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La situazione climatica, i drammatici incendi della scorsa estate, l’aumento dei morti per caccia, l’incremento del bracconaggio anche su specie protette, i provvedimenti delle Regioni sempre a vantaggio dei cacciatori e contro la tutela di animali, natura e normative europee e internazionali. La stagione della caccia che si è chiusa ieri è stata caratterizzata da molti fatti negativi e rarissimi segnali positivi per la tutela della fauna selvatica e il rispetto della legalità.
Venticinque morti e 58 feriti è, riferisce il Wwf, il bilancio di fine dicembre della stagione di caccia, in cui l’associazione si è trovata nuovamente a “dover arginare proposte di legge finalizzate a deregolamentare ulteriormente il settore a tutto vantaggio delle potenti lobby dei cacciatori e dei produttori di armi”.
Non è andata meglio sul versante delle Regioni che, rileva l’associazione, ad eccezione dell’Abruzzo, “hanno dato il peggio di sé all’inizio della stagione venatoria: invece di rinviare ad ottobre l’avvio della caccia per dare una tregua e consentire di riprendersi agli animali selvatici stremati dal caldo estremo, dagli estesi incendi e dalla siccità, hanno anticipato la stagione venatoria”. Inoltre, a dicembre 2017 e gennaio, nota ancora il Wwf, vi è stato un fiorire di leggi regionali non conformi alla legge quadro sulla caccia. Le notizie peggiori si sono registrate sul bracconaggio.
Uccisioni di specie protette, detenzione illegali o gravi maltrattamenti ai danni di animali selvatici, molti dei quali durante la stagione di caccia sono alcuni dei casi più eclatanti seguiti dal Wwf nel 2017.
Alla luce di questa situazione, l’associazione chiede che il Paese si allinei agli standard internazionali ed europei in materia di tutela della fauna selvatica e di prelievo venatorio, migliorando la vigilanza e aumentando i controlli, riducendo il periodo di caccia e riformando il sistema sanzionatorio penale.
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