Donne e stereotipi: il vaso di Pandora aperto dalla pubblicità
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Per questo Natale vogliamo condividere con voi una breve riflessione. Vi chiediamo solo un attimo di tempo, un momento per soffermarsi su una questione tanto delicata, quanto importante. Un tema, sotto molti aspetti, sottovalutato perché fastidioso, strumentalizzato e scomodo.
Stiamo parlando della lotta per il riconoscimento dei diritti. Non si tratta dell’ennesimo articolo prenatalizio che esorta ad essere tutti e tutte più buoni e buone, bensì una riflessione profonda su un tema che non riguarda solo una nicchia ristretta di persone, ma che interessa gran parte della società.
Ci colleghiamo ad una vicenda recente, che ha fatto particolare scalpore, non perché vogliamo riproporre una cosa ormai superata, ma perché riteniamo che la vicenda dello slogan di Pandora (“Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora, secondo te cosa la renderebbe felice?”) abbia veramente risollevato una questione antica come antico è l’omonimo mito.
Non è più tempo di sminuire, con la scusa dell’ironia, la lotta per i diritti. Non è più il tempo di sottovalutare una questione importante, come le tappe per l’emancipazione femminile, con frasi del tipo: “i problemi sono altri”. Certo, i problemi sono molti, ma non per questo uno esclude l’altro.
Parliamoci chiaramente, la cosa che più ci ha fatto arrabbiare è stato che, nel 2017, a qualche “anacronistico” pubblicitario, o pubblicitaria, sia parso opportuno utilizzare l’idea della donna casalinga con il grembiule e il ferro da stiro. Una donna che aspetta il regalo di Natale per essere felice. Quando parliamo di stereotipi stiamo esattamente parlando di questo. Pensateci un secondo. Se è così ovvio che questo stereotipo di donna è ormai superato, perché ci fanno una pubblicità?
Ancora oggi, esistono donne che non escono di casa senza il marito. Uomini violenti e autoritari convinti che la compagna sia una proprietà. Donne che non vivono il loro corpo e la loro sessualità, come ha dimostrato la pagina Il Signor Distruggere. Ecco, riteniamo che sia finito il tempo di lasciar passare, di farsi una risata, di essere ironiche.
Non possiamo essere ironiche su questi temi perché questi argomenti non sono superati. Continuare a perpetrare lo stereotipo, non tanto della casalinga, quanto della donna felice quando è l’uomo a occuparsi di lei, porta inevitabilmente a consolidare quei meccanismi per i quali i ruoli di genere devono rimanere rigidi, immutabili, naturalmente determinati.
Continuare ad accettare l’utilizzo di una categorizzazione arbitraria e culturale basata non tanto sul genere, quanto sul sesso biologico, vuol dire accettare che chi esce da tale categorizzazione, chi esce dalla scatola dello stereotipo, sia oggetto di derisione, di svalutazione, di discriminazione e di violenza.
Non vogliamo, con questo articolo, accanirci contro lo slogan pubblicitario in questione, già abbiamo reso pubblico quello che pensiamo a riguardo. Il nostro intento, come donne e come attiviste per il rispetto dei diritti, è di esortare alla riflessione. Parliamo a voi, donne, madri, amiche e sorelle, ma parliamo anche a voi uomini, padri, amici e fratelli. Non possiamo più accettare atteggiamenti discriminatori e sessisti camuffati da “ironici scherzetti”. Non possiamo più esimerci dal contrastare, efficacemente, quei messaggi che riteniamo offensivi e fastidiosi. Atteggiamenti e battutine che viviamo quotidianamente, passeggiando per strada, entrando in un bar, nelle università, sul luogo di lavoro.
Non si può più soprassedere a messaggi e atteggiamenti che cavalcano stereotipi apparentemente superati perché, non solo, superati non sono, ma mai come ora sono tacciati di naturalità e di differenza di tipo biologico. La donna stira perché è naturalmente portata a farlo, così come l’uomo è naturalmente fanatico del calcio. Un’assurdità talmente ovvia che se si prova a dire qualcosa si è accusati di mancanza di ironia. Noi a questo diciamo no. Noi siamo ironiche, siete voi che non ci fate ridere.
Non lo accettiamo quando gli stereotipi di genere vengono utilizzati per vendere prodotti o per attirare l’attenzione; non lo accettiamo quando commentate le nostre forme per strada; non lo accettiamo quando non possiamo essere liberamente noi stesse, perché se ridiamo troppo allora siamo “facili” e se ci arrabbiamo allora pensiamo di essere superiori; non lo accettiamo perché esistono ancora persone che credono che una donna stuprata posso avere, in qualche modo, una colpa per la tragedia che ha, solo e soltanto, subito.
Rispetto, attenzione, parità, nessuna discriminazione sono concetti che devono essere accolti e divulgati da tutta l’umanità. A quel punto, non ci sarà più bisogno di lottare per i diritti. Purtroppo, però, quel giorno non è ancora giunto.
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