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“L’uomo si realizza se è capace di sedersi a terra a livello dell’altro e parlare con lui finché non gli diventa amico”, in questo proverbio Malawi è racchiusa l’essenza profonda della meravigliosa realtà che vogliamo farvi scoprire. Amici, famiglia, arte, condivisione queste sono solo alcune delle parole chiave che contraddistinguono Arte Migrante.
Siamo a Bologna, città in cui è nato il primo gruppo Arte Migrante. Parlo di primo gruppo perché oggi i gruppi di Arte Migrante sono sparsi un po’ per tutta Italia, da Torino a Modena, da Como a Palermo. Oggi sono 15 le città che hanno un gruppo Arte Migrante, 14 in Italia e 1 oltre confine a Saragozza.
Il modello Migrante è semplicissimo. Non serve molto per attivare un gruppo Arte Migrante. In primis, essenziale è raggruppare un po’ di persone disposte a condividere il proprio talento artistico o disposte a fruire del talento artistico altrui. Risulta anche indispensabile costruire un coordinamento, un nucleo di persone disposte a dar vita a un nuovo gruppo di Arte Migrante. Questo gruppo di coordinamento si confronterà con i componenti storici di Arte Migrante, parteciperà ad incontri di altri gruppi per condividere consigli e suggerimenti.
Secondo passaggio è trovare un luogo dove organizzare gli incontri e gli spettacoli di Arte Migrante. Uno spazio un po’ capiente, in grado di accogliere almeno un centinaio di persone. Non deve essere per forza un teatro o un luogo dedito all’Arte, anzi, l’idea è proprio quella di portare l’arte in tutti i luoghi. A Torino, ad esempio, i primi spettacoli del gruppo Arte Migrante Torino si svolgevano nell’androne di un palazzo.
Il terzo passo fondamentale è riuscire a coinvolgere tutti, quindi anche le persone emarginate, povere, migranti, senza dimora, disabili, persone sole, insomma chiunque si senta escluso o venga trattato da escluso, nel gruppo di Arte Migrante deve sentirsi a casa e accolto. Infine, non resta che organizzare il primo incontro e poi tutti gli altri a cadenza mensile, o settimanale, o bisettimanale.
Per aprire un gruppo di Arte Migrante non c’è bisogno di soldi, c’è solo bisogno di impegno, di entusiasmo e di voglia di cambiare il mondo. Questa bellissima esperienza ebbe inizio 5 anni fa. “Durante una carovana dell’accoglienza a cui avevo partecipato con Padre Alex Zanotelli”, ci spiega Tommaso Carturan, ideatore del modello Arte Migrante, “ci siamo trovati a svolgere un’attività in un carcere.
In quell’occasione abbiamo deciso di cantare, tutti insieme, una canzone scritta da me. Fu un momento molto forte, pieno di empatia, che mi ha mostrato, ancora di più, la forza della musica come strumento per tessere relazioni”.
Tommaso vive a Bologna, ma è originario di Latina. Una risata contagiosa, un entusiasmo propositivo e un gruppo di amici, questi sono i tre ingredienti che amalgamati insieme formarono il primo gruppo operativo per l’organizzazione delle serate di Arte Migrante. “L’intenzione era di coinvolgere soprattutto migranti senza dimora, persone provenienti da altre nazionalità”, ci spiega Tommaso, “volevamo creare queste serate usando come strumento, come veicolo di facilitazione, l’arte, in generale, quindi musica, danza, poesia e tutte le forme d’espressione artistica”. Alle prime serate parteciparono una trentina di persone, poi, piano piano, il modello si è sempre più strutturato nel dettaglio fino alla realizzazione dello schema delle serate esattamente com’è oggi, ovvero: cena, presentazione, performance.
Le cene di Arte Migrante sono tutte gratuite. C’è il gruppo che chiede supporto ai locali, facendosi offrire l’invenduto; c’è il gruppo che usa il modello “ognuno porta qualcosa” e c’è il gruppo che è riuscito ad attivare convenzioni con locali ed enti di volontariato per la preparazione del cibo. Tanto spazio alla fantasia e alla creatività con un’unica regola sacra: NO DROGA e NO ALCOOL. “Non per proibizionismi”, specifica Tommaso, “ma perché vogliamo far passare il messaggio che ad Arte Migrante ci si inebria di altro, di solidarietà, di abbracci, di sorrisi. Vogliamo far passare il messaggio che si può stare insieme, anche senza sostanze”. Un esempio diverso di divertimento. Un divertimento basato sul desiderio di stare insieme e di conoscere veramente l’altro.
Ad oggi agli incontri di Arte Migrante partecipano, in media, 200 persone. “Ogni gruppo riscuote molta partecipazione”, ci conferma Tommaso, “le città partecipano. Ovviamente, ci sono dei terreni dove facciamo più fatica a coinvolgere la cittadinanza però, in generale, ovunque riusciamo a riscuotere molta partecipazione”.
In questa Europa piena di muri e di paure verso l’altro, dove la questione dei migranti è sempre più strumentalizzata, Arte Migrante può essere veramente uno strumento concreto per abbattere quelle distanze, per superare quei pregiudizi che, troppo spesso, impediscono un contatto diretto e concreto con l’altro.
“Arte Migrante è un luogo di Pace, è un luogo di incontro, è un luogo che aiuta ad oltrepassare tutte queste barriere che, purtroppo, si stanno creando nel mondo”, afferma Tommaso con gli occhi pieni di speranza.
Un luogo di cambiamento e di unione, dove la mescolanza culturale e l’incontro interculturale sono visti come valori da salvaguardare e condividere. Un luogo fatto di persone realmente disposte a sedersi vicino all’altro e dialogare, con l’unico linguaggio universale, un linguaggio che arriva ai cuori e che riesce a superare i limiti dei linguaggi dei popoli, quel linguaggio atavico che tutti noi riconosciamo in modo innato dalla nascita, ovvero l’Arte.
Pertanto, non ci resta che cercare di portare Arte Migrante in tutte le città italiane, perché come dice Tommaso, con il suo spiccato accento di Latina: “Ehi ragà fare Arte Migrante è facile ed è straordinario. Vi segnerà la vita. Perché Arte Migrante segna la vita a molte persone. Noi diventiamo famiglia e amici di chi di solito è molto solo. Come appunto gli amici di strada o i migranti che hanno lasciato la loro famiglia lontano”.
Seguiamo il consiglio di Tommaso e di tutti, e tutte, gli altri che stanno continuando a far crescere Arte Migrante. Sediamoci a terra e ascoltiamo l’altro finché non gli diventiamo amico, solo così potremmo essere tutti, veramente, realizzati.
Articolo tratto da Piemonte che Cambia
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