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Quando racconta ai suoi amici di Transumanza Tour e del wwoofing, la domanda più comune che gli rivolgono è: “Ma come, questi ragazzi vanno a lavorare gratis?”. Sì, o meglio, no. Ed è stato l’insegnamento più importante che Valerio ha portato a casa dopo il viaggio per le campagne italiane: “Ho capito che il contadino non lo farei mai, ma mi sono innamorato della familiarità, dell’accoglienza e della solidarietà del mondo rurale”.
Valerio Gnesini è il regista di Transumanza Tour, il film che racconta il viaggio di tre giovani musicisti fra le fattorie del circuito wwoofing, dove i viaggiatori scambiano lavoro per vitto e alloggio. Durante questa esperienza ha conosciuto persone che hanno mollato l’impiego e la città per andare a lavorare la Terra, giovani di tutto il mondo che passano le vacanze nei campi, contadini felici di ospitare persone nella loro casa, condividendo il cibo e raccontando storie.
“Viviamo molto lontani dal mondo contadino – racconta Valerio – e non immaginiamo neanche quanto possano essere bravi i wwoofers, i ragazzi che viaggiano lavorando la Terra. Al centro di tutto ci sono lo scambio e le relazioni”.
Ma facciamo un passo indietro. Era il 2012 quando Valerio ha cominciato a immaginare, insieme a Valentina Damiani, l’idea di un viaggio attraverso la campagna italiana. È entrato in contatto con il circuito wwoof e ha conosciuto Vito e le Orchestrine – Vito, Susanna e Arianna –, una band di musicisti con la passione per la ruralità.
“Abbiamo raccolto il denaro necessario per il viaggio attraverso un crowdfunding e siamo partiti. Quasi tutta la troupe ha lavorato senza la certezza di essere pagata, la condivisione e la convinzione in ciò che facevamo erano il fulcro del progetto”. Quella che inizialmente era stata pensata come una serie a puntate è poi diventata un film-documentario: Transumanza Tour.
“Il titolo riprende sia l’idea di campagna e di lavoro contadino, sia il concetto di viaggio, spostamento, migrazione”. Proprio quella del viaggio è un’esperienza che fa parte del bagaglio di vita di Valerio: “Sono molto amico dello scrittore Enrico Brizzi, grande appassionato di trekking, e l’ho accompagnato in molti viaggi a piedi, come la Canterbury-Roma o la Tirreno Adriatico”.
Ma molti dei temi di Transumanza Tour erano già stati trattati da Valerio in un altro documentario, Varvilla: “È la storia di un piccolo paesino dell’appennino emiliano che stava morendo a causa dello spopolamento. Un gruppo di ragazzi è riuscito a farlo rinascere riattivando i centri nevralgici della vita sociale – il bar, il market, un pullman per trasportare gli anziani –, sostenendosi grazie a una cooperativa a cui partecipano gli stessi abitanti del paese”.
Ricorre quindi il tema dei due mondi che si incontrano – campagna e città – senza entrare in conflitto ma contaminandosi positivamente. Lo conferma anche un episodio che Valerio ci racconta, accaduto all’inizio del Transumanza Tour: “La prima sera Vito e le ragazze avevano trovato un ingaggio in un bar di Maratea. L’ambiente era un po’ fighetto e loro sono arrivati sporchi per il viaggio e per il lavoro nei campi, aprendo il concerto con una poesia. Temevamo che il pubblico, forse non abituato a questo genere, non avrebbe apprezzato e se ne sarebbe andato, invece a fine serata erano tutti entusiasti!”.
È proprio questo il messaggio di Transumanza: c’è voglia di semplicità, di sudore e risate, di lavoro manuale, di saper fare e di prodotti genuini, di scambio, condivisione e di chiacchiere fino a tarda notte intorno a una tavola imbandita. Ecco perché il film sta girando per tutte le città italiane, riscuotendo un grande successo e portando una ventata di ruralità fra le mura dei cinema dove viene proiettato!
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