11 Lug 2017

La meditazione in supporto di detenuti e polizia penitenziaria

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Alleviare il disagio e migliorare il benessere psicologico dei membri della comunità del carcere. Questo l'obiettivo del corso di meditazione per detenuti e agenti di polizia penitenziaria proposto dall'Agente del Cambiamento Marcello Bellomo. La sperimentazione parte oggi in Sicilia.

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Un corso di meditazione rivolto ai detenuti e al personale del carcere al fine di migliorare il benessere psicologico di chi vive una condizione stressante che, come spesso è accaduto, conduce ad atti di violenza e al suicidio. È questa la proposta di Marcello Bellomo, Agente del Cambiamento e agente di polizia penitenziaria presso la Casa di Reclusione di San Cataldo provincia di Caltanissetta.

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Cosa ti ha spinto a proporre questa iniziativa?
La volontà di attivare circoli virtuosi, avendo trovato terreno fertile.

 

Puoi descrivere i benefici che trarranno coloro che parteciperanno?
Se lo vorranno, riusciranno ad acquisire strumenti per essere consapevoli che tutto parte da noi , nessuno escluso.

 

Quali sono le condizioni psico-fisiche dei membri della comunità del carcere, ovvero i detenuti e gli agenti?
Non si può generalizzare , ogni caso è a sé, ma la privazione della libertà (per i detenuti o utenti), lo scollamento dalla vita quotidiana , la vita di routine intramuraria segna parecchio, in modo particolare chi è innocente. I più deboli spesso mettono in atto atti di autolesionismo, fino ad arrivare in casi estremi al suicidio. Per le ”guardie” (poliziotti penitenziari) vivere questa quotidianità particolare – i turni di servizio prolungati alle 8 ore e più, la mancanza cronica di personale, il pendolarismo che tiene lontani dalle famiglie, il frequente disinteresse da parte della politica – fa sì che si accumuli stress negativo con una casistica elevata di suicidi tra i più deboli.

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Da parte della Direzione com’è stata accolta la tua proposta?
Il Direttore, il Comandante ed anche il responsabile degli educatori sono molto attivi in tal senso. Dopo aver in passato proposto varie attività (che per il momento non abbiamo potuto attivare per mancanza di fondi ) , qualche settimana fa mi hanno chiesto cosa potevamo proporre agli utenti per il periodo estivo. Da qui è nata l’idea del corso che tutti hanno accettato positivamente, e mi sono attivato subito.

 

Pensi che ci siano i presupposti affinché questa esperienza si possa replicare anche in altre strutture italiane?
Sì, in effetti so di altri casi isolati del genere, ma sempre lasciati alla buona volontà dei singoli. Servirebbe invece una regia centrale da parte dell’Amministrazione Penitenziaria o seguire l’esempio dell’India che, legiferando in materia, ha inserito la meditazione come strumento di recupero rivolto ai detenuti. Anche per chi lavora negli istituti penitenziari dovrebbero essere previsti centri di ascolto e la possibilità di partecipare a corsi di meditazione.

 

Quando dovrebbe partire il progetto? Che strutture e chi coinvolgerà?
Il progetto parte oggi 11 luglio, inizialmente per due mesi, ma con l’intenzione di farlo continuare qualora susciti interesse da parte degli utenti. La struttura che ospita il corso è la Casa di Reclusione di San Cataldo provincia di Caltanissetta, diretta dalla Dottoressa Francesca Fioria, Comandata dal Commissario Alessio Cannatella. I corsi sono coordinati dall’educatore Sig. Michele Lapis . Il corso è tenuto da Rosolino Di Martino (Saro) presente nel libro di Daniel Tarozzi “Io faccio cosi”, coadiuvato dai coniugi Giuseppina Lo Monaco (Pina) e da Carlo Paternò, e dai dieci utenti che parteciperanno.

 

 

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