“Dieci storie proprio così” arriva al Teatro Stabile di Torino
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Torino - TORINO – Arriva al teatro Stabile di Torino, martedì 30 Maggio e mercoledì 31 Maggio , lo spettacolo Dieci storie proprio così, nato da un’idea di Giulia Minoli.
Il suo percorso iniziò nella stagione 2011 al Teatro di San Carlo di Napoli, dove ha coinvolto sette attori, un’orchestra, il coro di voci bianche, il corpo e la scuola di ballo del Teatro di San Carlo. Via via si è arricchito di nuovi interventi musicali e narrativi, grazie alle testimonianze raccolte, elaborate e messe in scena nella città in cui lo spettacolo viene rappresentato. Sono storie raccontate dai parenti delle vittime, dai volontari e da chi senza paura si è attivato per creare alternative al degrado che produce la criminalità organizzata. Sono le storie di un’Italia spesso ai margini della cronaca e lontano dai riflettori ma che per fortuna esiste e continua a lottare.
Dal 2017, in occasione dei 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, è stata presentata una nuova versione drammaturgica con un ulteriore approfondimento su Mafia Capitale e sui legami tra ‘ndrangheta calabrese e Lombardia. Lo spettacolo debutta al Piccolo Teatro di Milano per proseguire al Teatro Argentina di Roma, al Teatro San Ferdinando di Napoli e al Teatro Gobetti di Torino in una rete di collaborazione tra Teatri Nazionali.
Il viaggio iniziò nel 2011 a Napoli. L’intento era quello di capire e raccontare l’Italia, offesa dalla criminalità organizzata, collusa e infiltrata nell’amministrazione pubblica, ambiziosa di potere e di controllo, ben al di là dei suoi confini geografici, un’Italia assediata dalla mala cultura del sopruso a tutti i livelli della vita sociale. Ma viaggiando e parlando, quel che si è scoperto è stato un qualcosa di straordinario: un mondo di resistenza, un mondo in prima linea, gente che non vuole sentirsi sconfitta.
Si è partiti dalla Campania con il racconto di due terribili fatti di camorra. La storia di Alberto Vallefuoco, Rosario Flaminio, Salvatore De Falco, uccisi a Pomigliano d’Arco il 20 luglio 1998, perché scambiati per appartenenti ad un clan rivale a quello dei killer; e con la storia di Silvia Ruotolo, uccisa a Salita Arenella, a Napoli, l’11 giugno 1997, da un proiettile vagante nel mezzo di uno scontro a fuoco tra clan.
Ma della Campania si è voluto raccontare anche le storie di riscatto. E così un ragazzo ha raccontato di come è stato salvato dalla strada grazie all’Associazione Figli in Famiglia, che ha creato un centro di aggregazione minorile in un appartamento confiscato al clan Mazzarella a San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. C’è poi l’Officina delle Culture “Gelsomina Verde” (vittima innocente della criminalità organizzata, uccisa il 21 novembre 2004 a Napoli) gestita dall’associazione Resistenza Anticamorra, che sorge in una ex scuola di Scampia, utilizzata dalla camorra per nascondere armi e come “ricovero abusivo” dei tossicodipendenti. Il centro oggi accoglie laboratori, una scuola di musica, una palestra sociale, una comunità alloggio per minori.
E ci sono le storie di chi sui beni confiscati alla mafia ha creato lavoro e accoglienza. La Cooperativa Agropoli si è formata nel 1999 da un gruppo di giovani di San Cipriano d’Aversa e dai genitori di ragazzi disabili e ha avuto in comodato d’uso una villa confiscata al boss Pasquale Spierto, per accogliere persone affette da disagio psichico. L’attività più significativa della cooperativa è rappresentata dalla Trattoria NCO, Nuova Cucina Organizzata. I ragazzi disabili lavorano nella trattoria che utilizza prodotti provenienti dalle terre confiscate alle mafie. E infine c’è Radio Siani, dedicata alla memoria di Giancarlo Siani, inaugurata il 16 marzo 2009 in un bene confiscato al boss Giovanni Birra ad Ercolano. È una web radio nata dall’esperienza di Radio Onda Pazza del Circolo Arci “Peppino Impastato” di San Giovanni a Teduccio.
