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“Abbiamo bisogno di allenare competenze positive, il messaggio è che la felicità è una competenza che possiamo imparare e si può costruire. Bastano alcune informazioni e tanto allenamento, e noi cerchiamo di mettere a conoscenza le persone di questa possibilità”.
2bhappy è una società fondata da Daniela di Ciaccio e Veruscka Gennari, due professioniste che per anni hanno lavorato come consulenti per le aziende sul tema dello sviluppo personale ed organizzativo. Dopo una lunga ed appagante esperienza personale, Daniela e Veruscka hanno deciso di voler seguire le proprie tendenze naturali: lavorare sulla felicità.
Sembra il sogno di tutti, anche un po’ puerile? No, perché ci sono arrivate dopo aver lasciato il proprio lavoro, fondato la società e scoperto dopo lunghi e approfonditi studi che la felicità non è solo genetica, fortuna o fatalismo: è una competenza vera e propria, va allenata e stimolata, dobbiamo reinterpretare il nostro cervello come un muscolo da programmare giorno dopo giorno alla felicità. Solo cosi potremmo, se vogliamo, affrontare al meglio l’infelicità e il dolore e creare le condizioni per stare bene e lavorare e vivere meglio.
2bhappy oggi ha quasi tre anni, è in crescita e si propone come acceleratore di un cambiamento culturale che riporti al centro delle organizzazioni (dalle imprese alle scuole, dagli ospedali ai governi) le persone e la cultura della positività, del benessere, della cooperazione, affinché la felicità diventi il principio fondante delle nostre società, il nostro modo naturale di pensare e non la fonte di tutti gli scetticismi. 2bhappy oggi organizza workshop di cultural change per ispirare e aumentare la consapevolezza su questi temi; per le organizzazioni che vogliono percorrere la strada della trasformazione, interviene attraverso un network di professionisti appositamente selezionati e formati allo scopo della realizzazione del principio della felicità prima di tutto per tutti.
La scienza della felicità: l’allenamento alla felicità
Ci spiega Daniela di Ciaccio che “la felicità paga: soprattutto nel senso di efficacia e creatività, risoluzione dei problemi e apprendimento. La scienza ha dimostrato che il cervello in uno stato positivo, produce quelle sostanze come la dopamina o l’endorfine (le stesse prodotte durante l’attività fisica) che attivano tutti i centri dell’apprendimento, ed altre come la serotonina o l’ossitocina che regolano il nostro umore e ci connettono agli altri. Questo significa che in uno stato positivo io ricordo di più, registro meglio le informazioni, imparo più velocemente, ho la possibilità di vedere con maggiore facilità le alternative e tendenzialmente sono più predisposto verso gli altri, a collaborare. Questa è una condizione fisiologica: la felicità intesa come stato emotivo e mentale di benessere produce benessere e migliora la nostra vita.
Come società se noi poniamo la felicità solamente legata al raggiungimento di un obiettivo, la stiamo trasportando sempre oltre alle nostre umane possibilità: se leghiamo la felicità a qualcosa che deve accadere dopo, finiremo per frustrarci continuamente e non viverla mai; questa è la condizione classica nella quale viviamo noi oggi, frutto del “no pain, no gain” anglosassone e alla sua particolare interpretazione nel creare frustrazione continua. Essere nel presente invece ci darebbe l’opportunità di fare meglio le cose, di farle in maniera più intelligente e ciò non significa privarsi di obiettivi, anzi: significa unire lo sforzo del traguardo al goderne di questo, proprio per creare nuovi obiettivi non dettati dal malessere e dall’insoddisfazione”.
Daniela ci spiega inoltre che “l’’altra grande scoperta della scienza è che i geni non sono il nostro destino: le persone ci obiettano spesso che felici si nasce, oppure che la felicità è solamente legata ad avvenimenti esterni. In realtà le cose non stanno propriamente così: analizzando i fattori che determinano la felicità, il dieci per cento è oggettivamente composto dalle circostanze esterne, cosi come un buon cinquanta per cento è composto dalle predisposizioni genetiche di ognuno di noi. È sicuramente tanto, ma c’è un vasto settore inesplorato rimanente e che è quantificabile in un quaranta per cento che dipende dai nostri comportamenti intenzionali.
A livello neurobiologico, se io ogni giorno ripetessi un comportamento orientato all’allenamento del benessere o di certi stati d’animo, grazie al principio della neuroplasticità e della neurogenesi questo mi consente quasi di riscrivere il cablaggio del mio cervello. Anche se io sono nato con una predisposizione geneticamente sfavorevole, in realtà i miei comportamenti contano perché ogni mia esperienza concreta si lega nel mio cervello. Se io faccio continuamente esperienze di un certo tipo, quelle creano una traccia che diventa uno schema di comportamento. Se volessi allenare il benessere, la positività e la felicità devo fare intenzionalmente e ripetutamente esperienze che vanno in quella direzione, plasmando il mio cervello verso una forma orientata a fiorire piuttosto che a deprimersi”.
