l’agricoltura del “non-fare” e il mio preferito: Sepp Holzer, era un permacoltore quando ancora la permacultura non si chiamava così!

Il gruppo di permacultura mediterranea MEDIPERlab al momento sta traducendo il grande manuale di progettazione di Bill Mollison (Permaculture a designers’ manual) presto dovrebbe essere disponibile. Introduzione alla Permacultura invece si può già trovare nella nostra lingua.

Sul nostro territorio regionale c’è una rete molto attiva che si chiama Permacultura Sicilia. Per me e gli abitanti della mia regione è sicuramente un punto di riferimento.

Potete spiegare il vostro punto di vista rispetto al modo di vivere che uno sceglie per sé, e quindi anche a come consumare le merci o come fare agricoltura, rispetto a quello che ci propongono le “leggi capitalistiche”? Sul vostro sito parlate di consapevolezza…

Io ho fatto un percorso personale di crescita che mi ha portato a conoscere lo yoga prima e la permacultura poi, e a comprendere che ognuno di noi ha un potere: quello di scegliere. Qualcuno diceva che abbiamo la possibilità di votare tre volte ogni giorno: quando mangiamo.

Dove e come ci procuriamo il nostro cibo incide sulla società, possiamo tramite le nostre scelte fornire energia ad un certo modo di fare le cose o ad un altro. Ad esempio se scelgo di fare la spesa in una catena di supermercati multinazionale sto facendo una scelta politica. Se decido di acquistare al mercato del paese, due volte a settimana, ne sto facendo un’altra. Ma questa valutazione è una nostra responsabilità. Questo è il modo di cambiare il mondo concretamente.

Questa consapevolezza da dove parte, guardando all’interno di noi o all’esterno?

Credo che ogni persona ha una sua visione personalissima. Solo io vedo attraverso i miei occhi, solo tu vedi attraverso i tuoi. L’unica cosa che si può fare è comprendere dentro, perché anche quello che c’è all’esterno arriva filtrato attraverso i tuoi sensi. È sempre solo la tua realtà e non possiamo pretendere di vedere una realtà oggettiva. Significa sentire veramente quello che tu provi.

Questi pensieri derivano dalla mia spiritualità filo-orientale e dal percorso che ho fatto con lo yoga, ma per Francesco ad esempio questa visione condivisa è derivata da un percorso di spiritualità occidentale. Ognuno può trovare dentro di sè la sua risposta e una verità e rispettarla.

Se qualcuno volesse replicare la vostra esperienza sul proprio territorio da dove gli consigliereste di iniziare?

 
Per prima cosa esistono già varie reti in Italia per la salvaguardia dei semi come Rete Semi Rurali e Civiltà Contadina. Chi non ha nessuno vicino, come successe a noi in Sicilia, può iniziare a farlo semplicemente raccogliendo semi dove può, dai vicini o dagli anziani contadini del proprio paese per esempio. Il passo successivo è fare una lista dove si annota: nome, provenienza e anno di riproduzione delle varietà. Infine è importante essere visibili! Pubblicate la lista su internet o sulla bacheca del vostro condominio, insomma, dove volete. L’importante è comunicare che lo state facendo.

Consiglio assolutamente di andare alle fiere e agli eventi con dei banchetti. La gente ama i semi e la risposta delle persone è bellissima. È una cosa che può essere fatta solo con passione perché, ad oggi, non c’è possibilità di profitto economico. Ultima informazione: sul sito di Sementi Indipendenti potete trovare una piccola guida libera per la riproduzione delle piante che spiega come non ibridare le sementi e mantenerle sane nel tempo.

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