Il viaggio è poi proseguito in Sicilia con la storia dei due magistrati morti nelle stragi di Capaci e via D’Amelio: Giovanni Falcone, ucciso il 23 maggio 1992, insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani; e Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992, insieme ai cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Ma della Sicilia viene raccontata la ribellione di ragazzi caparbi che hanno sfidato il pensiero comune e che oggi sono diventati l’emblema di una rivoluzione culturale contro la mafia: Addiopizzo, un movimento che nasce a Palermo ed è formato da tutte le donne e gli uomini, i ragazzi e le ragazze, i commercianti e i consumatori che si riconoscono nella frase “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Tra le tante storie di imprenditori che si sono ribellati al pizzo, viene raccontata quella di Giuseppe Todaro.
Dalla Calabria, invece, giunge la storia di un altro gruppo di giovani caparbi, il Gruppo Cooperativo GOEL che nasce nel 2003 e ha come mission “il cambiamento socio-economico della Locride e della Calabria” riconoscendo nell’impresa sociale il principale strumento di questo cambiamento. GOEL gestisce, oltre alla produzione agroalimentare biologica a marchio GOEL Bio, che aggrega produttori vittime di aggressione mafiosa, il tour operator Turismo Responsabile e il primo marchio di moda etica di fascia alta in Italia, CANGIARI. E poi c’è la storia di Antonio Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi, che vive sotto scorta ormai da anni per aver denunciato i clan locali che volevano dettare legge nel Comune e sulla sua amministrazione.
Ma oggi non esistono più territori circoscritti, non ci sono più le mafie locali, i legami tra ‘ndrangheta calabrese e nord Italia sono una realtà. Così ci si è mossi verso l’Università degli Studi di Milano per parlare con Nando dalla Chiesa, professore di sociologia della criminalità organizzata. L’obiettivo era conoscere ricercatori e giovani giornalisti che indagano, lavorano sulle mafie al Nord. Ester Castano nel 2012, con un’inchiesta giornalistica, ha svelato alcuni fatti gravi nel comune di Sedriano, anticipando di sei mesi la Procura di Milano che eseguì diversi arresti per corruzione e collusione mafiosa. E tra le storie dell’hinterland lombardo viene rappresentata anche quella di Maria Ferrucci, che ha raccontato quanto il territorio fosse contaminato dalla presenza della ‘ndrangheta e della difficoltà di recuperare strumenti e politiche per capire e contrastare in modo capillare questo fenomeno. Tra tanti, un caso eclatante, quello di Lea Garofalo, testimone di giustizia, uccisa dalla ‘ndrangheta il 24 novembre 2009, è divenuto l’emblema di un mondo sommerso che è esploso in tutta la sua crudeltà.
E poi c’è Roma. Roma è grande, raccoglie tutto, mafia, ‘ndrangheta, camorra, ma è preda di un fenomeno tutto autoctono che oggi conosciamo col nome di Mafia Capitale e che ancora non è possibile definire nella sua complessità. Anche a Roma il lavoro nei beni confiscati ai clan vede un esempio di imprenditoria virtuosa nella storia del Grand Hotel Gianicolo, albergo di lusso di Roma, sequestrato alla ‘ndrangheta e oggi affidato ad amministratori giudiziari nominati dalla Procura. Parallelamente alle dinamiche di Roma ci addentriamo a Ostia, un municipio sciolto per mafia, un luogo di mare dove il litorale è preda di dinamiche che sono tutti i giorni all’attenzione di magistrati e stampa, come i fatti accaduti alla Spiaggia Libera – SPQR.
Lo spettacolo è stato scritto da Giulia Minoli ed Emanuela Giordano, che ne cura anche la regia.
Con queste premesse non resta che attendervi al Teatro Stabile di Torino il 30 e 31 Maggio, per osservare e lasciare fluire da vicino le vicende di 10 storie proprio così.
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