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Si conclude il NESI Forum. Se c’è una cosa che salta sicuramente all’occhio è che in tre giorni di forum centrato sulla nuova economia non si è praticamente parlato di denaro, finanza, investimenti, inflazione, debito pubblico. Nulla di tutto questo. Il motivo? La risposta arriva nientemeno che da due banchieri.
Come ci spiega James Vaccaro, direttore della divisione Corporate Strategy di Triodos Bank, il problema è molto più profondo. Nell’ultimo decennio la finanza è stata occupata a risolvere solo i suoi di problemi. La tecnologia ha preso campo come strumento chiave per costruire quel ponte in grado di farci passare da un sistema capitalistico basato sulla competizione a uno collaborativo, interdipendente. Eppure le problematiche rimangono le stesse.
Viviamo in un momento di grandi tensioni. La tecnologia è solamente uno strumento e come tale può si aiutarci a velocizzare questo processo di cambio ma non è in grado da sola di risolvere il problema. Non cambierà mai nulla veramente nell’economia finché non cambiamo la maniera di relazionarci sia con il denaro sia con gli altri essere umani. É necessario un cambiamento comportamentale in ciascuno di noi, è necessario cambiare l’educazione.
Sulla stessa linea Joan Antoni Melé, banchiere da oltre 30 anni e membro dell’advisory board di Triodos Bank: continuiamo a sfornare sempre più matematici ed economisti, gli insegniamo matematica, economia ed educazione finanziaria, continuando a ripetere lo stesso mantra “Massimo beneficio al minimo costo” e ovviamente continuiamo ad avere gli stessi risultati. Quello di cui il mondo ha veramente bisogno è etica e valori umani.
Siamo pieni di persone intelligenti, ma cosa hanno fatto fino a oggi queste persone intelligenti per cambiare il mondo? Bontà, autenticità, trasparenza, coerenza e voglia di fare: sono queste le qualità di cui dobbiamo riappropriarci come essere umani. Dedichiamo un’ora al giorno al silenzio, alla meditazione, a conoscere noi stessi, a chi siamo e a che cosa vogliamo diventare, a come possiamo contribuire al cambio. Facciamo in modo che la persona con la quale gli altri interagiscono sia quello che veramente siamo e non un personaggio costruito ad arte per vivere bene integrati in questo sistema. Smettiamola di rappresentare un ruolo e cominciamo ad attuare col cuore.
“Troppe persone che pretendono e poche che fanno. Basta parlare è l’ora di fare. Dobbiamo urgentemente velocizzare l’implementazione del processo di cambio se vogliamo sopravvivere”. Si presenta cosi Gunter Pauli, fondatore dell’economia blu, anche chiamato lo Steve Jobs della sostenibilità per la sua capacità imprenditoriale in ambito sostenibile, che continua: “È necessario eliminare gli MBA dalla faccia della terra. Sono loro che ci bloccano con tutto in nome di una diminuzione del rischio. Ma rischio per chi? Dobbiamo dire basta a ore ed ore perse nel compilare piani di negozio utili solo a diminuire il rischio agli investitori. Basta con commissioni che ci dicono cosa e come implementare. Dobbiamo convincerci che per creare qualcosa di nuovo non necessitiamo né di esperienza né di denaro. L’economia blu è un sistema di business sostenibile e profittevole dal giorno uno. Abbiamo creato 5000 imprese nel mondo che producono funghi dal residuo di caffè e 250 produttori di detergente naturale prodotti dalla scorza delle arance. Non abbiate paura di perdere il controllo, di fracassare. Sperimentate. É arrivato il momento di responsabilizzarsi e di mettersi all’opera”.
Ed è proprio quello che oltre 600 persone da più di 40 paesi, persone dalla cultura e origini maledettamente diverse, con idee di futuro diverse, con modi diversi di stare al mondo, con posizioni sociali totalmente diverse, hanno cercato di fare dandosi appuntamento al NESI Forum. Dal ministro della produttività Argentino, alla first lady dell’ex governatore dell’Oregon. Dai piccoli imprenditori ed innovatori sociali ai banchieri. Dallo studente voglioso di dare il suo contributo ai grandi esperti di nuova economia. Tutti riuniti con un unico grande sogno quello di cambiare l’economia, da competitiva, centrata nel profitto e a favore di pochi (basta considerare che l’1% della popolazione possiede più del 50% della ricchezza mondiale) a una collaborativa, centrata nel bene comune, equa.
