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“In agricoltura le donne sono il perno delle aziende a conduzione familiare, che rappresentano il 76% di tutte le aziende agricole europee e hanno il merito di contribuire a mantenere una popolazione attiva e dinamica evitandone lo spopolamento. Sono davvero tantissime in tutta Europa le donne che producono e trasformano gli alimenti della terra e che spesso promuovono attività supplementari che andando oltre la produzione agricola, apportano un importante valore aggiunto alla vita economica e sociale delle aree rurali”. È quanto ha affermato Pina Terenzi, intervenuta in rappresentanza di Agrinsieme, all’iniziativa “La ripresa è donna”, svoltasi il 14 novembre a Roma a Palazzo Montecitorio.
Un evento che, prosegue Terenzi, “ha il grande merito di guardare ancora una volta alle donne come motore della ripresa e della crescita del nostro paese e mira a incentivare il lavoro e l’imprenditoria femminile”. Agrinsieme ha espresso apprezzamento per l’inserimento nella legge di stabilità dell’art. 47 che istituisce i distretti del cibo con lo scopo di “promuovere lo sviluppo territoriale, la coesione e l’inclusione sociale (…) e salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso le attività agricole e agroalimentari”.
In linea con l’importanza che viene attribuita alla valorizzazione del lavoro delle donne nelle aree rurali, Agrinsieme ha richiesto alla presidente della Camera, Laura Boldrini, di inserire una norma specifica che preveda forme di priorità di accesso e di partecipazione ai distretti lì dove siano presenti imprese agricole o cooperative gestite da donne e laddove comunque la presenza femminile sia determinante a configurare produzione agricola e servizi connessi.
“Riteniamo infatti – ha spiegato Terenzi- che tale misura possa costituire un passaggio di grande progresso nel costruire uno spazio rurale sostenibile e una produzione alimentare sana e adeguata alle necessità di una società moderna e con lo sguardo rivolto al futuro”.
Nell’ambito dei distretti del cibo, Agrinsieme auspica possano crescere e svilupparsi nuove forme di imprenditoria femminile in grado di rispondere ai fabbisogni specifici a livello territoriale, anche attraverso la nascita di cooperative in cui siano impiegate donne provenienti da altri paesi, al fine di una maggiore integrazione sociale e culturale.
Secondo i dati Crea, le imprenditrici agricole italiane sono circa 500mila, un dato sicuramente sottostimato dal momento che il Censimento agricolo non rileva le coniugi coadiuvanti (stimate in circa 431mila). Il confronto degli ultimi Censimenti, inoltre, evidenzia che le aziende al femminile hanno tenuto meglio la crisi calando dell’1%, mentre quelle maschili subivano un calo del 9%. Le aziende agricole femminili hanno inoltre sofferto una pari riduzione (37%) nel numero di imprese tra il 2000 e il 2010 mentre hanno progressivamente aumentato il loro peso percentuale dal 26% del ’90 al 31% del 2010.
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