6 Nov 2017

Finalmente anche a Torino arrivano le biciclette a flusso libero!

Scritto da: Roberto Vietti

Da alcuni giorni anche Torino ha il suo servizio “free floating”. La start up Gobee.bike, operatore internazionale di bikesharing a flusso libero senza stazioni, inizia la sua esperienza con un centinaio di biciclette nel capoluogo piemontese. Dopo Milano, un'altra grande città ha a disposizione questo utile strumento.

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Torino - Sono verdi, sono un centinaio e dovrebbero aumentare nelle prossime settimane. Hanno invaso letteralmente il nostro capoluogo, muovendosi liberamente tra una via e l’altra. Attenti, potrebbe sbucare proprio ora all’angolo destro della vostra strada. Tranquilli, non stiamo parlando della conquista aliena su Torino ma del nuovo servizio di bike sharing a flusso libero.  Da alcuni giorni è possibile utilizzare le biciclette di colore verde, in modo semplice e funzionale.

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Proprio come accade con il car sharing, è possibile prendere una bici e lasciarla dove meglio si desidera, senza la necessità di rilasciarla in una stazione predefinita. Una novità rispetto alla precedente esperienza torinese chiamata ToBike.

 

A gestire l’attività è Gobee.bike, operatore internazionale di bike sharing a flusso libero senza stazioni. Nelle prossime settimane, fanno sapere i gestori del servizio, verrà incrementato il numero di biciclette a seconda della domanda e dell’accoglienza dell’iniziativa. Torino è la prima città italiana sulla quale la start-up ha voluto puntare. L’obiettivo è quello, tuttavia, di espandersi con il tempo in altre metropoli. Prima di giungere nel bel paese, l’impresa ha effettuato esperimenti ad Hong Kong, in Francia, nelle città di Parigi e Lille, e in Belgio, a Bruxelles. Esperimenti graditi dagli utenti e così si è scelto Torino come città italiana di lancio.

 

Come funziona?
Le bici si possono utilizzare attraverso un’app, liberamente scaricabile dal web. Una volta scaricata sullo smartphone, è necessario registrarsi e da lì si potrà immediatamente sbloccare le biciclette.
Non sono previsti stalli e quindi l’utente, attraverso la app, può individuare nella mappa la bici più comoda per lui e utilizzarla direttamente. Attraverso il QR Code presente in ogni mezzo, si potrà sbloccare la ganascia che blocca la ruota posteriore della bici. Inoltre, le ruote sono piene e prive di camera d’aria, non c’è dunque il rischio di forare. Una volta giunti a destinazione, si può lasciare la bicicletta dove si vuole – in un’area delimitata della città – ovviamente dove consentito dal codice della strada. Ciò consente un’alta flessibilità d’uso, perché non vincola l’utente ad utilizzare le stazioni fisse come gli altri sistemi classici di bike sharing.

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Quanto costa?
Il servizio costa 0,50 euro per mezz’ora, ed è richiesto il pagamento di un deposito cauzionale di 15 euro per assicurare il corretto utilizzo dei mezzi da parte degli utenti.

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Da Torino a Milano…
Anche a Milano, da qualche settimana, è attivo un servizio analogo ed è gestito dalla start-up cinese OFO. Il capoluogo lombardo è stato il primo in Italia ad investire sul cosidetto “free-floating” con un bando aperto lo scorso giugno e vinto da Mobike e, appunto, OFO. A differenza di quelle torinesi, le biciclette milanesi sono di colore giallo e hanno un costo all’ora minore.

 

Dopo un periodo iniziale gratuito, le 4.000 biciclette a disposizione dei milanesi hanno un costo pari a 0,20 euro per la prima mezz’ora, 0,30 euro per la seconda mezz’ora; 0,50 euro per i minuti successivi, fino ad arrivare a una spesa massima di 5 euro nel caso di noleggio per un’intera giornata.

 

Questione di numeri e senso civico
I numeri di utilizzo del servizio nel primo mese di sperimentazione nel capoluogo milanese sono interessanti. Parliamo, nel solo mese di ottobre, di 320.000 tragitti percorsi e 325.000 chilometri effettuati dagli utenti. OFO è stata fondata a Pechino per essere utilizzata nelle università della metropoli cinese. Ora ha una flotta di 10 milioni di biciclette in 180 città del mondo.

 

Come si sa, tuttavia, maggiori libertà comportano maggiori responsabilità. La possibilità di lasciare la bici ovunque porta con sé la possibilità di un uso improprio ed incivile del servizio. Hanno già fatto scalpore le foto delle OFO buttate nel Naviglio oppure di quelle parcheggiate sopra le cabine telefoniche. E’ diventato virale, invece, il racconto fatto dal regista Sergio Basso che, in modo ironico e irriverente, gira la città di Milano in cerca delle biciclette rubate e ritrovate, tramite l’app, all’interno di diversi appartamenti e condomini. La sua rubrica non poteva che chiamarsi “citOFOno”.

 

Tuttavia i risultati sono incoraggianti e, a parte alcuni episodi e utilizzi poco sensati, il servizio sembra essere gradito agli utenti. Quindi, in due grandi città italiane si sta sperimentando con successo un nuovo modo – sostenibile e accessibile – di muoversi in città. Quale sarà la prossima città a subire l’invasione a due ruote?

 

 

 

 

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