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Un’impronta ecologica insostenibile. È questo il verdetto emesso da 15 mila scienziati uniti nell’organizzazione non governativa americana “Union of Concerned Scientist”, una realtà internazionale ambientalista che si spende per la sostenibilità ambientale. Il loro primo avvertimento era uscito nel 1992, un documento a 1700 firme che già all’epoca metteva in guardia su quanto le attività umane avrebbero prodotto danni irreparabili per il pianeta.
Il nuovo monito degli studiosi è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista scientifica Bioscience, proprio in concomitanza – non a caso – della COP 23 sul clima di Bonn. La tempistica non è casuale perché il monito è chiaro: siamo a un passo dalla catastrofe e continuando con questi ritmi le conseguenze saranno terribili nel giro di poco tempo.
Ma cosa è cambiato rispetto alla situazione fotografata 25 anni fa? Sostanzialmente poco. Certo la deforestazione è calata (passando dallo 0,18% annuo del 1992 allo 0,8% dei giorni correnti), la produzione energetica proveniente da fonti rinnovabili è più significativa rispetto al passato ma, a parte questi aspetti, il quadro generale resta critico. Dai tempi dell’ultimo monito, le emissioni di gas serra sono aumentate del 62% alzando la temperatura globale di una media terrestre del 167%, con ripercussioni gravissime anche sul regno animale: tra mammiferi, anfibi, pesci e uccelli abbiamo perso il 29% delle specie.
Come si pone l’Italia di fronte a questo scenario? Risposta: non bene. Secondo Alberto Basset – tra i firmatari del documento e docente di ecologia all’Università del Salento – per quanto si registrino segnali positivi restano molto critiche alcune debolezze, come l’invasione di specie aliene dannose per l’ecosistema locale, l’abbandono di territori agricoli, il sovra-sfruttamento delle falde acquifere e l’inquinamento diffuso.
Gli autori dello studio ci tengono a sottolinearlo, “chi ha firmato questo secondo appello non sta sollevando un falso allarme. Chi lo ha fatto riconosce i segni evidenti che ci stiamo dirigendo verso un percorso insostenibile. Speriamo che il nostro documento alimenti un ampio dibattito pubblico sull’ambiente e il clima.
Stiamo mettendo a repentaglio il nostro futuro non mettendo un freno al nostro consumo materiale intenso ma geograficamente e demograficamente irregolare e non percependo la rapida e continua crescita della popolazione come un fattore chiave di molte minacce ecologiche e anche sociali ”. Tra i fattori che indirizzano il pianeta verso il collasso, gli scienziati hanno infatti individuato anche l’incessante crescita demografica che in 25 anni ha conosciuto un aumento del 35%, pari a 2 miliardi di persone.
Si intravede nonostante tutto una luce in fondo al tunnel, perché la rapida diminuzione delle sostanze chimiche che portano alla distruzione dell’ozono ha dimostrato che un cambiamento in positivo è concretamente realizzabile.
A chiusura del documento, gli scienziati hanno elaborato 13 raccomandazioni per evitare la catastrofe. Tra queste preservare le foreste, sensibilizzare le persone e promuovere una cultura ambientalista, sostenere un’alimentazione prevalentemente vegetale e accelerare il passaggio alle energie rinnovabili.
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