Case del Quartiere: nell’ambivalenza la chiave dell’innovazione
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Torino - Le Case di Quartiere stanno rivoluzionando sempre di più il modo di vivere l’associazionismo e le modalità di fornitura di servizi per i cittadini, così come il modo di vivere e abitare un luogo: raccogliendo e organizzando le attività di un vasto numero di soggetti associativi e gruppi informali, creando momenti di socializzazione e svago, offrendo servizi, corsi, laboratori e attività culturali, mettendo a disposizione spazi.
Sono luoghi aperti e pubblici, laboratori sociali e culturali nei quali si esprimono pensieri e vissuti collettivi, spazi che avviano esperienze e che a Torino sono comparse a partire da sedici anni a questa parte, diffondendosi poi anche in altre aree del Piemonte.
La Rete delle Case del Quartiere è costituita da otto esperienze di Case presenti a Torino e nel maggio 2016 ha promosso il primo convegno nazionale “Abitare una casa per abitare un quartiere”, dove 356 rappresentanti da tutta Italia, di cui 209 appartenenti ad organizzazioni, gruppi formali e informali e 45 rappresentanti di pubbliche amministrazioni si sono incontrate per conoscersi ma anche per mettere in comune dubbi, perplessità e difficoltà che quotidianamente ogni esperienza affronta nel favorire e sviluppare la capacità dei cittadini di auto-organizzarsi per far fronte a problemi locali e dare vita ad un nuovo modo di vivere e abitare le città.
Fra gli ospiti, 46 esperienze italiane e 4 europee hanno avuto modo di incontrarsi, osservarsi reciprocamente e conoscersi.
Il Report pubblicato recentemente è il documento che riassume la lettura e sistematizzazione dei dati raccolti nel corso della due giorni, con l’obiettivo di far avere alle persone una restituzione organica di quanto successo. I lavori si sono svolti con la divisione in otto spazi di confronto per amministratori, cittadini ed operatori.
Ogni tavolo è stato coordinato da un operatore delle Case del Quartiere, un relatore esperto della tematica trattata e alcune esperienze italiane o europee, che si sono raccontate rispetto al tema del gruppo.
Si è discusso degli spazi per promuovere cittadinanza attiva; la sperimentazione politica attraverso le esperienze di comunità; le auto-organizzazioni tra cittadini e i nuovi modi di vivere; il produrre beni comuni tra istituzioni e cittadini; la creatività e i pubblici attivi pubblici attivi; il come inventare risorse e l’organizzazione degli spazi intorno a chi partecipa.
Sono emersi diversi spunti legati al tema dell’ambivalenza tra le risorse immateriali e materiali e il bisogno del bilanciamento tra la ricchezza dei saperi possibili, con la “depressione” che a volte accompagna le esperienze di comunità rispetto ad altre più strutturate istituzionalmente e materialmente, così come l’ambivalenza emersa nello sviluppo locale tra le parole abilitazione e accompagnamento.
Un altro tema fondante per le realtà, emerso con forza, è stato anche quello della sostenibilità e anche qui si è discusso molto dell’ambivalenza legata al pubblico, al privato e al mercato.
Tra co-responsabilità e collaborazione, passando per la progettualità, l’auto-organizzazione, la creatività e il legame tra beni comuni e spazi condivisi (solo per citare alcuni degli innumerevoli temi), c’è la sensazione che questo tipo di realtà possano rappresentare in futuro un modello di innovazione importanti perché capaci di supplire alle carenze delle istituzioni e capaci di rinnovare le modalità di vivere gli spazi e di interfacciarsi ai servizi così come li concepiamo oggi.
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