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Quanto vale davvero il cibo? Quali legami possono nascere quando da semplice consumatore si decide di andare oltre, scegliendo di co-produrlo? Quale la portata valoriale nell’affiancare il produttore, programmando insieme a lui che tipo di colture, in quali quantità e con quale contributo economico partecipare al suo rischio d’impresa?
Quanta “politica” concreta in queste scelte? Quanto potere (collettivo) di decidere sulla destinazione delle terre, tra l’abbandono e il degrado e la coltura dei prodotti che, in modo condiviso, scegliamo di portare sulle tavole di molte famiglie, tra cui la nostra? E quale l’incidenza sulle sorti di molti uomini, tra la disperazione e l’avvilimento da una parte e la speranza e la fiducia dall’altra?
Tanti i punti di domanda, ma unica la risposta! Agire insieme per migliorare le vite di tutti!
Alle prese con l’eterno problema della deficienza di alcuni prodotti e alla luce di un accordo concreto siglato con 14 gruppi di consumaTTori francesi e 1 gruppo belga per la co-produzione di avocado (quasi 70mila euro investiti, circa 400mila euro annui di produzione vendibile attesa a regime e 5/8 redditi ricavati che, tradotto, significano 5/8 persone occupate), vorremmo riprendere un ragionamento iniziato esattamente due anni fa, che vi invitiamo a rileggere qua.
Prima di proseguire nella lettura di questo articolo (lungo, ma importante per tentare di spiegare ogni singolo passaggio) è bene ricordare che i numeri in questi due anni sono cresciuti di circa il 40%. E 30 famiglie in più ruotano attorno all’attività del Consorzio.
Dunque, proviamo a spiegare meglio…
A partire da una criticità (il deficit di alcuni prodotti), si è innescato un circolo virtuoso (l’ampliamento della base consortile) che ha generato, al contempo, molteplici benefici per tante persone, ma anche un’ulteriore criticità:
– l’eccedenza di alcune varietà (e, quindi, la necessità di trovare nuovi sbocchi per evitare lo spreco degli stessi e – ovviamente – la salvaguardia dei rispettivi produttori e dei loro collaboratori)
– la deficienza di altri prodotti (e, quindi, l’opportunità di inserire nel circuito nuovi agricoltori che, con il loro ingresso, hanno coperto sì, la precedente carenza, ma, allo stesso tempo, con i loro volumi hanno creato nuova eccedenza di quegli stessi prodotti di cui prima si lamentava l’insufficienza).
Il classico cane che si morde la coda. Tradotto: siamo pieni di tarocchi, clementine e limoni e scarseggia tutto il resto. Il perché è scontato…
Riceviamo richieste da un mercato più amplio, che siamo stati “costretti” ad intercettare, paradossalmente, per garantire la nostra stessa sopravvivenza e quella di altri come noi. In questo processo, necessariamente graduale e ragionato, stiamo potenziando o riconvertendo le nostre colture mediante re-innesti e re-impianti, partendo dalla vocazione ideale dei nostri terreni e delle caratteristiche microclimatiche degli stessi.
Farlo costa tanto, sia per le energie messe in campo (che, comunque sia, significa far girare economia garantendo ulteriore lavoro), sia per la mancanza di produzione fino all’avvio a regime delle nuove colture. Naturalmente, i vincoli economici limitano le azioni che ognuno di noi vorrebbe intraprendere in azienda. Fatichiamo non poco ad attivare piccoli passaggi migliorativi, seppur necessari. Figuriamoci grandi operazioni che richiedono grosse disponibilità economiche che non abbiamo!
Per quanto riguarda gli avogados, è bene precisare che già scarseggiavano due anni fa rispetto alle richieste. Successivamente, un produttore abbastanza forte, non socio (ed è bene che non lo sia diventato), dopo aver usufruito del nostro aiuto nel periodo di affiancamento e conoscenza, ha deciso di farsi il suo piccolo monopolio non ragionando in rete. Nel far questo, ha scelto di non rifornirci più dei suoi avogados, puntando ad inserirsi anche nei nostri circuiti, mentre nel frattempo aumentava la richiesta rivolta al Consorzio.
E ora? Soluzioni immediate per garantire a tutti voi dei buoni avogados, meglio se etici e bio, non ne abbiamo e non intendiamo fare patti con il “diavolo” pur di ottenerli. Rispettosamente, attendiamo che la natura faccia il suo corso e, semmai, che qualche piccolo produttore bio e consapevole si unisca a noi perseguendo il progetto comune. Continueremo dunque, a piantare, ad accudire e ad aspettare. L’abbiamo fatto, lo stiamo facendo e lo faremo.
