La lezione di Pepe Mujica: il tempo è il bene più prezioso
Seguici su:
Josè Mujica è stato Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 e attualmente è senatore sotto la presidenza di Tabaré Vazquez. Per chi crede in un mondo più equo, più sostenibile e più etico è una figura fondamentale, non tanto per i risultati politici ottenuti, quanto per l’esempio che egli stesso fornisce, improntato su uno stile di vita sobrio, sincero e a contatto con la Natura.
Vive tutt’ora – e ci viveva anche da Presidente, avendo rifiutato la residenza a lui riservata – nella sua fattoria di Rincon del Cerro, dove si stabilì con la moglie Lucia negli ottanta, appena uscito dal carcere. Quando venne liberato, quel posto era abbandonato e in rovina. Con la moglie e qualche amico lo rimise a posto e proprio lì – in una modesta casa di campagna con una sala, la cucina, un bagno e la camera da letto – accolse capi di stato, ministri e alti rappresentanti politici.
«Non sono povero – ha sempre detto – sono austero perché voglio la mia libertà e voglio avere tempo di godermela. Non mi piace la povertà, mi piace la sobrietà e mi piace avere un bagaglio leggero». Ai giornalisti che venivano a trovarlo per parlare di politica, raccontava invece come faceva la conserva: «Ci metto pomodori tagliati e schiacciati, poi ci aggiungo un paio di foglie di alloro, un cucchiaio di sale e li copro. Quando la cottura è finita, li metto in un contenitore di acqua, li faccio bollire e poi li lascio mezz’ora a raffreddare».
Da uomo di campagna, ha un rapporto privilegiato con il mondo naturale. Mentre era in viaggio per questioni istituzionali, chiamava sempre a casa per salutare Manuela, la sua cagnetta con tre zampe, e il primo impegno della sua giornata presidenziale – che iniziava con la sveglia di Claudio, uno dei galli del suo pollaio – era una passeggiata con la sua piccola amica. Dalle sue visite istituzionali all’estero, più che regali di rappresentanza, amava portare a casa semi da piantare in giardino.
Parlando della sua morte, una volta disse: «Non scambierei la mia fattoria per niente al mondo, me ne andrò da qui con le gambe in avanti! Ma se dovessi andarmene, il posto ideale sarebbe la campagna, nel mezzo dell’Uruguay. Sceglierei uno di quei posti in cui guardando in lontananza ti viene da dire “sembra che laggiù ci sia qualcuno”. Adoro la solitudine del campo».
Uno degli aspetti su cui ha sempre insistito di più è quello della qualità del tempo che trascorriamo, che si rivela il bene più prezioso e che spesso è dilapidato in attività inutili e dannose: «Stiamo perdendo la battaglia contro il consumo inutile e la banalizzazione della vita», ha affermato. «Se potessi scegliere qualcosa da lasciare alle nuove generazioni sarebbe questo: la capacità di destinare più tempo alla vita vera».
Quando ha espresso queste considerazioni a Rio si è quasi meravigliato del successo clamoroso che ha avuto il suo discorso, poiché credeva di aver detto delle cose brutte, di aver dipinto un quadro negativo. Evidentemente, aveva colto nel segno. «Si può vivere con sobrietà lasciando che ce ne sia per tutti», dice sfoderando il suo tipico ottimismo utopistico. «Questo non vuol dire tornare all’età delle caverne, ma solo guadagnare in maniera razionale».
Mujica ce l’ha anche con le “teste pensanti” che, a suo modo di vedere, non sono capaci di dare risposte a questo tipo di problemi. Per questo ha sempre cercato, a volte anche combinando dei pasticci politici, di fare dell’Uruguay un “paese esempio”. Fra le riforme più rivoluzionarie possiamo ricordare la depenalizzazione dell’aborto, la legalizzazione del matrimonio fra omosessuali e la regolarizzazione della vendita di marijuana attraverso lo Stato. Nel commentarle, Mujica le definisce “riforme liberali”, ispirate però al liberalismo del suo predecessore di inizio secolo Battle, che introdusse il voto femminile, autorizzò il divorzio e regolamentò la produzione di alcool.
La sua crociata contro l’opulenza rimane uno degli insegnamenti più grandiosi. Rinunciò allo stipendio presidenziale destinandolo quasi tutto ad associazioni e organizzazioni benefiche e lottò per anni contro i privilegi, soprattutto economici, della “casta”. «L’organo più sensibile che esiste è il portafogli», diceva parlando dei suoi colleghi senatori, criticando in particolar modo la “sua” sinistra, troppo capitalista per i suoi gusti.
Refrattario alle cerimonie, non si curava più di tanto neanche della sua sicurezza, che veniva in secondo piano rispetto alla tranquillità domestica. Una sera, mentre leggeva vicino al camino della sua casa, un uomo si introdusse in casa sua e gli mostrò un video in cui comparivano dei paramilitari con atteggiamento minaccioso e poi se ne andò senza dire nulla. Mujica, pur preoccupato, non rese pubblico questo episodio, sia per non creare troppo clamore, sia perché temeva che la sua scorta sarebbe diventata più massiccia e invadente, turbando la quiete rurale della fattoria.
Ma Pepe, anche da Presidente, non ha mai nascosto la sua vera natura e il suo carattere schivo e poco espansivo. Questo lo ha portato molte volte a contravvenire all’etichetta ufficiale, ma ha anche dato risalto ai momenti in cui il suo animo emergeva, come quando si commosse scoprendo che un giardiniere dell’ambasciata uruguaiana in Spagna aveva salvato sul suo cellulare il famoso discorso al vertice di Rio de Janeiro e che lo riascoltava ogni volta che voleva motivarsi e tirarsi su di morale.
Al centro del suo mondo non ci sono la lotta politica o gli impegni istituzionali, ma sua moglie Lucia e la sua fattoria di Rincon del Cerro. In questo rifugio, i due vivono come una normalissima coppia di anziani coniugi, passando del tempo sul divano a leggere e a conversare, svolgendo le faccende domestiche, tagliando la legna e andando a trovare i vicini. Era così anche quando era Presidente.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento