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Respirare aria contenente elevate concentrazioni di polveri sottili, come da tempo succede agli abitanti della pianura Padana, provoca patologie acute e croniche. È quanto afferma la Sezione Isde di Torino, anche in relazione all’articolo comparso il 19/10/2017 su La Stampa dal titolo “Allarme smog a Torino, ma l’esperto frena: ‘Non esageriamo, le sigarette fanno molto peggio’”.
Si legge nel comunicato stampa a cura di Sede nazionale ISDE Italia e Sezione Provinciale ISDE Torino “Il raffronto, tra i danni causati dal vizio del fumo e i rischi conseguenti ad una esposizione forzosa ad aria inquinata, è improprio e fuorviante perché nel primo caso si tratta di una scelta individuale che ricade su chi la compie, nel secondo caso, viceversa, i rischi ricadono sull’insieme della collettività, comprese le sue frangie più suscettibili quali bambini, donne in gravidanza, anziani.
Un simile approccio è, a nostro avviso, molto pericoloso, perché può influenzare negativamente sia le scelte cautelative individuali che, soprattutto, quelle dei decisori politici volte a migliorare la qualità dell’aria, scelte che appaiono sempre più necessarie ed urgenti, visto che – come emerge anche dal rapporto “Ambient air pollution: A global assessment of exposure and burden of disease”, pubblicato nel 2016, la Pianura Padana è una delle zone più inquinate d’Europa.
È ormai ampiamente documentato che a breve termine (qualche giorno) per ogni incremento di 10 mg/m3 di PM10 si hanno eccessi di mortalità per cause respiratorie e per cause cardio-polmonari ed eccessi di ricoveri per cause cardiache e respiratorie. Secondo quanto emerso da recenti studi non sembra trattarsi di un’anticipazione di eventi che sarebbero comunque accaduti, ma di un effetto netto di mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli dell’inquinante fossero stati inferiori.
Ancora più consistenti i rischi per la salute conseguenti all’esposizione a particolato fine dato che, per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM 2.5 –si registra a lungo termine un incremento del rischio di morte del 6% per ogni causa, del 12% per malattie cardiovascolari e del 14% per cancro del polmone.
Nel 2013 l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’inquinamento atmosferico (outdoor air pollution) come cancerogeno per polmone e vescica, ricordando che l’esposizione a polveri sottili (PM 2,5) ha causato nel mondo 3,2 milioni di morti premature nell’anno 2010 (prevalentemente per patologie cardiovascolari) e circa 223.000 morti per tumore del polmone.
Nell’ultimo Report “ Air quality in Europe” 2017 si stima che in 41 paesi europei si siano registrate per soli 3 inquinanti (PM2,5, NO2, O3) nel 2014 ben 520.400 decessi prematuri e che, solo in Italia, essi ammontino ad oltre 90.000.
È inoltre documentato da tutti gli studi svolti a livello nazionale e internazionale che la cattiva qualità dell’aria si associa anche ad aumentato rischio di mortalità infantile, abortività spontanea, nascite pre termine, aumento dei disturbi dello spettro autistico, diabete, Alzheimer, brocopneumopatie e asma, solo per citare le patologie di maggior rilievo.
È parimenti necessario far rilevare come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la European Respiratory Society, raccomandino limiti più restrittivi sia per il PM10 che per il PM2,5, considerando non cautelativi per la salute pubblica quelli attualmente previsti dalla normativa vigente.
Solo una maggior consapevolezza delle conseguenze che un ambiente inquinato ha sulla salute di tutti noi, unita alla ricerca e al riconoscimento delle molteplici fonti emissive, può far sì, tramite la lungimiranza dei decisori politici, che siano messe in atto delle misure strutturali efficaci (con tempi medio-lunghi di attuazione).
Una riduzione dell’inquinamento atmosferico contribuirebbe altresì ad arrestare i cambiamenti climatici in atto che, come è noto, a loro volta aggravano il problema dell’inquinamento e sono ulteriore causa di danni incalcolabili alla salute umana”.
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