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Bologna - È nata una nuova bellissima esperienza educativa, fondata sulla libertà di apprendere, sul contatto con l’ambiente naturale e sull’aumento della consapevolezza dei bambini! A settembre aprirà i battenti l’Asilo nel Bosco di Bologna, un progetto fortemente voluto da Giulia, Susanna e Giulia, tre educatrici che credono fortemente nell’Outdoor Education e sognano di poter creare, per e insieme alla comunità educante del territorio, un servizio dove i bimbi possano sperimentarsi in natura.
Cosa vi ha portato ad abbandonare le esperienze educative che avete seguito sinora e ad aprire un Asilo nel Bosco?
Il credere fortemente in alcuni principi educativi che sono alla base del nostro progetto. Era meraviglioso calpestare le foglie secche e ascoltarne lo scricchiolio, distendersi sotto un albero le cui fronde ondeggiavano per il vento e intravedere tra i rami i fasci di luce, o ancora fantasticare su nuvole che prendevano la forma di animali e quant’altro. Lavorando nei servizi tradizionali spesso vediamo quasi unicamente giochi di plastica, che non offrono diversi stimoli sensoriali, come invece possono per esempio dare legno e foglie a tatto, odore e udito.
Gli alberi e l’outdoor però non sono sufficienti, non possono fare tutto da soli: crediamo in un’educazione emozionale e non autoritaria che, precisiamo, non è certo sinonimo di anarchia. Il bambino competente decide insieme ai compagni, e con la mediazione dell’educatore, se per esempio iniziare la giornata con la cura dell’orto o con una passeggiata nella nostra aula a cielo aperto, il lungo Savena. Inoltre nei servizi tradizionali per questa fascia d’età il rapporto numerico maestro-bambini è 1:25 e ahimè spesso, con un numero così elevato, si finisce per svolgere una funzione da meri “sorveglianti” perdendo qualità e autenticità nella relazione col bambino.
La gestazione è stata lunga: quali sono state le difficoltà e cosa vi ha dato la forza per affrontarle?
La difficoltà principale è stata trovare uno spazio fisico che fosse vicino a una zona verde un po’ “selvaggia”, che rispondesse alle nostre proposte di esplorazione ed educazione ambientale. Allo stesso tempo cercavamo uno spazio facilmente raggiungibile dai bimbi e dalle loro famiglie quotidianamente. Riteniamo infatti che soprattutto i bimbi di città abbiano bisogno di riappropriarsi di questa dimensione naturale e il nostro valore aggiunto è proprio questo connubio tra urbano e naturale. Inoltre, non esiste attualmente in Italia una legge che normi queste nuove esperienze di asili nel bosco per cui, confrontandoci con altre realtà già esistenti, ci siamo mosse anche sul piano, non semplice, burocratico-istituzionale. La forza del gruppo è stata fondamentale per andare avanti, sia tra noi tre socie fondatrici, sia trovando confronto e sostegno da parte della rete di belle persone conosciute durante le nostre formazioni e in contesti di realtà simili alla nostra. Si dice che “il peggior tradimento che si possa fare a sé stessi sia non fare ciò per cui brillano gli occhi”, e noi questo sbrilluccichio per l’asilo nel bosco ce l’abbiamo.
Potete spiegarci brevemente i principi educativi a cui vi ispirate?
Prendiamo spunto da diversi pensieri pedagogici, non ci piace etichettarci con un’unica corrente di pensiero e sposarla in toto, ma personalizzare il nostro progetto ispirandoci contemporaneamente a diversi principi. L’ispirazione montessoriana ci interessa come pedagogia del fare, “la mano come organo dell’intelligenza” e “l’aiutami a fare da solo”, per l’autonomia e l’autostima del bambino. Ciò si collega alla grande importanza che diamo all’educazione esperienziale, sperimentando in primis per esempio alcuni ragionamenti logico-matematici attraverso la disposizione della semina di colture nel nostro futuro orticello. Altrettanto importante è per noi l’educazione emozionale, ovvero aiutare i bambini a imparare a riconoscere come si sentono, a dare un nome a ciò che sentono e a sviluppare empatia e legami cooperativi. Come dicono gli amici dell’asilo nel bosco di Ostia “si può vivere senza conoscere i logaritmi ma non senza le emozioni”.
Per noi è molto importante la capacità di scelta, cioè che il bambino impari fin da piccolo a prendere delle decisioni e che il suo apprendimento sia motivato dall’interesse e dal “tarlo della curiosità”. Ultimo concetto, ma non meno importante, è quello di comunità educante che vorremmo costruire con le famiglie e con il quartiere. Auspichiamo che le famiglie co-costruiscano con noi educatori il progetto educativo, che possano trascorrere con noi delle mattinate o dei pomeriggi anche in appositi spazi dedicati come laboratori o qualche sabato nel bosco e che si crei una sinergia virtuosa. Per questo stesso motivo siamo orgogliose di essere ospitate a Instabile dove, tra le varie attività, un pomeriggio a settimana ci sarà il mercato biologico di Campi Aperti e dove diverse realtà cooperative convivono collaborando insieme per un obiettivo comune.
Cosa direte ai genitori che incontrerete e che, magari, esprimeranno i “soliti” dubbi (prendono freddo, rischiano di farsi male, è scomodo ecc.)?
Partiamo dal presupposto che i genitori che sceglieranno un’esperienza di questo tipo per il proprio bimbo condividano i principi di base di quest’approccio educativo. In merito al prendere freddo è sufficiente vestirsi adeguatamente, con maglie termiche e pile e tute antipioggia e stivaletti in caso di pioggia. Ci teniamo a sottolineare che decideremo sempre insieme ai bimbi quanto tempo stare fuori e non per forza si dovrà trascorrere del tempo sotto la pioggia se in quel momento non viene deciso dall’assemblea dei bambini.
Inoltre studi medico-scientifici dimostrano che i virus si sviluppano maggiormente in ambienti chiusi, caldi e poco areati, per cui il fatto che i bambini rischino di ammalarsi di più all’aria aperta è una falsa credenza. In merito al rischio di farsi male la maggior parte degli incidenti avvengono statisticamente a livello domestico e bisogna differenziare tra pericolo reale e rischio. Con quest’ultimo termine per esempio intendiamo lo sbucciarsi un ginocchio, che può capitare, ed è bene che il bambino impari a valutare, attraverso la propria esperienza, un eventuale pericolo, capendo se può correre o meno un determinato rischio.
In futuro vedete queste esperienze educative integrate anche nella scuola pubblica e alla portata di tutti? Cosa bisogna fare perché questa visione si avveri?
Sarebbe bellissimo che questo tipo di esperienze fossero la normalità e quotidianità in tutti i servizi e per tutti i bimbi. Il cambiamento viene dal basso e da una diffusa idea di infanzia competente, che può scegliere e non solo subire passivamente delle proposte didattiche da parte dell’adulto. Purtroppo a volte ci si nasconde dietro norme molto restrittive, ma il cambiamento dipende solo da noi. Ci sono già esempi di scuole pubbliche che stanno ottenendo grandi risultati e grande consenso, come la realtà dell’istituto comprensivo di Teodoro Gaza in Cilento.
Se volete saperne di più, vi consigliamo di partecipare all’open day che si terrà sabato 27 maggio nel pomeriggio presso Instabile, via Pieve di Cadore 3 (quartiere Savena) e che comprenderà una passeggiata nell’aula a cielo aperto sul Lungo-Savena, una visita agli spazi interni e un aperitivo! Per orari e il programma dettagliato potete consultare la pagina Facebook o il blog del progetto.
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