Tavoli di lavoro dove si discuteva di tematiche che spaziavano dalla sovranità alimentare fino alla bioarchitettura. Dall’autoproduzione energetica alle produzioni locali. Da quali indicatori utilizzare per calcolare il benessere di uno stato seguendo l’esempio del Bhutan e del suo indice di felicità GNH (Global National Happiness) a come rimodellare la finanza per il bene comune. Dalla creazione della moneta e sovranità monetaria a come costruire le banche sui valori della persona prima del profitto. Uno spazio dedicato agli incontri, dove tutti avevano la possibilità di mettersi in gioco, partecipare in maniera attiva e dal quale più di 100 azioni concrete su come implementare queste tematiche sono nate.
Tante le realtà presenti al NESI dicevamo: Transition Network, Economia circolare, economia del bene comune, economia blu, sistema B. Tanti modelli, ma quale adottare, quale scegliere tra i tanti proposti? Qual è il migliore? Ma soprattutto, esiste veramente un migliore? A queste domande ci risponde Gunter Pauli: “Un unico modello di nuova economia non avrebbe senso, per quanto possa essere migliore di quello attuale, un modello unico rimarrebbe limitato, perché impossibilitato a rispondere alle varie esigenze locali. Dobbiamo lavorare con l’ecosistema, osservandolo ed adattandoci ad esso, in modo da capire e implementare la migliore metodologia per quell’ecosistema specifico”.
Ogni ecosistema ha le sue peculiarità e una sua soluzione specifica, non adattabile a un altro ecosistema. Il futuro dell’economia è un modello ibrido, dobbiamo imparare a far coesistere soluzioni diverse. Si unisce a questo pensiero Brett Scott, esperto in innovazione finanziaria ed autore del libro The Heretic’s Guide to Global Finance: Hacking the Future of Money. Brett introduce alcune soluzioni, tecnologiche e non, nate recentemente in ambito economico: dal Fintech che ha l’obiettivo di cambiare la maniera in cui interagiamo con le istituzioni bancarie alla Cryptocurrency che si pone invece l’obiettivo di cambiare le dinamiche di potere di chi controlla le istituzioni bancarie. Dal mutuo credito con l’obiettivo di cambiare chi emette il credito, alle banche alternative con lo scopo di alterare il dominio dell’attuale sistema di denaro. Nuove soluzioni, ma comunque limitate, dato che ognuna cerca di risolvere una specifica problematica senza però prendere in considerazione l’intero sistema economico nel suo complesso. Brett sottolinea l’importanza di implementare soluzioni ibride che prendano in considerazione un insieme di queste problematiche, offrendoci l’esempio di Colu, progetto di moneta digitale per lo sviluppo dell’economia locale.
A fargli eco c’è anche Christian Felber, fondatore del movimento internazionale dell’economia del bene comune, che ci spiega come sia il libero commercio che il protezionismo siano entrambi estremismi e che sulla base delle circostanze uno può essere miglior dell’altro. Christian ci propone cosi un nuovo modello ibrido, denominato commercio libero etico, basato su sei principi che vanno dal limitare il potere e le dimensioni delle grandi corporazioni, alla non reciprocità di commercio tra paesi maggiormente sviluppati in ambito industriale e tecnologico e paesi sottosviluppati e quindi impossibilitati a “combattere” ad armi pari. Un modello che se applicato come standard globale per il commercio porterebbe ad una diversificazione maggiore del potere e ad una decrescita sostanziale della corruzione. Clicca qui per un articolo completo sul Commercio Libero Etico (in inglese).
Christian Felber ci ricorda anche di come il commercio, come la moneta, fisica o digitale che sia, non dovrebbero essere altro che una forma di scambio con lo scopo di massimizzare il benessere dell’essere umano e del pianeta. Un sistema che si pone come unico obiettivo quello di massimizzare il profitto è già in partenza un sistema malato. Dobbiamo ridare il giusto significato alle cose, rimetterle al proprio posto. E forse dobbiamo anche ripensare al significato di successo: il NESI si poneva l’obiettivo di trovare una visione comune, di integrare le tanti soluzioni presenti oggi, di come incorporarle. Certo, un vero e proprio prossimo passo non lo si è trovato. Forse di queste 100 azioni solo un 1% sarà effettivamente realizzato.
Una visione comune ancora manca. Ma poco importa. Nuove amicizie, nuove sinergie, nuove collaborazioni sono nate all’interno del NESI. Nuovi semi sono stati piantati. Ed è questo più di qualsiasi altra cosa quello di cui abbiamo bisogno: creare rete. Non sappiamo ancora dove questo ci porterà ma di certo la strada è quella giusta. Forse quello che ancora oggi sembra solo un sogno presto diventerà un obiettivo raggiungibile. Come scrive Antonio Machado, poeta e scrittore Spagnolo: “Caminante no hay camino, se hace camino al andar”.
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