Leila, la biblioteca degli oggetti
“Vogliamo creare una piccola rivoluzione culturale che investa le abitudini quotidiane dei cittadini, l’idea di consumo, di acquisto e di possesso”. Nasce con questo obiettivo a Bologna Leila, un luogo dove si prendono in prestito oggetti di vario tipo, si intrecciano relazioni e si promuove la cultura della condivisione.

Perché comprare quando si può prendere in prestito? Non parliamo solo di libri ma di tanti oggetti di cui il più delle volte si fa un uso sporadico: giochi da tavolo, decorazioni per feste ma anche attrezzi per la casa, piccoli elettrodomestici per la cucina o equipaggiamenti per lo sport. Per condividere cose anziché acquistarle sono nate le Libraries of things (letteralmente, biblioteche delle cose), diffuse a Londra, Toronto, Utrecht, Berlino e – tornando in Italia – a Bologna. Qui la biblioteca è stata battezzata con il nome di Leila, ed è un luogo di condivisione, intreccio di relazioni e fiducia reciproca. La parola d’ordine è economia circolare, tutto può essere prestato ma l’acquisto è rigorosamente bandito.
Fare parte di questo progetto è molto semplice, basta una piccola quota associativa e la condivisione di uno o più oggetti al momento del tesseramento. Se si porta un solo prodotto si potrà noleggiare un oggetto alla volta, altrimenti due, tre e così via. Il tempo del prestito è di 4 settimane, eventualmente rinnovabili in accordo con i responsabili della biblioteca.
“Vogliamo creare una piccola rivoluzione culturale che investa le abitudini quotidiane dei cittadini, l’idea di consumo, di acquisto e di possesso”, dicono i fondatori. Quante volte le cose che possediamo finiscono per possederci? Leila è un’idea semplice ma capace di affrontare questo paradosso e smorzare il corto circuito che crea.
Quali sono i vantaggi? Prima di tutto economici! Non siamo più obbligati a comprare un oggetto che useremmo poco per poi lasciarlo in uno scaffale a prendere polvere ed è un’ottima soluzione che ci permette di evitare sprechi puntando invece sul riuso. Ci dà poi la possibilità di provare un oggetto e capire se realmente è quello che stiamo cercando. E c’è il vantaggio ambientale, naturalmente, perché condividere prodotti già esistenti e immessi nel loro ciclo di vita aiuta a produrre e inquinare meno.
Infine c’è la cultura della condivisione che “ringrazia”, perché partecipare alla gestione di un bene comune può essere uno strumento capace di investire nuovamente i cittadini del desiderio di partecipazione, spronandoli a incontrarsi e a trovare soluzioni insieme per fare fronte agli ostacoli quotidiani che ogni cittadino, spesso, si trova invece ad affrontare da solo con se stesso.
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