A questo punto tocca a voi… Potete scegliere di restare semplici consumatori critici cercando e trovando – magari altrove – chi soddisfa la vostra richiesta (a che prezzi e con quali garanzie non si sa), oppure evolvervi in co-produttori che decidono cosa, come, dove coltivare e chi debba farlo per voi, magari utilizzando tecniche condivise.
I 14 gruppi francesi e il gruppo belga, come già detto, hanno optato per questa seconda soluzione che li vede protagonisti. Con un modesto, simbolico investimento (mediamente 10 euro a famiglia), hanno contribuito a costituire un piccolo capitale che, a breve, consentirà la produzione di una quantità considerevole del prodotto da loro finanziato.
Ci siamo più volte chiesti se hanno fatto tutto ciò per garantirsi qualche kg di avogados in più. Pensandoci bene, riteniamo che la risposta non sia questa. In realtà, hanno investito sullo sviluppo di un altro modo di fare agricoltura, di gestire le relazioni tra chi mette le mani nella terra e chi ne mangia i frutti, su un’altra idea di Sicilia e, soprattutto, sul far diventare un po’ più grande la Piccola Rivoluzione Gentile…
Ciò detto, da contratto, i nostri amici coproduttori, attualmente, hanno un diritto di preferenza sugli avogados già disponibili e su quelli che produrremo nelle loro piantagioni. A fronte della scelta di siglare con noi questo patto di fiducia, che permetterà di cambiare la vita ad un’altra decina di persone, ci è sembrato corretto ricambiare accordando questo privilegio.
E allora? Che facciamo? La via è quella, è tracciata, c’è solo da seguirla ed eventualmente via via migliorarla. E questo non vale solo per gli avogados, ma per tutte le altre produzioni deficitarie. Consapevoli però, che la natura ha bisogno dei suoi tempi e che bisogna saper aspettare costruendo assieme. A questa regola, che vale per le banane, i kumquat ect., fanno eccezione solo gli ortaggi.
Per cui quest’anno, alla luce di tutto ciò, i gruppi italiani riceveranno ancor meno avogados, anche se la produzione sembra leggermente superiore. Allo stesso tempo, per una sorta di compensazione solidale, è nostra intenzione chiedere ai francesi/belgi di rinunciare a tutti gli altri prodotti di cui siamo deficitari (salvo nostro esplicito via libera), per lasciare spazio agli amici italiani ed austriaci.
La nostra proposta…
Il tentativo in corso punta alla pianificazione intelligente e condivisa delle produzioni, per avere tutti futuri, reciproci benefici. Pensarsi assieme in fondo, implica gesti concreti, qualche piccola rinuncia e la costruzione di un percorso comune responsabile e visionario.
Decidere cosa mangiare, capire se è importante dare un valore al cibo a prescindere dal suo valore intrinseco e scegliere di diventare parte attiva del processo rappresenta l’alternativa possibile per contemperare le diverse esigenze e per rispondere con i fatti alle strategie globali che altri – molto più potenti di noi – cercano di imporci dall’alto.
Lo strumento, o, meglio, il “patto” che disciplina questo rapporto di scambio e di confronto rappresenta l’anello di congiunzione tra le parti, sempre più connesse e complici. La nostra proposta, cari amici, è quella avviare molteplici processi che vadano nella direzione delle coproduzioni. L’auspicio è che l’effetto sia a catena.
Per stimolare all’azione, abbiamo in programma diverse iniziative. Il primo appuntamento è “Gli Agrumi che spiazzano”, il 2 e il 3 dicembre a Roma, presso la Stazione Tuscolana 82. Qui la Rete romana del mondo dell’Economia solidale, insieme a molte altre, tra cui Italia che Cambia, Slow Food Lazio, Botteghe del Mondo ect, daranno forza al nostro progetto che pone al centro del proprio agire, oltre alla produzione di qualità, l’integrazione, le biodiversità, la tutela dell’ambiente e dei territori, lo sviluppo di processi virtuosi, il coinvolgimento di altri produttori altrimenti costretti all’abbandono e un altro modo di concepirsi sulla Terra.
Siamo fiduciosi della vostra capacità di saper dare ulteriore valore a questo giovane progetto e di affiancarci in questa nuova sfida.
Grazie a tutti per la pazienza e per l’attenzione…
Cristiana, Marina, Roberto
da Il “pizzino” di novembre 2017 de Le Galline Felici
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