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Viviamo in un paese dove la partecipazione è diventata una chimera inseguita – spesso fintamente – da politici e amministratori. Si invoca a gran voce il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni, l’interesse alla gestione della cosa pubblica, si creano commissioni e assessorati dedicati alla “partecipazione”, ci si lamenta del disinteresse verso questioni di cruciale importanza.
Tutto questo, al di là della demagogia con cui spesso viene affrontato, è necessario e sacrosanto! Perché è vero che gli italiani sono distaccati e disillusi rispetto alla politica. Nel nostro paese vige la cultura delle delega: mediamente ci si interessa di politica durante le poche settimane di campagna elettorale e poi, messa la croce su un candidato, gli si consegna il mandato di occuparsi di tutto. Salvo poi appassionarsi quando saltano fuori scandalucci di poco conto e sterili polemiche, sempre le solite da decine di anni.
Un paio di settimane fa leggevo i commenti di persone che, commentando il mega-concerto di Vasco Rossi a Modena, sentenziavano: “Gli italiani dovrebbero scendere in piazza quando c’è da parlare di questioni importanti, non per sentire quattro imbecilli che strimpellano su un palco”. Al di là dei gusti musicali di ciascuno, pochi giorni dopo questo evento si è tenuta a Pesaro una grande marcia per dire “NO!” al decreto Lorenzin. e “SÌ” alla libertà di scelta. Circa quarantamila persone hanno sfilato pacificamente (e circa 1 milione e 800 mila hanno seguito la marcia in diretta streaming), unite e decise, per sostenere la loro causa, idealmente unite con eventi analoghi che si sono tenuti contemporaneamente in diverse altre città europee.
In questa sede non voglio entrare nel merito delle rivendicazioni avanzate – lo abbiamo già fatto ampiamente e lo faremo in altre occasioni –, ma solo esprimere il più profondo stupore nel registrare il silenzio tombale che ha accompagnato non solo questo evento ma, in generale, tutto il percorso di lotta civile che sta portando avanti il movimento erroneamente denominato “no-vax”.
Come scriveva Rossana Beccarelli qualche settimana fa, la ministra Lorenzin ha avuto un grande merito: quello di aver risvegliato la coscienza civile di centinaia di migliaia di italiani. Eppure, dopo un’epoca di lamentele da parte della classe politica e dell’opinione pubblica in merito alla presunta apatia dei cittadini, le reazioni a questo risveglio sono state tiepide, grossolane o addirittura ostili. Forse l’attivismo civico fa comodo solo quando si avallano le posizioni della politica?
I media alimentano questo dibattito al solo scopo apparente di seminare zizzania, dividendo in due schieramenti artefatti i milioni di genitori che stanno aspettando con il fiato sospeso di sapere chi deciderà per il futuro dei loro figli – e soprattutto, cosa deciderà. I “no-vax” non esistono. Esistono solo persone che chiedono libertà di scelta e modalità differenti di somministrazione dei vaccini. Basterebbe che i giornalisti che pubblicano sommari articoli soffiando sul fuoco della polemica leggessero i cartelli immortalati nelle foto che scattano per le strade e per le piazze italiane per rendersene conto.
Eppure, tutta l’Italia dovrebbe gioire, poiché ciò che sta succedendo in queste settimane ha pochissimi precedenti in tempi recenti. Migliaia e migliaia di persone, completamente auto-organizzate, senza alcun partito, comitato, sindacato o leader carismatico alle spalle, stanno scendendo in piazza in decine di città per rivendicare le proprie posizioni. Solo per questo, meritano di essere ascoltate da tutti, anche e soprattutto da coloro che non condividono tali posizioni.
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