25 Mag 2017

Io faccio così #169 – Studenti e detenuti in uno spettacolo di luci e ombre

Scritto da: Paolo Cignini
Intervista di: PAOLO CIGNINI E DANIEL TAROZZI
Riprese di: PAOLO CIGNINI E DANIEL TAROZZI
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Nato da una collaborazione tra l’Università degli studi di Milano Bicocca e l’Istituto Penitenziario di Opera, lo spettacolo teatrale “Giochi di Luci e Ombre” è un progetto che ci fa scoprire la profondità e il beneficio della collaborazione tra mondi solo apparentemente distanti come università e carcere. Per la ricchezza dei dettagli di questa esperienza, il numero di persone coinvolte e per completezza di informazione la storia di questa settimana è raccontata in tre video.

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Milano - La storia che vi raccontiamo questa settimana è apparentemente uno spettacolo teatrale, ma va ben oltre e assume la forma di un vero e proprio progetto caratterizzato dalle parole chiave della comprensione, del confronto e della scoperta interiore. Usando le parole di Margherita Papi, studentessa e attrice nello spettacolo, “Questo spettacolo è un ponte, perché il carcere è qualcosa di lontano nel quotidiano per noi che ne siamo fuori, è una realtà che è quasi un tabù. Questo spettacolo mostra alcune profonde riflessioni intime di alcune persone che sono all’interno, va a minare questa finta sicurezza che abbiamo nel tenere il carcere lontano dalle nostre vite. Abbiamo cercato di avvicinare questi due mondi lontani”.

Come è nato lo spettacolo teatrale?

Facciamo un salto indietro per fare un pò di storia: Il progetto “Giochi di Luci e Ombre” nasce nell’ambito di una convenzione quadro tra l’ufficio regionale dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, chiamato Provveditorato, e l’Università degli studi di Milano Bicocca. Il contenuto della convenzione è l’attività di ricerca, scambio e formazione diretto sia agli operatori di alcuni carceri della Lombardia sia agli studenti dell’Università Milano Bicocca che possono così entrare in carcere per svolgere attività di stage, tirocinio e per elaborare la loro tesi di laurea.

Dal 2013 Alberto Giasanti, professore di Sociologia del diritto all’Università degli studi di Milano Bicocca, svolge nel teatro del carcere di Opera il modulo sulla mediazione dei conflitti, un corso istituzionale della laurea magistrale in “Programmazione e Gestione delle politiche dei servizi sociali” che si tiene istituzionalmente dentro il carcere: “non è solamente un laboratorio, è proprio un corso istituzionale” ci spiega Giasanti, seguito sia da una trentina di studenti della Laurea Magistrale che dalla stessa cifra di detenuti. Insieme formano vari gruppo di lavoro, affrontando prima la mediazione con se stessi e con il proprio doppio o ombra e poi delle esercitazioni su come si può fare mediazione tra persone che confliggono tra di loro.

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Alla fine del primo anno di corso, in virtù dei contenuti di spessore emersi dalle scritture collettive dei vari gruppi del corso, venne pubblicato un libro che raccolse le varie esperienze intitolato “Università@Carcere”. Uno dei capitoli del libro, intitolato appunto “Giochi di Luci e Ombra”, è il frutto del lavoro di uno dei gruppi misti di studentesse e detenuti che seguirono il corso ed è a questo gruppo che venne l’idea di presentare il libro attraverso uno spettacolo teatrale che mettesse in scena parte degli scritti degli studenti di Opera e di Bicocca.

La prima messa in scena dello spettacolo avvenne il 17 novembre 2016, ma a sorpresa per gli stessi protagonisti non sarà l’ultima: “Il progetto dello spettacolo teatrale era finalizzato originariamente alla sola presentazione del libro” ci spiega Marta Giorgi, studentessa e attrice nello spettacolo teatrale “ma i riscontri positivi che abbiamo avuto dallo spettacolo sono stati importantissimi e abbiamo così deciso, di comune accordo con il nostro gruppo di Opera, di proseguire l’esperienza e di mettere in scena di nuovo lo spettacolo teatrale”.

Di cosa parla lo spettacolo?

Il gruppo per realizzare lo spettacolo teatrale aveva pochissimi fondi a disposizione ed è a questo punto che la scarsità diventa virtù: “la nostra idea è stata quella di creare una scena che avesse un impatto emozionale forte” ci racconta Margherita “e abbiamo così comprato un grande telo bianco sul quale giocare con le luci e le ombre, proiettando su questo telo alcune ombre significative, come se fosse l’immagine delle storie che sono raccontate”.

Gli “attori-non attori” di Opera recitano così i loro scritti, con dietro un telo bianco dove sono proiettate delle ombre, gli angoli oscuri della loro e della nostra coscienza, gli aspetti più controversi che spesso non riusciamo ad affrontare e preferiamo oscurare: solo che in questo spettacolo le ombre parlano e ci mettono a nudo e ci rendiamo conto che le divisioni vengono meno e siamo tutti coinvolti con quello che accade sul palco. “Il gioco di luci e ombre sottolinea questo nostro intento” ci spiega Margherita “chi verrà a vedere lo spettacolo si troverà di fronte delle persone con delle storie da raccontare, che non sono necessariamente verità assolute ma piccoli frammenti di verità personale che abbiamo scelto di mettere a disposizione”.

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Non si tratta in assoluto del primo lavoro teatrale fatto in Italia con la partecipazione di persone detenute, ma un aspetto fondamentale di questa esperienza e che ne sottolinea l’importanza è che è stato fatto in totale autonomia: le studentesse di Bicocca e gli studenti di Opera hanno curato collettivamente la regia dello spettacolo e scritto i testi.

Dopo la prima rappresentazione del 17 novembre, lo spettacolo è stato portato in scena altre due volte e ora, il 10 giugno 2017, sarà di nuovo rappresentato all’interno della prima edizione del Migranti Film Festival a Pollenzio (Cuneo).

Per poter comprendere a pieno la ricchezza dell’esperienza, l’intensità e la passione dei protagonisti che si sono messi in gioco e la varietà esperienziale che li caratterizza, vi invitiamo a vedere l’approfondimento video da noi realizzato per questa storia: ne vale la pena e vale più di qualsiasi parola.

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