Come si impara la felicità?
Ok, ma praticamente come funziona insegnare la felicità? “Noi quando incontriamo le persone puntiamo principalmente sulla trasmissione delle informazioni” ci spiega Veruscka Gennari, co-fondatrice di 2bhappy. “La consapevolezza è il primo gradino da superare per avvicinarsi a questi temi, in termini di sapersi osservare e imparare a capire di noi cosa ci piace e cosa meno, in maniera tale da poter investire energie nel cambiarle quando ne abbiamo voglia o ne sentiamo necessità. Informazione e allenamento in 2bhappy sono continuamente miscelate, facciamo degli interventi nei quali forniamo alle persone degli strumenti da mettere in pratica tutti i giorni e, se ce ne fosse la necessità, torniamo ad incontrarle per aggiungere dei tasselli al percorso della felicità, che va disegnato e costruito rompendo gli schemi limitanti precedenti.
La didattica che utilizziamo è sempre coinvolgente e divertente, è soprattutto attiva. Per avere una misura pratica del nostro operato e di quello che vogliamo fare, pensate a quanto cambierebbe l’esperienza del paziente in una struttura ospedaliera se potesse incontrare tutti gli operatori di quel settore (l’infermiere, il medico ecc.) formati all’educazione alla felicità? Come cambierebbe l’esperienza di un bambino in una scuola? Sia chiaro che l’educazione alla felicità non ha niente a che fare con lo scimmiottamento del saluto e del sorriso, ma a che fare con una pratica seria che permette davvero di trasformare l’ambiente, in modo tale da diffondere e generare benessere. Va da sé che il nostro più grande lavoro, lo sforzo principale riguarda proprio lo sconfiggere le barriere mentali che ci sono rispetto al tema della felicità, e spesso sono davvero granitiche!”.
Il ruolo ereditario della negatività: il Pregiudizio Innato
Quando abbiamo fondato Italia che Cambia, uno dei temi sui quali abbiamo tanto riflettuto era il ruolo della negatività nelle nostre vite: è una caratteristica che sembra essere linfa vitale dei media di oggi. Il tema è molto vasto e le ragioni molteplici, ma parlando con Daniela anche su questo tema emerge un aspetto interessante, che ci fa vedere il tutto da una prospettiva sicuramente più ampia, meno legata all’emotività e più connessa con un aspetto della conformazione del cervello umano che ci portiamo dietro quasi come “fattore ereditario”: il cosiddetto Pregiudizio Innato.
“Sulla negatività abbiamo da scontare un aspetto storico che possiamo chiamare Pregiudizio Innato.” ci spiega Daniela di Ciaccio” È una caratteristica che fa parte dell’Evoluzione umana: per seicento milioni di anni siamo stati abituati a lottare contro un ambiente esterno ostile, pieno di insidie davvero letali per la nostra sopravvivenza. Siamo stati costretti per lungo tempo a selezionare dall’ambiente pericoli e minacce, per cercare di sopravvivere, mettendo in campo delle risposte cognitive e fisiche di tipo aggressivo o reattivo, di attacco o di fuga. è solo da duecentomila anni, con la comparsa dell’Homo Sapiens Sapiens, che il nostro cervello ha cominciato a sviluppare delle funzioni diverse: oltre a lottare e a combattere, ha messo in campo le abilità che ci contraddistinguono come esseri umani che sono quelle logico-razionali alte: il decision making, il calcolo dei costi-benefici e delle alternative, ma soprattutto l’empatia e la compassione che sono funzioni del cervello superiore.
Quindi se prima era la tigre che ci aspettava fuori dalla caverna, oggi magari questa figura è stata sostituita ad esempio da quella dell’extra-comunitario che ci “ruba” il lavoro, oppure dalla crisi economica che minaccia la nostra sopravvivenza. Oggi si sta facendo leva, attraverso il sensazionalismo delle notizie e la cronaca nera, sul meccanismo di paura: questo stimola continuamente il nostro allarme genetico della minaccia e ci propende verso l’infelicità. Questo non aiuta, dunque la felicità a maggior ragione oggi è una competenza che deve essere allenata, perché la negatività biologica e culturale è fortissima.
L’intenzionalità e lo sforzo che dobbiamo specificatamente mettere in atto è verso un’altra direzione, capisco per queste ragioni appena dette che possa essere avvertito come insormontabile ma noi con 2bhappy abbiamo capito quanto sia importante far passare il messaggio che la felicità è un percorso conscio, non facile ma possibile e che va coltivato con costanza nel tempo. Questo non significa far finta che va tutto bene e non vedere che molte cose non funzionano: significa dotarsi di risorse che ci consentono di affrontare la negatività senza esserne travolti, mettendo in pratica le capacità superiori di valutare le alternative, chiedere supporto agli altri e trovare delle strategie vincenti che ci caratterizzano come specie, ma che stiamo attuando poco”.
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